Nevica sulla spiaggia, e orizzonte è una bella parola. Orizzonte sa di mora come di San Diego, stringe a sè fotografie in notturna ma ricorda le luci dell'alba tra i pini, le luci che ti danno un buffetto sulla guancia, quasi non fossi riconoscente per la strada che si snoda e la rugiada che ti riflette. Orizzonte svela il tempo che scorre, nella risacca che frantuma gli attimi e quasi trascina via i frammenti. Orizzonte indossa un buffo vestito da pagliaccio e porta ancora i segni sul collo di quella volta sotto le mura. Orizzonte carezza. Comodo giaciglio per anime stanche di esistenze risolte in carta rosa, appassite in ogni parola annoiata da se stessa - le ancore cave, i ponti cancellati.
E ancora ballarsi via le rughe dal Tennessee ai sedili posteriori, con la vita nella tasca destra e un'altra storia che non racconteremo mai, tenuta insieme col biadesivo scadente - si fa giorno. Cercando invano un po' di calore tra braccia che rifuggono la luce del sole e parlano di comete dietro le nuvole. Chiedendoci quante volte ancora. Quante parole, quante facce, quanti chiodi. Quante volte, e un'altra ancora.