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Il lavabo verde
" Mamma, Paola è sparita", disse Clara tranquilla, mentre la parrucchiera le correva dietro, con il fiatone e la spazzola tra le mani.
"Sparita?" chiese la mamma, corrugando la fronte con fare autoritario.
"Ma sì," la ragazza scosse la testa bruna violentemente, con disappunto della parrucchiera "sarà nascosta da qualche parte a lasciarsi prendere dal panico pre-matrimoniale... Dovresti trovarla e calmarla!"
La mamma annuì con il capo e si mise a girare per la casa vuota, cercando Paola. Andò in bagno, in garage e controllò lo sgabuzzino delle scope, ma della sua primogenita non v'era traccia.
Di lì a qualche minuto sarebbero arrivate la madre e la sorella dello sposo, assieme a tutte le altre donne di entrambe le famiglie, come da tradizione.
E la sposa? Si era nascosta.
Bhè non si poteva biasimarla: con tutto il circo che stava per arrivare anche lei si sarebbe voluta nascondere.
Dopo qualche minuto di blanda ricerca, la mamma decise di godersi quegli ultimi istanti di pace, rifugiandosi in camera della sposa.
Entrò lentamente e si fermò al centro della stanza tirando una boccata d'aria fresca: aveva proprio bisogno di ossigeno!
La grande finestra davanti a lei era spalancata e una leggera brezza primaverile entrava furtiva, annunciata solo dal dondolio delle tende rosa.
La mamma sorrise: era tipico di Paola farsi prendere dall'ansia e spalancare le finestre; quella ragazza non reggeva la pressione e quello era il giorno più importante della sua vita
Si avvicinò al lavabo antico sull'angolo, quello che Paola usava come portagioie: era brutto, di un azzurro slavato, tendente al verde. Il tavolinetto centrale era di un materiale che ricordava il marmo, ma la mamma dubitava vivamente che lo fosse. Dal tavolinetto centrale si diramavano due braccia arrugginite, che supportavano due piatti d'ottone, spessi e malandati proprio come la brocca sotto di esso. L'unica parte in buono stato di quel lavabo antico era lo specchio, l'unica parte che per lei era accettabile. Quel colore orrendo e arrugginito stonava con il resto del mobilio color panna e rosa antico, ma Paola l'aveva voluto con un tale cipiglio che era stato impossibile negarle di comprarlo.
Eh, con quale velocità scorre il tempo! Le sembrava ieri che la sua Paola aveva dodici anni e piangeva al mercatino delle pulci per comprare quel lavabo!
E ora? Si sposava! E chi lo avrebbe mai detto a quell'epoca che su quell'orrore inutile ci sarebbe stato appeso l'abito da sposa dei suoi sogni? La mamma sfiorò la seta del corpetto color diamante, emozionata per la giornata speciale.
Le vennero quasi le lacrime agli occhi nel vedere il bouquet di rose bianche appoggiato al verde del finto marmo rovinato. Di lì a qualche ora lo avrebbe visto tra le mani della sua bambina, mentre attraversava la navata al fianco del padre.
Il sogno di una vita che diventava realtà ... Ma cos'era quella lettera accanto al bouquet?
Rinvenne dalle sue fantasie e si rigirò la lettera tra le mani e, esaminandola attentamente, l'aprì; lesse le belle parole scritte sulla carta porosa poi si portò una mano alla bocca, inorridita.
Paola spalancò rumorosamente la finestra e una ventata di aria fresca le arrivò dritta in viso: finalmente poteva respirare.
Era tarda mattinata e contro ogni pronostico meteorologico, il sole spaccava le pietre.
Era diverso tempo ormai che Paola si informava riguardo al meteo previsto per quella giornata e, dappertutto, si prospettava pioggia a catinelle. Si sa qual è il detto: sposa bagnata, sposa fortunata. Ora, comunque, guardando il giardino dei vicini così assolato e sentendo gli uccellini cantare, Paola capì che quel cielo blu privo di nuvole, era un cattivo presagio per il suo matrimonio.
Il suo matrimonio! Proprio non riusciva a pensarci. Si sedette sul letto e prese a guardarsi intorno per pensare ad altro. La sua camera era completamente arredata di bianco panna e rosa antico, e la luce del sole la rendeva ancora più chiara.
Con tutto quel bianco intorno non riusciva a calmarsi. Rimpianse il giorno nel quale aveva permesso alla mamma di comprare i mobile di quel colore. Paola lo odiava ma la mamma trovava che fosse elegante, giusto per una signorina educata come si deve.
Tutto fu comprato di bianco o di rosa: l'armadio, il letto, la tappezzeria, il comodino e persino la trapunta. Ricordava ancora quando la mamma l'aveva trascinata per negozi a guardare i mobili, per comprarle poi tutti quelli che piacevano a lei, e il parere di Paola era irrilevante.
Accadeva spesso, con la mamma, che la giovane venisse annullata del tutto, per favorire quello che più la soddisfaceva.
"L'eleganza" le diceva quando provava a contrariarla " è una dote a te del tutto sconosciuta!".
Allora Paola taceva e annuiva a tutto ciò che la mamma le propinava.
L'unica volta che si era davvero ribellata all'eleganza che la mamma le imponeva, aveva guadagnato la cosa più bella che c'era in quella stanza.
Aveva dodici anni e come tutte le ragazzine voleva sentirsi come una star del cinema, adorava Marilyn Monroe e Rita Haywort, poteva guardare la stessa pellicola a ripetizione per ore, se vi recitava una di loro. Così una Domenica, passeggiando tra le bancarelle del mercatino delle pulci, quasi le era scoppiato il cuore di gioia nel vedere un vecchio lavabo, simile a quello nel quale si specchiava una delle sue dive in un film. Decise che lo doveva avere e non c'erano stati santi capaci di aiutare la mamma per farle cambiare idea.
Capriccio dopo capriccio era riuscita a farselo comprare, non senza fatica o vendette da parte della mamma, ma a Paola non importava, ne era proprio valsa la pena.
Quella era stata l'unica volta nella quale aveva contraddetto la mamma, lei sapeva cos'era giusto, capiva sempre quale fosse la soluzione migliore.
Oh, le era proprio andata bene che la mamma approvasse il suo futuro marito! Altrimenti non sarebbe mai arrivata a quel punto.
Guido era proprio un bravo ragazzo, di quelli a modo. "Ed è di buona famiglia!" le diceva sempre la mamma, quando lui ancora la corteggiava e lei non sapeva cosa fare. Le aveva fatto un sacco di regali: gioielli, fiori, cioccolatini, animaletti di pezza, lettere d'amore e così via.
Alla fine Paola aveva ceduto e si era fidanzata con lui, anche perché la mamma le diceva che era sconveniente per una signorina farsi desiderare troppo.
"Mica come quell'altro," le diceva con le mani sui fianchi, severa, "quel buono a nulla capellone, sempre in giro con quella moto che fa un rumore infernale.."
"Ha un nome mamma, si chiama Marco e non è un buono a nulla, ha il posto fisso da meccanico lo sai? È un mago dei motori"
"Sì, sì, ma tu chi preferisci, un meccanico che sta sempre con le mani tra il grasso, o un banchiere? A confronto il capellone è un buono a nulla" diceva sempre, convinta così tanto che nessuno aveva il coraggio di replicare.
Ah, Paola se lo ricordava ancora Marco.
Era il suo fidanzato prima che arrivasse Guido nella sua vita. Lui non le faceva dei gran regali, ma le piaceva quando strappava le margherite dai prati e gliele intrecciava tra i capelli, lo trovava molto romantico. Oppure quando le faceva il solletico fino a piangere dal ridere. Ricordava anche che andava in giro sempre con i jeans strappati e gli anfibi da militare, e quello stile la mamma non l'aveva mai potuto soffrire. Anche se il vero motivo per il quale non sopportava Marco era che aveva i capelli incolti e lo stesso giubbotto di pelle da almeno cinque anni.
"Ma se non ha i soldi nemmeno per comprarsi un altro giubbotto, che futuro vuoi che ti dia?". E lì il difficile era spiegare alla mamma che non è che non se lo poteva permettere, un altro giacchetto, ma che gli piaceva quello vecchio.
Con Guido non c'erano mai stati questi problemi.
Guido aveva addosso sempre camicie perfette e appena stirate.
La portava nei migliori ristoranti e la chiamava "principessa".
Fu proprio in uno splendido ristorante che le aveva chiesto di sposarlo, durante il loro primo anniversario.
E ora erano lì, e stavano per sposarsi, chi lo avrebbe mai detto? Quando lo aveva conosciuto non credeva nemmeno che sarebbe riuscito a conquistarla, visto che era così innamorata di Marco! Invece di lì a poco le avrebbe messo un anello al dito.
Presa dal fiume in piena dei suoi pensieri, Paola alzò gli occhi e si guardò nello specchio del lavabo verde. Aveva ancora i bigodini in testa, anche se lei avrebbe preferito lasciare i capelli lisci, era stata la mamma a insistere tanto per farli mossi.
Spostando di pochi centimetri gli occhi, vide che proprio appeso al lavabo c'era l'abito da sposa.
Era un abito a sirena bianco diamante, mozzafiato, almeno a quanto diceva la mamma. Paola l'avrebbe preferito color avorio e con la gonna ampia, ma non c'era stato verso di convincere la mamma a fargliene provare uno. "Non essere ridicola! Hai il sedere troppo pronciato se ti metti una gonna pomposa sembrerai una cicciona. Fidati di tua madre che ha più eleganza di te!". Così avevano preso un abito da sogno, che aveva fatto impazzire tutti, tranne che la sposa.
Ah, ma chi se ne importava del vestito! Paola voleva solo sposare il suo Guido e passare la vita con lui, era questo l'importante, sposare l'uomo giusto.
Forse non era romantico, era materialista, poco spontaneo, rigido e attaccato alle regole, ma sapeva che era lui quello giusto.
Insomma, che c'era di male se non si stendeva nei prati a guardare le stelle perché non voleva stropicciare la camicia, se non le faceva il solletico perché era sconveniente e non le scriveva "Ti amo" sulle lenzuola con le bombolette spray? Se non stava a parlare con lei tutta la notte per poi finire a fare colazione con i bomboloni caldi alla prima pasticceria aperta? No, non c'era nulla di male. Nella vita si ha bisogno di stabilità e Guido aveva tutti i requisiti per essere l'uomo giusto e, dopo quel pomeriggio avrebbe passato una vita stabile insieme a lui.
Proprio mentre sospirava per l'ansia, prese il bouquet e lo annusò ... Anche se un'altra cosa attirò la sua attenzione: sul piano verde anticato c'era una lettera, quella lettera che era arrivata in mattinata e che Paola non aveva ancora aperto.
Posò il bouquet e aprì la busta, curiosa di sapere di chi fosse.
Più che una lettera, era un bigliettino, un semplice foglio di carta bianca smagliante, quella porosa e costosa, con su scritto poche, semplici parole:
Spero che tu abbia la vita che desideri davvero.
Auguri amore mio,
Per sempre tuo,
Marco
Un sentimento forte le intorpidì le dita e un vuoto assoluto l'assalì di fronte a quelle parole.
"... la vita che desideri" ... quella che stava per intraprendere non era la vita che desiderava davvero.
Ora si ricordava il vero motivo per il quale la mamma non sopportava Marco, perché lui la faceva pensare, la incoraggiava a prendere delle decisioni, come quando le disse che avrebbe dovuto fare la facoltà di lettere se era quello che desiderava, non doveva andare a legge solo perché lo voleva qualcun altro.
All'improvviso capì che lei non aveva scelto nulla di quel matrimonio, nemmeno lo sposo. La mamma l'aveva spinta a stare con Guido, la mamma le aveva detto di sposarlo, aveva scelto il vestito e persino la pettinatura e il trucco.
E ora, a poche ore dalle nozze, Marco le augurava di fare la vita che desiderava davvero, ma sapeva che era un augurio impossibile, perché Paola voleva passare la vita con lui!
Quella sarebbe stata una vita totalmente scelta da lei, come il lavabo verde: non importava quanto duramente dovesse lottare, doveva portare avanti le sue convinzioni. Perché infondo ce le aveva anche lei delle idee e dei pensieri, dei gusti, non era solo lo stampino della mamma o il suo pappagallo.
Andò alla finestra per far arrivare più ossigeno al cervello, ma ciò che vide le mozzò il fiato del tutto: Marco era in fondo al vialetto dei vicini, con i suoi jeans strappati e il vecchio giubbotto, che le sorrideva a braccia conserte, appoggiato alla sua moto.
Non era cambiato una virgola, aveva sempre i capelli scarmigliati e quello sguardo che la faceva morire.
Non le disse nulla e non le fece nessun gesto, si limitò a sorriderle ma questo già bastava per capire cosa intendeva.
Finalmente, per la prima volta nella vita toccava a lei scegliere; voleva che l'unico simbolo della sua volontà rimanesse solo il lavabo verde, o voleva prendere le redini della sua vita?
Si specchiò per un'ultima volta e poi saltò dalla bassa finestra, così com'era, in vestaglia e ciabatte, seminando quegli infernali bigodini nel prato del giardino dei vicini.
Si mise a correre fino al suo Marco e una volta stampatogli un bacio sulle labbra salì sulla moto e si lasciò portare via, ovunque, purchè fossero loro a scegliere e nessun altro.
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1 recensioni:
- Un po' troppo "romanzo rosa" e di conseguenza con un finale non proprio verosimile ma d'altra parte non è mica un racconto autobiografico... La protagonista si fa letteralmente trascinare per mano nelle sue scelte di vita e appare quindi troppo ingenua e piuttosto influenzabile, un clichè in questo tipo di racconti. Un conto è "ascoltare" il parere dei genitori, un altro è farsi manovrare come burattini col rischio di vivere una vita che non ci appartiene, ma che altri confezionano per noi, anche se capita spesso. Il buon senso tuttavia finisce sempre con il prevalere se si ha coscienza del proprio "essere" e si usa la propria testa... È la prima volta che ti leggo e nonostante questo non sia il mio genere preferito devo riconoscere che scrivi molto bene. Ciao e buona scrittura. A rileggerti.
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