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La missiva inquietante
La missiva inquietante
E che significa... parere negativo? Devo affliggermi o rallegrarmi? Non vorrei sbagliarmi, perciò mi trattengo da qualsiasi emozione. Si tratta di una lusinga o di una minaccia? Di questi tempi non si è più sicuri di niente, e succede di non poter distinguere un accidenti da un poffarbacco, così, come niente fosse...
Per esempio, il fatto che il tuo parere negativo piomba qui, mentre ho appena appreso che vi sono negativi di cui essere contenti e positivi su cui versare calde lacrime, così come mi hanno assicurato, mi sconcerta non poco. È che il tuo ha un aspetto leggermente freddino, poco rassicurante, emana un vago sentore di afflizioni nascoste. In più non se ne può chiedere ragione a nessuno. Mi vedo costretta a scrivere. Nonostante avessi promesso di non farlo più.
Oh, è terribile! Ho la pasta e patate sul fuoco. Odio la pasta e patate, l'ho sempre odiata e la odierò sempre. Come i vicini di casa turbolenti e la cotognata. Perché la sto cucinando, allora? Semplice, perché oggi abbiamo in casa la pasta e le patate. E poi, è venerdì. Giorno di magra, di penitenza. Mi è sembrata una buona idea approfittarne per espiare un po' delle mie negligenze. Soprattutto nello scrivere. Ma, eccomi di nuovo a peccare. Come nulla fosse.
Dimmi un po', qual è la proposta partorita dalle mie meningi che non può trovare accoglimento? Accoglimento! Che bella parola. Sa di tepore, di coccole e di casa. "e il discepolo accolse Maria nella sua casa"... Che bellezza! Altri tempi!
Davvero non posso crederci... non sarà mica che mi hai arronzato? Nella mia lingua vuol dire : affrettato e sbrigativo" alias : " a 'morte e' subito"... E chi s'è visto s'è visto. Oh, povera me, non ho mai capito un cacchio e continuo a non capirlo. Non voglio farmi capace d'aver a che fare con un mondo illuminato dai fuochi delle guerre, dal sesso virtuale e dai piagnistei... E io? Al massimo potrei tentare una ricognizione in solitario per vedere se c'è ancora qualche uomo che ride, su questa terra. E se lo hanno lasciato vivo.
E che cos'è una segreteria editoriale? Sarà forse quel buco nero dove vanno a finire tutti gli autori disgraziati? Bisognerebbe innalzare almeno una lapide all'"autore ignoto" , se si volesse esser uomini dabbene, e seppellirvi dentro tutte le loro scartoffie. Una prece. Amen. Non credi? Tu, mica provieni da una segreteria editoriale?
E io che volevo passare solo una tranquilla serata in casa a guardare i gerry scotti, le maria de filippi coi mariti farfuglianti e anche gli emilio fede, senza inorridire... pensando che anche loro sono creature di Dio e hanno uno stomaco da riempire, in qualche modo. Ma, detto tra noi, non ci riesco. Cucinerò la mia pasta e patate prima che si abbrustolisca, e getterò un'occhiata di misericordia al posacenere stracolmo di cicche ammaccate stilando un'arringa mnemonica in difesa dei fumatori incalliti... esercizio di stile assolutamente non necessario, visto che il fumatore non sente il bisogno di arringhe in sua difesa, e nemmeno il non fumatore. Tuttavia, l'esercizio mi è indispensabile, lo confesso. Morirei senza. Non so se voglio già morire. Non prima d'aver cucinato la mia pasta e patate. Né prima d'averne mangiato una porzione e mezza e aver incamerato, uno per uno, che fa sempre uno, i suoi principi vitali, nemici della viltà della psiche.
Questo devi sapere : l'uomo che mangia è come l'uomo che ride. Immerso nell'innocenza estemporanea di un eden ancora possibile. Conosci forse qualcuno cui venga voglia, così improvvisamente, mentre è intento alla degustazione delle sue ghiottonerie e tutto l'animo ha tranquillo, placato, e il buonumore comincia a salire come effervescenza leggera e dolce, cui venga voglia, dico, di andarsi a inacidir lo spirito brigandosi di faccende scellerate? Lo conosci? Io, no, e meno male. Spero così anche di te.
Ma perché sei piombata qui, nel centro del mio atto rifocillatorio, nel magico momento dell'oblio cartaceo. Vale a dire, mentre le mie scartoffie m'erano uscite di mente con tutto il loro corredo di male patenze... non si sa, nessuno lo sa. Il postino, forse? O l'impiegato postale che ti ha permesso, dietro vile compenso, di incamminarti verso la mia povera casa del quarto piano senza ascensore, o inquietante missiva? Chi lo sa? E chi se ne frega, ormai sei qui. E ci resterai fino a completa assimilazione. Vedrò di mandarti giù assieme alla pasta e patate.
Lo sapevo che mi portava iella cucinare il mio pranzo abominato. Non bisogna mai abbandonare le proprie care abitudini per mettersi alla ricerca di non si sa che, come disse il diavolo all'uomo che gli cedette la sua ombra in cambio di un'illusione ottica. Ecco che magicamente si presenta una via di salvezza, ah! il potere delle parole! Ma da dove sbucano fuori queste curiose adunate verbali, che fino a un minuto prima non c'erano, e tutt'a un tratto, puf! te le ritrovi sul foglio come piovute dal cielo... ma questa del diavolo te la voglio raccontare, non farmene scordare mi raccomando... dopo, però.
Ma come ho fatto a non pensarci prima? Un'illusione ottica, nient'altro che un'illusione ottica, un inganno della mente che passa attraverso gli occhi e va a fissarsi nel punto della memoria dove sono accatastate tutte le ugge. E, tra quelle, ti va a scovare l'unica capace di arrostirti il cervello dalla vergogna, quella tesa come una corda di violino, quella che vorresti far toccare solo adita benigne e misericordiose. Un'illusione ottica. Non può spiegarsi altrimenti che così. Mi sarò impressionata, come si suol dire. In parole povere, tengo la coda di paglia. Che vuoi farci... l'avresti anche tu se ti trovassi nei miei panni. I panni di una che conta sul massimo segno della razionalità umana, quello che distingue l'uomo dalle altre bestie, definitivamente e irrevocabilmente: il riso. E su questo fondamento innalza tutte le sue architetture di una vita possibile. Oh, se in questo fantasmagorico imbuto non si potesse gettare ogni cruccio, che ne sarebbe della nostra esistenza? Ma come fa la gente, dico la gente dal muso lungo e dai gesti imbronciati, a prender le cose sempre sul serio, a corrugare la fronte, a piegare in giù le labbra? A dire che il riso abbonda sulla bocca degli stolti e dei ragazzini? Meno male che Dio ha scelto le cose pazze del mondo, per svergognare i saccenti... e, se in ciascuno dio noi non c'è un ragazzino, allora vuol dire che siamo anime morte.
Le anime morte sono pericolose, meglio non averci a che fare. Danno giudizi affrettati, funesti e malefici, ispirati solo dall'odore della loro putrefazione e dalla suprema volontà di tristizia. Miserere nos, domine. Libera nos dalla peste dei cuori di cartapecora. punto. E si nascondono dappertutto, le anime morte, persino dove non ti aspetteresti di trovarle. Sono abilissime, si sostituiscono ad anime che ti aspetteresti di trovar vive e vegete, facendoti credere d'esser, appunto, tali. In realtà, sono già morte da tempo alla bellezza, all'immaginazione e ai sogni. Hanno una vita apparente, che può confondere le idee ai più sprovveduti, agiscono da sole, ma più spesso in gruppo, dove riescono molto facilmente a camuffarsi. Ne basta una per infettare una popolazione. Che il diavolo se le porti. Sì, ho capito! Dopo te la racconto la storia del diavolo...
Ieri, mi hanno portato un libro. Chi me lo ha portato lo ha fatto senza cattiveria. Perché così mi piace credere. Era ficcato in una busta di plastica, assieme a un pacchetto di dash e a un etto e mezzo di coppata di maiale. Non sapevo che facessero ancora i pacchetti di dash, pensavo che ormai si fosse tutto liquefatto... comunque sia, era uno di quei sacchetti da usarsi almeno due o tre volte prima d'essere eliminato, in modo da farci riscattare dal pericolo di una coscienza antiecologica. Il libro somigliava a tutti gli altri libri, se non fosse stata la puzza di dash e coppata di maiale, con un sottofondo di sardine all'olio tunisino più una spruzzata di rognoncini per il gatto, a tradirne le origini. Si trattava di un libro di successo. Forse, dovuto a tanta casareccitudine. Chi me lo ha portato, lo ripeto, lo ha fatto senza cattiveria. Ma anche senza motivo, visto che io me ne stavo tranquilla, in contemplazione del mio assistente di office mentre si gratta la testolina, in attesa del getto d'inchiostro. Detto tra noi, è uno che mi sta assai simpatico. Ha la pazienza di Giobbe, e basta una demenzialità sui tasti per farlo contento. Anche dopo ore di anticamera. Ci capiamo al volo e ci giustifichiamo a vicenda, io e lui. Lui ed io. Nessuno ci disturba e siamo contenti così, anche a far niente. Soprattutto a far niente. Avevo pure la pasta e fagioli sul fuoco, e i fagioli, si sa, sono pazienti. Tutto filava a meraviglia. Poi, è venuto quello del libro.
Costui non ha articolato alcun suono, come accompagnamento, non ritenendo necessario un supplemento ritmico alla solita solfa. Credo che abbia pensato che un libro di successo parli da solo, anche senza essere aperto. Credo anche, e qui ho l'impressione che stia il nocciolo della questione, che il fatto che io abiti al quarto piano abbia avuto la sua bella parte... Centoventi scalini restano centoventi scalini, guardarli da fermi. A scenderli sono sessanta. A salirli duecentoquaranta, in linea di massima. Ma se è una massa di cento chili di carne a compiere la scalata, essi possono diventare milleduecento. Come niente fosse. Si potrebbe optare per l'ascensore, che ha il vantaggio di rimanere invariato il numero degli scalini, pur con la prerogativa, non disprezzabile, di farli sembrare dodici, procedendo essa per moto ascensionale diretto verso l'estasi dell'ultimo piano. Si potrebbe, e l'operazione non terrebbe occupate le meningi se non il tempo necessario, se solo ci fosse un ascensore a disposizione. Aah, tutta fatica sprecata... tutta fatica sprecata, usata inutilmente, malamente scialacquata. Tu, che dici? Non sarebbe stato meglio impiegarla per tentare la scalata al paradiso? Piuttosto che venire a insidiare il mio momento di bonaccia davanti al mio assistente, e con la pasta e fagioli sul fuoco?
Ah, le iatture hanno la pessima abitudine di tirarsi dietro i compagni, almeno uno, dovunque vadano. Non hai forse seguito anche tu il suo esempio? Piombandomi addosso nel pieno della mia flemma, ché finanche le scartoffie avevo scordato, e non sapevo quel che ci facessi seduta lì, né da quanto tempo l'assistente dormisse, mentre la pasta e patate bolliva nel suo brodo? Ma che dico... la pasta e fagioli, è il giorno della pasta e fagioli. O no? Comunque sia, per il rispetto dei cento chili di carne sudaticcia che mi sta davanti e per meticolosità cartacea, presi il libro di successo e lo ficcai tra gli altri libri...
Ma la puzza di dash e coppata di maiale con sottofondo di sardine all'olio e rognoncini, provocò in breve tempo una sommossa. Dovetti eliminarlo. Ma perché l'hai fatto? Perché sei stata così gelida, così sbrigativa? Fa tanto male, sento tanto dolore. Ma non voglio affliggermi. E tu, non ne hai colpa. Sei solo un pezzo di carta. Io, però, sono di carne, di ossa, di muscoli, di sangue, di cervello, di cuore, e quindi di pensiero, di anima, di passione, di sensibilità ... di affetti, di speranza. Sì, di speranza. La speranza si nutre di pochi elementi: la fiducia, l'ottimismo, l'ironia. Ma più grande di tutti è la fede. Che altro non è se non il credere in ciò che non si sa. Fortemente. Contro ogni evidenza. È ciò che faccio da sempre. Guardare oltre ciascuna cosa il suo contrario, il suo alter ego. Ora, poiché si tratta per la maggior parte di cose negative, come te, non ho altra scelta che lanciare lo sguardo verso il positivo nascosto in esse, tra le pieghe dell'insostenibile indifferenza dell'essere. Anzi, del non essere. Io rido, gioco, mi diverto, perciò sono, disse Plinio il giovane. Sai, io non ce l'ho con te. Lo so che non puoi credermi, ma te lo ripeto, non ce l'ho con te. Io ti voglio bene. Senza di te, forse, non si sarebbe avuto un simile versamento d'inchiostro in così poco tempo. Non mi sarei ricordata di svegliare office e, soprattutto, non avrei accordato alla mia pasta e patate tutta l'importanza che ha e che merita. E dalli! Oggi è il giorno della pasta e fagioli! È chele patate mi fanno più tenerezza, dato che le odio se si accoppiano alla pasta. Lasciami parlare della pasta e patate, per favore. Anche se, devi sapere, si tratta di pasta e fagioli. Oggi. Io, la preparo bollita, perché fa meno male e perché mi gusta ancora meno. In questo modo ho la certezza che la sua funzione catartica avrà la meglio su tutte le altre funzioni che ci si può aspettare da una pasta e patate. Cucinare il proprio pasto abominato e mangiarlo, ha un effetto di catalizzatore delle proprie mancanze. Esse, si focalizzano tutte in un punto, il complesso apparato stritolatore assimilator digerente, il quale sa, per dono di natura, come e... dove scaricarle. In via definitiva. Quando tutto è a posto, e l'espiazione gastronomica è conclusa, mi concedo la cioccolata. Tanta cioccolata. Non meno di un bicchiere di nutella da degustarsi a più riprese, per non affogarla nell'ingordigia, a grosse cucchiaiate, perché il peccato di gola inondi le fauci di tutta la sua esuberanza e ristabilisca l'equilibrio turbato dalla purificazione.
Ma chi purificherà te, o brutta missiva? Oh, io non ce l'ho con te, te l'ho già detto. Sei solo un pezzo di carta. Un povero pezzo di carta che farebbe di tutto per accontentarmi, se potesse, e avrebbe pietà delle mie povere meningi. E invece non puoi. Ti conserverò per sempre. A imperitura dimostrazione della putredine intellettuale. Beh, scusami, eh! Concedimi una lacrima.
Per consolarmi telefonerò a uno di quei giochi a premi della tv e, se non vincerò, gli manderò un bel vaffanculo in diretta, valido su tutto il territorio nazionale. Solo che è sempre occupato, anche fuori orario. C'è una perfida voce milanese che si dichiara spiacente, perché il numero da me selezionato è temporaneamente occupato. Che provassi pure più tardi a far la mia bella figura di merda. Ecco come funziona. Che il diavolo possa dannarli tutti. Ah! Il diavolo... accidenti a lui!
Allora, un giorno il diavolo ( senti, non avertene a male, faccio una cosa "coppa coppa" , tanto per rendere l'idea) se ne stava per i fatti suoi, tutto intento al calcolo delle anime perdute, quelle per intenderci, da lui guadagnate a suon di bugie grossolane come scorregge. Era abbastanza bravo, tanto da potersi ritenere un buon diavolo. Oppure erano gli uomini da lui incontrati ad essere abbastanza fessi. Non si sa. Fatto sta, che si trattava di un diavolo troppo arrivista, con mire segrete al di sopra del girone assegnatogli. Ora, questa può parere un'inezia, una cosa da nulla, un bruscolo di polvere in una tempesta di sabbia, eppure, quel diavolo lì ne fece il nocciolo della sua diavolesca esistenza.
Quel diavolo lì era un perfezionista. In più, aveva molto a cuore la perdizione delle anime, e aveva preso un gran gusto alla vita sulla terra e ai suoi abitanti, così disponibili alle sue proposte. Ma... c'era un ma. Nonostante il suo impegno, i suoi abili camuffamenti e le sue scaltre trovate, la sua rimaneva un'apparenza. Una vita da facsimile. Cosa mai poteva mancargli? Gli mancava l'ombra.
Sì, l'ombra, quella stupida figura oblunga, fatta di niente, che seguiva gli umani ovunque, comunque e per tutta la durata della loro esistenza. L'avevano i bambini, i vecchi e persino le bestie. Ora, era lui meno di una bestia? Non poteva crederci. Tuttavia il suo corpo apparente, senza consistenza, non gli consentiva tale compagnia. Sebbene avesse implorato più volte i superiori, per questo. Fu così che si decise a chiederne una a un umano. Non gliela avrebbe mica negata, chiedeva loro tante di quelle cose... che i più non gli negavano. Questo era il lato positivo della faccenda.
A proposito, che c'è di positivo nascosto in te, o misera e malvagia lettera? Beh, mi sta passando la voglia di finirti la storia. Anzi, mi è passata. Mi hai fatto molto male. Hai ficcato uno spillo nel mio terzo cucchiaio di pasta e patate. Non so se riuscirò a perdonarti. Sinceramente.
È come se a te, che sei fatta di carta, ficcassero un chiodo nel centro, e ti bucassero le viscere, così solo per appenderti da qualche parte. Non puoi capire. Questa cosa è negativa, sai.
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1 recensioni:
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- Trovo che questo racconto andrebbe perlomeno diviso in capitoli, è un racconto lungo, e chi come me di cervice limitata, trova difficoltà ad arrivare fino in fondo. Anche perchè questa storia autobiografica, è imprssionante per la densità di asserzioni che contiene sul mondo di oggi, sui rapporti umani, sul senso mistico. Insomma è un qualcosa da leggere, che solo una volta forse non basta. L'ho trovato molto originale, il pretesto di questa missiva misteriosa, e tutto il gioco dei pensieri che scorrono a una velocità impressionante, e la capacità lessicale dell'autrice. È un racconto diretto ma da una persona che ha una forza emotiva interiore che combatte come un leone. Anche se venato da tristezza, come la vita triste è, con catalogazione di tutti i tipi di soggetti che, vivendo, l'arguzia di chi scrive secondo una coerenza personale, classifica in modo preciso, e diretto. Mi è piaciuto.
- MA TU CHI SEI?
Ma tu chi sei, spesso mi sono chiesto di me stesso!
Lo sfogo di una risata incompiuta o il postumo di una abbondante bevuta?
Una foglia agitata dal vento o il saio steso ad asciugare in un convento?
Una primavera abortita dal soffio del vento della vita?
Il lascito di un padre avaro o il balbettio stupido dell'ignaro?
Il suono stonato di un vecchio pianoforte le cui note evocano la morte?
La speranza uccisa dal terrore o colui che ha sperato invano nell'amore?
L'incedere di un passo timoroso o il goffo imbarazzo di un novello sposo?
La confusione che ha trovato un ordine confuso o lo scarto drammatico
di un refuso?
L'alba che si tinge di colori stinti o lo spirito domo dei vinti?
Sei l'opera che non è stata mai raccontata o il mancato colpo di bacchetta di una fata?
Una blasfema alchimia abbandonata dal suo stregone od il sogno svanito nella visione?
È facile dire tutto ciò che non sono stato rispetto a quello che avrei voluto essere diventato.
Un uomo è certo, questo lo sono! ed è già di per se stesso un grande dono.
L'essere ed il divenire sono in continua guerra, ma non importa purchè io calchi la terra!
Sono un uomo e questo mi basta, un uomo che non chinerà mai la testa di fronte alla stupidità ed alla ipocrisia.
È questa la natura mia!
Favignana li 26. 08. 2011
Copyright
Vittorio Banda
- Proffola senza titolo nell'opera, non l'ho missivo io ziuro
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0