Più i giorni passavano e più mi rendevo conto della profonda, rivoltante, esplosiva rabbia che cresceva dentro di me. Sentivo come uno strano ospite crescere nelle viscere, muoversi frenetico, nello stomaco. Ed ogni giorno che passava la mia espressione, riflessa nello specchio, cambiava: quello splendido sorriso, tanto amato dalle persone che mi erano care, divenne, a poco a poco, un ghigno malefico: le labbra, serrate in una morsa glaciale, svelavano un animo sadico, meschino, psicopatico e lo sguardo diventava, piano piano, sempre più impassibile, vuoto, nero come il buio della mia anima, sconvolta e riluttante ai troppi soprusi, alle troppe ingiustizie, ai traguardi mai raggiunti e alle migliaia di delusioni che la torturavano da troppi anni. In breve tempo mi resi conto che nasceva in me una nuova figura, una bestia famelica, affamata di sangue, tortura e tormento. Avevo bisogno di fare del male, per stare meglio, di sentirmi finalmente bene. E per sentirmi davvero viva dovevo rendere agli altri ció che per anni era stato dato a me: dolore. Fu cosí che mi resi conto che dovevo iniziare a difendermi dalla troppe ferite che laceravano il mio cuore e fu esattamente in quel momento che l'unica vera ragione di vita, per me, diventó quella di uccidere.