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Esistenze Spezzate
Una bella serata estiva, tranquilla e spensierata, con gli amici di sempre a prendere una pizza, un drink e poi in discoteca a rimorchiare le ragazze più carine. Non era il luogo più adatto per Paolo che in mente aveva solo Giulia con i suoi grandi occhi azzurri, la chioma bionda e un fisico perfettamente delineato, erano cresciuti insieme fin dalla tenera età, ma ora si erano separati per intraprendere carriere scolastiche differenti. Tuttavia abitavano nello stesso condominio e nulla poteva dividere quelle due rampe di scale che li separavano. Ogni volta pensava a lei, soprattutto quando usciva con Andrea e Ivan che provavano a distrarlo e fargli credere che al mondo non esistesse solo Giulia. Non aveva mai trovato il coraggio di chiederle di uscire o di rivelarle i suoi veri sentimenti, si limitava ad abbassare lo sguardo e salutarla, timido com'era.
<<Guarda Paolo! Guarda che carina quella lì!>>. La voce di Andrea lo riscosse dai suoi pensieri, inconfondibile con quella sua pronuncia della erre, dava l'impressione a volte di essere un francese. Paolo si limitò ad annuire. Indubbiamente era una ragazza affascinante, lunghe gambe spuntavano dalla gonna corta nera e un seno abbondante era contenuto a malapena in un top rosso, sembrava che stesse per traboccare. Andrea aveva gusti simili a Paolo in fatto di donne, non si poteva dire lo stesso per Ivan guardandolo ballare con una ragazza neanche troppo femminile. Ivan era il più spavaldo, riusciva a conquistare parecchie ragazze con estrema facilità, forse dovuto alla palestra, forse perché non badava all'apparenza o forse era semplicemente fortunato.
<<Dai non pensare più a Giulia!>> Andrea urlava per farsi sentire e sovrastare la musica rimbombante che incalzava nel locale, <<Siamo qui per ballare e divertici! Buttiamoci nella mischia!>>.
Ecco, era il momento in cui si faceva a gara a chi palpeggiava più fondoschiena femminili e a chi riusciva a baciare più ragazze. Anche questa volta, lo sapeva, avrebbe vinto Ivan. Non erano fatte per Paolo queste generi di gare, ma si divertiva a stare con loro, e ciò bastava. Con l'ennesimo drink in mano, sorseggiando la miscela alcolica dalla cannuccia, si intrufolarono nella confusione lasciando l'altra mano vagare da un sedere a un altro. Come aveva previsto, Ivan aveva trovato un'altra ragazza facile che stava al suo gioco, scambiandosi convenevoli e risatine maliziose che entrambi sapevano dove avrebbero portato.
<<Ivan non cambia mai!>> osservò Andrea gustandosi la scena.
<<Hai ragione, ma potrebbe sceglierne di migliori!>> replicò Paolo con un accenno di scherno ed entrambi scoppiarono in una risata e cominciarono a inventare una conversazione, guardando Ivan e la sua nuova fiamma, ridendo di gusto. Due ragazze si avvicinarono a loro con fare accattivante. Presi dall'euforia, non se lo fecero ripetere due volte quell'invito a ballare e per tutta la notte non fecero altro. Paolo cominciava ad avvertire un senso di leggerezza alla testa e convinse Ivan e Andrea a ritornare a casa. Essendo l'unico maggiorenne e con la patente, Andrea guidava la macchina prestata dal padre per quel Sabato sera. Usciti dalla discoteca, Paolo ebbe l'impressione di perdere per un attimo l'orientamento, solito effetto della musica e delle luci psichedeliche. Non erano neanche le quattro del mattino quando fecero rotta verso casa di Ivan. Nonostante avessero ascoltato per tutta la notte il suono martellante della musica techno e qualche nuova uscita di r&b, Andrea accese la radio per continuare la serata. Le orecchie fischiavano in continuazione e Paolo faceva fatica a sentire la radio e i commenti degli amici. Ogni volta che la serata terminava, era solito fare un riepilogo generale, commentando le ragazze più belle e attraenti, quel ragazzo con gusti diversi dai loro che cercava un compagno, denigrandolo e deridendolo, la persona vestita in maniera strana, pantaloni larghi verdi, un paio di scarpe da bowling con la striscia rossa e una giacca blu aperta che lasciava posto al petto peloso sopra una pancia voluminosa. Ridevano e scherzavano prendendosi in giro a turno, ma il soggetto più colpito era Ivan. Andrea e Paolo erano sempre stati complici e Ivan stava allo scherzo ridendo e a volte esaltando quelle sue doti che non aveva.
<<Ma come poteva piacerti! Si vedeva che era un maschio!>> aveva commentato Paolo riferendosi all'ultima persona con la quale Ivan aveva ballato. Non aveva tutti i torti. Capelli lunghi neri, occhi gonfi, rossi e infossati su un viso pallido, chissà quale sostanza aveva assunto, una giacchetta bordeaux senza maniche e che mostrava l'ombelico, con infine una gonna bianca corta che mostrava le gambe coperte da una calza a rete nera. Aveva gli attributi di una donna, sì, ma forse quello a cui Ivan non aveva fatto caso era la peluria che ricopriva le braccia, la muscolatura tipicamente maschile e una leggera sporgenza s'intravedeva nella parte anteriore della gonna.
<<Ma che ne so io! Basta che abbia un bel culo e un seno abbondante, per me, sono tutte femmine!>> così si era difeso Ivan, sorridendo, ma sul volto si leggeva il suo imbarazzo. La macchina macinava i chilometri e la strada era deserta. I tre restarono in silenzio, ascoltando i tormentoni di quell'estate. La scuola era terminata e l'anno prossimo si sarebbero diplomati se tutto fosse andato per il verso giusto. Paolo avrebbe compiuto la tanto desiderata maggiore età al termine dell'estate, a Settembre, il trenta. Aveva tanti progetti in mente da realizzare quando si sarebbe diplomato. Magari non avrebbe frequentato l'università, studiare per lui era un peso e non pensava di continuare a farlo. Già era tanto essere all'ultimo anno scolastico. Anche i due amici la pensavano allo stesso modo. Si conoscevano dalle scuole medie, compagni di classe, nel primo biennio superiore vennero divisi, pur rimanendo nella stessa scuola e nel triennio si riconciliarono come compagni di classe. Sempre inseparabili, si aiutavano a vicenda nello svolgere i compiti e nelle interrogazioni, attuando strategie assurde per suggerire all'amico senza farsi beccare dall'insegnante. I suoi pensieri si spostarono di qualche anno indietro, alle medie e rise al ricordo della professoressa Carnemolla.
<<Ma voi ve la ricordate la professoressa d'italiano delle medie?>> chiese Paolo cercando di condividere quei suoi pensieri con gli amici che lo guardavano con aria interrogativa.
<<Vuoi dire la Carnemolla?>> rispose Andrea che fece fatica a trattenersi. I tre si guardarono un attimo e Paolo annuì con il sorriso stampato in faccia. Inevitabile fu la risata fragorosa che si diffuse in tutta la macchina. Ognuno di loro avrebbe voluto descrivere i propri ricordi, ma le parole erano troppo lente rispetto all'euforia che li colpiva. Prima che potessero iniziare a parlare, ridevano già. Poi fu Ivan il primo a riprendersi.
<<Quante volte la chiamavamo "Caccamolla". Ma pensate sia ancora viva?>> domandò Ivan. Effettivamente la professoressa era già anziana quando insegnava alla scuola, e il cognome rispecchiava esattamente la descrizione fisica della donna. Muscoli flaccidi, pelle rinsecchita e raggrinzita. Leggermente curva, sembrava di vedere uno zombie.
<<Perché era viva?>> ironizzò Andrea causando ilarità nel gruppo.
Andrea svoltò a destra e poi subito a sinistra. Posteggiò e scese dalla macchina, lasciandola accesa. Paolo e Ivan lo seguirono.
<<Grazie ragazzi della serata.>> disse Ivan andando verso il portone, <<Domani pomeriggio scendiamo al mare?>>
<<Per me va bene.>> concordò Andrea.
<<Anche per me.>> approvò Paolo e aggiunse, <<Basta che mi facciate dormire e possiamo fare tutto quello che volete!>>
<<Allora conosco il tuo "dormire". Domani il mare lo vediamo col cannocchiale!>> scherzò Andrea.
<<Voi lo vedete col cannocchiale, io lo sognerò!>> disse Paolo ridendo.
<<Va bene dai, passo a prendere prima Paolo e poi te.>> disse Andrea rivolgendosi a Ivan. <<Spero di essere qua entro le tre, per le quattro dovremmo essere già in spiaggia.>>
<<Okay, mi farò trovare pronto con il mio nuovo costume a perizoma!>>.
<<Ma dai! Che schifo!>> esclamarono Paolo e Andrea insieme.
<<Stavo scherzando. A domani allora!>> terminò Ivan.
I tre si salutarono. Ivan aprì il portone e salì verso casa, mentre Paolo e Andrea stavano già facendo ritorno, prossima tappa casa di Paolo.
L'appartamento di Paolo non distava molto da casa di Ivan, a quell'ora circolavano poche macchine, e Andrea cominciava a schiacciare il pedale dell'acceleratore sempre più in profondità. Decise di prendere per la circonvallazione, più scorrevole, in meno di dieci minuti sarebbero arrivati. Andrea aveva percorso più volte la circonvallazione e come ogni volta gli piaceva osare e aumentare la velocità fino a superare ogni limite che l'auto potesse raggiungere, d'altronde la strada lo permetteva essendo molto rettilinea. A Paolo non piaceva quel gioco e ogni volta aveva timore che potesse capitare qualcosa di spiacevole. Ma aveva sempre lasciato stare, temeva che se avesse esposto le sue paure, sarebbe stato giudicato un codardo, una femminuccia, e di certo non gli andavano a genio tali complimenti.
<<Stiamo sfiorando i centoquaranta! Vediamo fino a che punto arriva questa scatoletta!>> disse eccitato Andrea mettendo alla prova la potenza dell'auto e al contempo cercando di entusiasmare anche Paolo, il quale gli porse un sorriso forzato. Sperava che non gli accadesse nulla, sperava che Andrea si rendesse conto di questa folle corsa e sperava che cominciasse a rallentare. Avrebbe voluto dirgli di fermarsi, di rallentare e riprendere l'andatura normale, avrebbe voluto dirgli che la paura lo assaliva, che a lui quel gioco non piaceva, avrebbe voluto e forse avrebbe dovuto, ma temeva di diventare un guasta feste, un seccatore, così sperava solamente che terminasse in fretta quel gioco.
Andrea era sempre intento e concentrato ad aumentare la velocità, di tanto in tanto osservava il tachimetro per vedere che numero avesse toccato la lancetta, la quale adesso stava lasciando i centocinquanta. Lo sterzo tremava sotto le mani di Andrea e l'adrenalina saliva. Nessuno dei due parlava, ognuno con le proprie riflessioni. Andrea non era mai andato oltre i centoquaranta e adesso che l'auto procedeva quasi a centosessanta all'ora si sentiva gasato, stava superando quel limite che s'era prefissato. Più avanti la strada curvava e Andrea non sembrava avere intenzione di rallentare, semmai di decelerare. Andrea era preso dall'adrenalina, voleva emulare i piloti di formula uno e quel gioco lo esaltava sempre più, mentre Paolo era teso e terrorizzato. La macchina impegnò la curva e Andrea girò appena il volante ma si rese subito conto che non sarebbe riuscito a terminare la curva, la velocità era molto sostenuta, così premette leggermente il freno ma la macchina sbandò e il ragazzo perse il controllo dell'auto che andò a schiantarsi violentemente contro un muro, arrestandosi poi al centro della carreggiata.
La sveglia doveva ancora giungere alle cinque quando il cellulare di Alessandro squillò facendolo sussultare. Era la polizia, gli annunciava che suo figlio aveva avuto un incidente insieme all'amico. L'amico se la sarebbe cavata senza grossi problemi, sfortunatamente per suo figlio la situazione era piuttosto grave, aveva subito un trauma cranico che lo fece entrare in coma. Alessandro restò interdetto, non riuscì più ad ascoltare altro mentre il poliziotto parlava, solamente captò che erano stati trasportati d'urgenza all'ospedale Sacro Cuore. Riattaccò il telefono e istintivamente svegliò la moglie, Anna. Preoccupata, quest'ultima vide il volto turbato di Alessandro e chiese il motivo di tale sconvolgimento. Il marito rispose appena che loro figlio aveva avuto un incidente e adesso si trovava al Sacro Cuore, dovevano affrettarsi a raggiungerlo, non approfondì altro. In cinque minuti erano pronti e senza accorgersene avevano svegliato Chiara, la sorella minore di 12 anni e Giovanni, fratello maggiore di 23 anni. I due seguirono i genitori, palesemente allarmati, nonostante i genitori gli intimassero di rimanere a casa. Si avviarono verso il Sacro Cuore e quando giunsero nella stanza dove giaceva il ragazzo, Anna scoppiò a piangere. Vedere il figlio ridotto in quelle condizioni la faceva stare male, come lei, anche il resto della famiglia. Giovanni prese per mano Chiara e insieme uscirono dalla stanza, non riusciva a sopportare la vista del fratello sanguinante e con la vita attaccata a un respiratore, e di certo non era un bello spettacolo per Chiara. Solo Alessandro cercò di mantenere la sua integrità per dare forza e sostegno alla famiglia, ma dentro di sé il dolore lo attanagliava. Strinse forte a sé Anna che non smetteva di piangere.
Paolo si trovava sulla soglia della porta a osservare la scena. Andrea steso sul letto che respirava grazia all'ausilio della macchina, tagli lungo tutto il viso, ripuliti dal sangue ma non rimarginati. Aveva tentato di salutare con un cenno del capo i familiari di Andrea, ma sembrava che non l'avessero nemmeno visto, sicuramente preoccupati per la sorte dell'amico. Paolo si rimproverava di non aver fatto smettere Andrea, di esser stato in silenzio quando avrebbe dovuto dire "Basta!", ma ormai era troppo tardi e la colpa sentì essere la sua. Voleva piangere, ma non vi riuscì, voleva gridare, ma l'urlo gli morì in gola, un pensiero tetro si fece largo nella sua testa. Andrea se l'era cercata, correre come un folle porta a questo ed è la giusta punizione che si meritava. Prima che il pensiero potesse generare altre lugubre rivelazioni, Paolo lo cacciò via. Voleva bene ad Andrea e non gli avrebbe mai augurato una simile fine. No... Non voleva che morisse, non doveva finire così. Domani sarebbero dovuti andare al mare, con Ivan. Già, Ivan, che fortuna non fosse con loro. Chissà come reagirà quando saprà che Andrea è in coma. Il senso di colpa lo investì nuovamente come un treno. Era colpa sua, aveva il sentore che qualcosa di spiacevole sarebbe accaduto, perché non ha detto ad Andrea di rallentare? Perché non gli ha rivelato la sua paura? Sarebbe stato meglio essere preso per coniglio, fifone, femminuccia che vedere Andrea ridotto in quello stato. L'aveva causato lui, in qualche modo, l'incidente perché non aveva parlato. Lui doveva essere al posto di Andrea! Non era giusto, la colpa era sua e avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
Si avvicinò al letto e alla vista di Andrea trasalì. Il volto non era più quello che conosceva, non era Andrea e i genitori non erano quelli di Andrea ma bensì quelli suoi, e quel corpo che giaceva sul letto era proprio lui. Che diavolo sta accadendo? Pensò. Lentamente si diresse verso il padre e tese una mano come per afferrarlo e farsi spiegare la situazione. La mano, però, passò attraverso senza resistenza e senza che il padre facesse alcun movimento. Provò una volta, poi due, ma il risultato fu sempre lo stesso. Dov'era Andrea? Che n'era di lui? Bastò solo il pensiero per ritrovarsi nella stanza di Andrea. L'amico era sveglio e parlava con i genitori, sdraiato sul letto con una gamba immobilizzata. Non era attaccato al respiratore e non era coperto di ferite, se non qualche piccola contusione. Pian piano cominciò a realizzare che lui fosse morto e che fosse divenuto un fantasma. Non aveva mai creduto ai fantasmi e adesso lui lo era diventato. Com'era potuto accadere? Paolo si trovò nuovamente nella stanza ma stavolta prese a fluttuare. I medici parlavano con il padre spiegandogli che non potevano intervenire e potevano solo aspettare che lui si svegliasse dal coma. Quindi non era morto, ma allora cosa era? Aveva letto qualcosa riguardo all'esperienze extracorporee, ma scettico per com'era non aveva dato tanto importanza. Desiderava tornare nel suo corpo, abbracciare i suoi genitori, dire che stava bene, rivedere Giulia. Non era la sua ora, aveva tanti progetti da realizzare, organizzare la festa del suo compleanno, prendere la patente, diplomarsi, fidanzarsi con Giulia. Dannazione, si promise che semmai si fosse risvegliato, avrebbe rivelato tutti i suoi sentimenti a Giulia, avrebbe parlato anche dei suoi timori agli amici, e avrebbe detto ai suoi genitori e ai suoi fratelli il bene che provava per loro. Se non si fosse svegliato più, pensò, non avrebbe mai conosciuto l'amore vero, non avrebbe mai creato una famiglia e non avrebbe mai avuto dei figli. Paolo si avvicinò al suo corpo, ma provò la strana sensazione di essere un estraneo, il suo corpo lo stava rigettando. Passò lo sguardo in rassegna del padre Alessandro, che sembrava guardare nella sua direzione e cercò di comunicare con lui per trovare un aiuto, ma lo sguardo del padre era vacuo. La sua attenzione di spostò verso la madre Anna, ma gli occhi della donna erano imperlati di lacrime le quali scorrevano giù lungo le guance. Paolo si rattristì nel vedere il dolore dei suoi genitori logorargli l'anima. Si avviò alla ricerca di Giovanni e Chiara e subito si ritrovò nella sala d'attesa ove i fratelli erano seduti col capo chino e le mani che gli coprivano il volto. Anche loro erano disperati. La situazione divenne insostenibile. Non poteva comunicare con loro, non poteva nemmeno rivelare la sua presenza. Nella mente cominciarono a vorticare le immagini di tutte le persone care a cui voleva bene e da cui non voleva separarsi. Nel profondo del suo essere sentì che non sarebbe più riuscito a svegliarsi, forse i genitori non se ne sarebbero accorti subito, ma per lui era giunta la fine. Guardò in direzione di Andrea e apparve la sua immagine immediatamente. "Ti ringrazio per tutte le esperienze passate insieme, ti voglio bene e sono felice che tu stia meglio di me. Non avrei potuto vivere con il rimorso di averti perso sapendo che sono stato io la causa dell'incidente. Ma spero che capirai anche tu di aver sbagliato e non commetterai altre sciocchezze. Addio, amico mio." Fu il suo ultimo pensiero mentre si preparava a lasciare per sempre il mondo dei vivi e unirsi a quello dei morti.
Andrea stava parlando con il padre quando improvvisamente si interruppe lasciando una frase a metà. Restò fermo ad ascoltare i propri pensieri per una decina di secondi.
<<Paolo...>> sussurrò tristemente.
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laura il 04/09/2012 16:48
Ciao un racconto molto forte, mi ha colpita molto. Scritto bene e pieno di emozioni. Mi è piaciuto molto davvero Complimenti. é anche un forte messaggio che bisogns cogliere per noi stessi e per gli altri. Ciao
- Grazie mille dei complimenti. Sono davvero felice che vi sia piaciuto.
- bel racconto complimenti
- Splendido racconto, non viene mai meno la tensione narrativa, ben disegnato il personaggio di Paolo, realistico, positivo e alla fine commovente. Complimenti e saluti.
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