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Giorgia

Ero un'ordinata ombra grigia incamminata lungo una linea diritta, prima che Graziana una mattina di un certo Settembre (precisamente il 2004) mi proponesse una scorciatoia.
Ho sentito una voce di donna chiedere una cosa senza senso: "Come li fate qui i frappè al latte di mandorla?"
Mi sono girata e davanti a me ho trovato un volto d'estate ancora bollente, seminascosto da una quantità impensabile di capelli, sembravano ancora gonfi di salsedine. Solo più tardi ho capito che i capelli di Graziana sono proprio così. Sembrava più grande di me, una al quarto o quinto anno, ma poi ho realizzato che solo chi non ha mai vissuto a Torino potesse fare una domanda del genere. Dissi soltanto: "Al latte di mandorla... non li facciamo."

Il mio unico problema era completare il modulo di iscrizione matricole al Politecnico, appoggiarmi al tavolino distante due metri senza perdere il posto in fila, scrivere sorvegliando la borsa, con bella calligrafia, nascondere il viso al momento in cui avrei dovuto leccare la marca da bollo prima di attaccarla al foglio. Gli occhi dei ragazzi mi infastidivano: d'accordo che non c'era nient'altro di meglio da fare nell'attesa che si smaltisse la coda, però perchè dovevano guardare tutti me? Ero ridicola, ecco perchè, nel giro di tre minuti mi erano caduti per terra la fotocopia del diploma del liceo, la penna, senza accorgermene avevo abbandonato la borsa tra le braccia di uno sconosciuto per raccogliere i miei pezzi smarriti. Nel restituirmela quello aveva preteso gli dicessi il mio nome, da dove venivo, a che corso mi stessi iscrivendo.

"E come li fate?" Arrivò mentre trascrivevo il codice fiscale, riuscii a sbagliarlo.
"Dici... come facciamo i frappè?" Lei sorrise e fece di sì con la testa. Alcuni dei ragazzi avevano smesso di squadrare me e preso a farlo con lei.
"Non, non saprei..." Alla vaniglia, ai frutti di bosco e in molti altri modi, ma in quel momento non mi veniva in mente niente che non fosse il mio codice fiscale.
"Ma sei di qui, vero?"
"Sì..." Non compresi da cosa l'avesse capito, nel tempo fu tutto più chiaro. Quanto essere di Torino sia diverso da provenire dalle parti di Otranto lo si capisce guardandomi mangiare un gelato insieme a Graziana.
"E allora..."
"Scusami, vorrei completare il modulo." Senza perdere di vista la borsa, il posto in coda, studiando nel frattempo il modo più riservato possibile di leccare una marca da bollo. Ero convinta che il ragazzo dalle troppe domande stesse aspettando soltanto quel momento.

"Mi chiamo Graziana, posso offrirti un frappè?"
"Un frappè?"
"Sì, ho voglia di un frappè."
"Adesso?

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3 commenti:

  • lele chiaia il 17/07/2013 22:53
    che spettacolo questo racconto, molto curioso come testo, mi fa pensare a tutto il flusso di fortuna/sfortuna ke gonuno di noi deve affrontare nella proprai vita..
  • augusto villa il 12/10/2012 19:41
    La magia della vita... Un fiume che ci porta...
    Abbiamo un piccolo timone per fare le nostre scelte... ma a volte è meglio lasciar fare alle correnti... Occhio alle rapide pero'...
    Raconto scritto bene... e stimola la curiosita'.
    :bravo. ---------
  • Janco B. il 12/09/2012 10:43
    Ciau neh. Beh, Torino o non Torino, certo che quanto scrivi interessa, prima di tutto per questa sospetta ammissione di furto/prestito di tempo e identità, improponibile in questi termini da parte di un io mediocre, ma accettabile solo come conclusione di un iter filosofico, consapevole o meno, che contempla tra le possibilità l'auspicabile rinunciabilità al "carattere" o perlomeno a sostituirlo con maschere ormai consunte. Ribadisco il mio interesse per i temi e per come sono trattati, ti seguirò volentieri

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