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La delusione
In un breve romanzo ho interpretato Santippe in chiave femminista, assumendola a metafora di tutte le donne del passato e del presente che hanno lottato per affermare, pur nella diversità, la pari dignità con l'uomo. Ho detto del presente perché io credo che l'emancipazione femminile sia
un processo avviato ma non concluso. Propongo un brano del
romanzo in cui Santippe che aveva creduto di poter costruire con Socrate un rapporto paritario, prende coscienza dell'inganno in cui è caduta. Vi invito, se volete, a discutere il tema: " La donna, oggi, ha raggiunto la pari dignità con l'uomo?"
Era già notte inoltrata. Santippe mise a posto gli indumenti che aveva appena rammendato. riprese la lampada che aveva appoggiato su uno stipo e, prima di uscire
dalla stanza, la sollevò un p' in alto per vedere meglio i figli
che dormivano nei loro letti. Un nodo di tenerezza le
addolc' la pena cupa che aveva nel petto e le inumidì gli occhi.
Uscì lentamente dalla stanza ma non aveva voglia di andare a letto. Si fermò in cucina, spalancò le imposte, si sedette
vicino al tavolo e spense la lampada. Sperava che la luce della luna che si insinuava discretamente nel piccolo ambiente le desse conforto e un po' di pace. E invece sentì
montarle dal petto un'ansia più forte: l'assalì un senso di
solitudine totale e il suo mondo quotidiano di persone e cose
sembrò perdersi in lontananze inaccessibili. Appoggiò
i gomiti sul tavolo, la testa fra le mani. Scoppiò in un pianto
di dolore e di rabbia, cercando di non singhiozzare forte per
non svegliare i figli.
Non era certo la prima volta che Socrate usciva di casa, dopo cena. Quella sera era andato ad un banchetto che
doveva essere importante se c'era, come Santippe aveva
sentito dire, anche Alcibiade. Santippe vedeva la sala illuminata. la tavola carica di cibi, di coppe, di brocche per il vino. E immaginava il crescendo delle conversazioni. l'andi-
rivieni dei servi, l'accendersi dei volti e il brillare degli occhi
via via che la cena proseguiva, l'alzarsi del tono delle voci
e il dilagare dell'allegria tra i commensali. Belle donne sedevano tra loro, ridenti e piene di grazia. Il loro canto
accarezzava i cuori, eccitava i sensi, la loro arte di etère
sapeva promettere a chiunque volesse un amore raffinato e senza veli. L'amore, via via, nel banchetto avrebbe prevalso
sulla filosofia e il maestro, nel giovane che aveva voluto accanto, non avrebbe più visto il discepolo ma l'innamorato.
Lo stesso Alcibiade - pensava Santippe - se al culmine del
banchetto avesse pronunciato un discorso, avrebbe fatto
un discorso d'amore.
Santippe capì allora che l'angoscia di quella notte non
l'avrebbe abbandonata più perché non era legata a un fatto contingente. ma stava alla radice del suo esistere, del suo
essere una donna che l'aveva condannata, oltre che all'emarginazione, ad una vita senza amore. Gli ateniesi
avevano spaccato in due amore e famiglia: alle etère davano
l'amore, alle mogli rispetto e un vago affetto. Insomma, una cosa grigia e molto mortificante. Ma era poi vero amore quello che gli uomini davano alle etère? Santippe le aveva giudicate sempre severamente, ma ora provava compassione
per loro, suppellettili indispensabili negli sfarzosi banchetti di uomini ricchi. Adesso capiva che ciò che le dava Socrate non era amore. I primi tempi, subito dopo il matrimonio, quando nel letto lui le si accostava e la sua mano saliva lentamente
dalle gambe su, su, fino al seno, lei si sentiva fremere e, con
gli occhi socchiusi, cercando di raccogliersi tutta in un piacere
che poi sarebbe esploso in tuttele fibre del suo corpo e della sua anima, a sua volta accarezzava Socrate, insinuando la sua mano fra le piaghe del suo corpo, come per esplorarne
misteriosicodici di comunicazione. E quando i loro corpi si univano lei, attraverso il fremito dei sensi scossi come un albero assalito da un gra vento estivo, sentiva spezzarsi il cerchio della solitudine in cui si sentiva imprigionata e
avvertiva il senso liberatorio di una comunicazione totale,
completamente sottratta alla gabbia delle parole.
Presto Socrate aveva respinto le sue carezze e lei dap-
prima era rimasta sconcertata, poi, da certi confusi, imbarazzati discorsi di sua madre che evidentemente voleva
curare l'educazione coniugale della figlia, aveva capito che
il suo slancio amoroso veniva considerato indecoroso per una moglie. Quella era l'arte delle etère ed un marito che si
ritrovasse a letto una moglie simile ad un'etèra poteva
sentirsi offeso.
Presto Santippe si era scontrata con un'altra più
inquietante realtà. Fin dai primi tempi del matrimonio aveva
tentato di porre a Socrate i problemi che la interessavano e dei quali non aveva mai potuto parlare con nessuno.
L'aveva fatto con grande emozione ed imbarazzo, consapevole che la sua giovane età e la sua ignoranza le
rendevano difficile la comunicazione, su certi argomenti.
con un uomo tanto più anziano di lei e soprattutto abituato
a trattare con uomini di grande cultura. Aveva cercato di
esprimersi con semplicita, sperando che il marito l'aiutasse,
con la sua arte maieutica. a fare chiarezza sulle questioni che poneva. Socrate non solo non l'aveva aiutata ma aveva
mostrato un senso di fastidio, mentre portava il discorso in un'altra direzione eludendo le risposte e sottraendosi alla
discussione che lei, con tanta fatica, aveva sollecitato. Non si era scoraggiata e aveva tentato ancora, sempre sperando
che il marito adattasse il suo dotto parlare al suo povero linguaggio per avviare con lei un discorso sui temi che le stavano a cuore. Il fastidio di Socrate era cresciuto e sempre più spesso aveva bruscamente interrotto i suoi tentativi
di dialogo. E così erano riaste senza risposte le sue domande sugli arconto, sulle leggi, sulle istituzioni della città.
Lentamente si era modificata in lei l'immagine di Socrate e il suo amore per lui era andato diminuendo o, meglio. si era
mescolato con un sentimento di delusione e di risentimento
che le procurava molta amarezza. Socrate aveva notato il velo di tristezza che aveva appannato il suo carattere allegro e generoso. Lei aveva tentato molte volte di parlare, di spiegare, ma le idee le si intrecciavano nella mente, le parole le uscivano stentate dalla bocca fino a che, sotto lo
sguardo ironico che sembrava compatirla bvonariamente
per la pochezza della sua mente, la bocca le si era chiusa sull'argomento.
Ora, nello sconvolgimento che l'aveva afferrata, finalmentre capiva. Quando si era innamorata di Socrate, nonsoltanto per gli occhi lampeggianti, per la calda voce e la
bruttezz affascinate, ma anche e soprattutto per i suoi discorsi pungenti che mettevano indifficoltà uomini tronfi come
quel snzacuore di Eutifrone o addirittura illustri professori come i sofisti, era caduta nell'illusione. come in una trappola,
Aveva creduto in un Socrate amante dell'uguaglianza, capace
di trattare alla pari i poveri, gli schiavi, le donne.
Che abbaglio! Il ribelle Socrate che tanto preoccupava gli aristocratici, il maestro tanto ammirato dai giovani perché
metteva in discussione pigre tradizioni, era una marito tradizionale come gli altri, anzi peggio degli altri perché non
aveva l'attenuante di una acritica adesione al costume della città. Ora le sembrava di non riconoscere più suo marito. anzi
di non averlo mai conosciuto. La sua personalità suscitava
in lei, in quel momento, molti interrogativi. Tutto quel suo
frequentare le botteghe dei falegnami e dei fabbri, quel suo
contestare gli uomini potenti, era veramente nell'interesse
dei poveri e dei senza potere? Ripensandoci bene poteva aver
ragione Eutifrone a voler denunciare il padre perché aveva
ammazzato uno schiavo. Certo, non era una prova d'amore filiale ma poteva essere una prova d'amore per lo schiavo.
E perché Socrate aveva scelto di essere povero? Certo non per essere davvero come un povero, altrimenti i suoi allievi e i suoi amici non sarebbero stati i ricchi,
Una cosa però era certa: gli piaceva esaminare tutto, ren-
dersi conto di tutto. Come un ritornello tornavano alla mente
di Santippe le parole di Socrate che qualcuno, al mercato, le
aveva riferito e che l'avevano tanto colpita: "Una cosa è
giusta non perché sono in molti a ritenerla tale, ma perché
la ragione ne illumina i motivi".
Ma allora perché questo sacerdote della ragione non è d
isposto a riconoscerne una a sua moglie? Perché non vuole
discutere con lei? Perché, lui che mette tutto in discussione,
non è capace di mettere in discussione il suo essere marito?
"Ah, pazzo, arrogante, incoerente Socrate - tra isinghiozzi ora Santippe parlava ad alta voce - ti credi sapiente perché
dici di sapere di non sapere e invece non sai affatto che non sai niente, almeno di me. Io non so la tua filosofia, ma so
il mio dolore, il mio amore offeso e i guasti che subisce il mio cuore che vorrebbe amare e invece odia".
Santippe era esausta. La testa le scoppiava. Sul petto sentiva una pietra. Si buttò sul letto e continuando a piangere
silenziosamente, piano piano si addormentò.
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0 recensioni:
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- Gracias! Ciao. Franca
- Belíssimo, belíssimo, La desilusione. Apesar de não entender algumas passagens, fiquei impressionado com a tua habilidade na arte do conto, Franca.
"Silenciosamente, lentamente caiu adormecido..."
Um abraço.
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