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Il capitano del traghetto
La mia barca va verso la Svizzera.
Ho il timone saldo in pugno.
La rotta è tracciata, va verso il paese del compromesso.
Corre la mia vita sulla via che mi sono scelto.
Per quest'unica volta sa dove sta andando, e non ci sarà vento o corrente che mi potrà far deviare da quel che sarà.
Passo il limite invisibile del confine sull'acqua, e scorgo la sagoma del gendarme che mi scruta attraverso le lenti del binocolo.
Eccoli gli svizzeri sul lungo lago d'Ascona, sono gli stessi che stavano a Cannobbio.
Hanno tolto il giubbotto di pelle chiodata da motociclista, hanno indossato la giacca da bancario e il monocolo da orologiaio.
Tutta la loro esistenza e un'enorme menzogna.
Lo spirito umanitario della Croce rossa si sporca e s'annulla col libero commercio delle armi.
I simboli del diritto e della democrazia, crollano sotto il peso del razzismo e della collusione con la malavita, la parvenza dell'ordine è mantenuta solo dal frutto del sudore e della fatica degli immigrati, mentre l'identità del popolo è minata alla radice dalla mescolanza delle lingue.
Non attraccherò in quel luogo.
Non è la mia terra, e quest'angolo di lago non è loro.
È una truffa.
L'hanno rubato con l'inganno, l'hanno preso perché gli serviva, non perché l'amassero.
Volto la fiancata di tribordo al sole e inizio a scendere il lago, lungo la sponda Est, quella lombarda.
Che strano è, per me, guardare la superficie del Maggiore con il sole alle spalle.
Quello che mi si para davanti non sembra neppure il mio lago.
I fianchi delle montagne piemontesi, troppo illuminati, sembrano perdersi in lontananza, e fanno smarrire il senso della sua ampiezza reale.
Il riverbero sull'acqua sfuma i contorni della riva opposta, e crea un effetto " Mare" che nuoce all'identità vera di quel luogo.
Non ho dubbi; quello lombardo è un altro lago.
Non è possibile guardarlo nello stesso modo, specie al mattino, senza che il disco del sole che ti si para davanti ti costringa a strizzare gli occhi, per cogliere la dolce suggestione dell'alba.
Forse andrà meglio al tramonto, quando l'astro fiammeggiante ultimerà la sua corsa andando a morire ad occidente, e smorzerà i suoi raggi nell'imbrunire dell'onda.
Il viaggio sull'acqua procede, fiancheggiando le coste ripide dalle tinte brune che s'aprono a budelli verticali, che spaccano la montagna e dove, ogni tanto, fa capolino il ritmico rimbombare del treno, che sferraglia su binari che trapassano la roccia aspra.
Del sole non c'è più traccia, schermato com'è dal pendio scosceso dei monti.
Paesi di Licantropi, incastonati nei costoni, s'intravedono tra i chiaroscuri delle ombre fredde.
Scarterò i tetri borghi di Porto Valtravaglia e Luino, e aspetterò che l'orizzonte s'apra a Laveno, per affrancare la barca alla terra, e scendere sul molo ad osservare i traghetti accostarsi al pontile, per vomitare automobili che, dopo mezz'ora di quiete imposta, hanno voglie nervose di mettersi in moto.
Quando entro nel porto l'onda del "Sempione" mi sposta di lato.
Lo lascio passare guardando il capitano al timone.
Ha gli occhi stremati, stanchi di guardare sempre la stessa linea davanti a se.
M'accodo al traghetto, a debita distanza, e mi faccio accompagnare alla riva dalla sua scia, che non fa in tempo a ricomporsi, che già un nuovo Caronte è pronto a tracciare un'altra ferita sulla superficie dell'acqua.
Il Capitano di prima è sceso dallo scafo, e si è seduto come me al tavolino del Caffè del porto.
Visto da vicino sembra ancora più stanco, ed il suo cappello con i fregi è logoro e sbiadito, come se fosse stato troppo tempo esposto al sole.
Egli sorbisce il caffè corretto che ha ordinato, traghettando la tazzina dal tavolo alle labbra con gli stessi gesti ripetuti e monotoni con cui pilota la nave.
Il suo sguardo è perso verso il lago che sta guardando senza che lo veda veramente.
Oramai i suoi occhi sanno solo guardare diritto davanti a se, senza reale coscienza.
A che serve guardare una rotta che non può cambiare, che non ha né curve n'ostacoli se non il finecorsa delle paline?
A che serve una vita che non può uscire dal suo binario, per andare a vedere che c'è al di là del consueto?
Certo, così è difficile sbagliare, ma quale noia, quale sconforto è vivere ogni giorno nei limiti imposti dalla certezza.
Forse ora non più, ma quale voglia sfrenata di portare il traghetto oltre la rotta prestabilita, avrà avuto da giovane il Capitano?
Quale sudore nervoso gli ha solcato la fronte, nello sforzo di trattenere la smania di mettere la prua verso lo spazio libero, e spingere il motore al suo limite per navigare verso altri porti?
E quale forza è stata quella che gli ha bloccato la mano, nell'esatto istante in cui stava sterzando il timone?
Sono solo le paure quelle che ci bloccano nel nostro navigare verso un futuro diverso, o c'è dell'altro?
Io credo di sì.
A volte è il troppo amore che ci limita il passo.
A volte l'amore è una zavorra che tiene ancorato il dirigibile della nostra vita, e che blocca il nostro volo.
In nome di quell'amore capita di immolare se stessi, di chiudersi con esso in una gabbia di vincoli, che ci violentano l'anima.
Noi crediamo sia giusto tarparsi le ali, che sia un gesto dovuto che compiamo in nome di quell'amore, senza renderci conto che, così facendo, cambiamo noi stessi, e che quindi si muterà l'identità di quel sentimento.
L'amore è la sintesi di due anime, così come sono, con le proprie aspirazioni, con i propri sogni e i propri voli.
Se si cambiano le anime quell'amore non potrà più essere lo stesso e, a volte, ne morirà.
Non è affatto vero che l'amore sia un compromesso.
L'amore è contemplazione.
È guardare l'anima dell'altro nel suo volo e compiacersi di esso, è sedersi sulla riva del suo mare per vedere il vento del suo cuore che solleva cavalloni e abbatte scogliere, per poi quietarsi nella bonaccia.
Amare è saper raccogliere i rottami del suo naufragio con la stessa gioia con cui s'issano i gonfaloni delle sue vittoriose regate, aspettando il suo nuovo navigare.
Quello che noi facciamo con chi si ama è un poco come catturare un bellissimo cavallo selvaggio, che nella sua furia corre libero nel vento, e lo si doma per averlo sempre accanto, accorgendoci poi, che con le briglie e la sella da monta, non è più lo stesso cavallo di cui c'eravamo innamorati.
L'amore non è cattura.
L'amore non è né steccato né spazio chiuso.
L'amore è prateria, è oceano, è vento, e due occhi colmi di sentimento che guardano il suo perdersi e ritornare.
Che n'è stato dell'amore del Capitano?
Che sia sull'altra sponda, alla fine di quel filo da burattino che traccia la sua vita?
Che ansia e che emozione può provare al suo ritorno se c'è la certezza?
Che n'è stato del suo cuore di marinaio che voleva il suo viso sferzato dalle onde infuriate del mare dei tropici?
Quel cuore s'è perso per sempre.
È rimasto sospeso sulla traccia nell'aria, di quello sguardo da Capitano triste che timona il traghetto sulla corsa tra Intra e Laveno.
Quando il Capitano si alzò per riprendere il timone del traghetto, sul suo tavolo, scritta su di un tovagliolino di carta lasciato sotto il piattino della tazzina di caffè, trovai una poesia che s'intitolava "Nave in Bottiglia" e che recitava così:
Cosa volete da me?
Che cosa volete da me?
Faccio già tanta fatica a rimanere
nei panni che mi sono cucito.
Per amore...
Solo per amore.
Vi siete già presi il mio corpo e la mia vita,
lasciatemi almeno la mia anima e la mia inquietudine.
L'amore è il mio fardello e lo porterò per tutta la vita.
L'amore è l'ancora e la zavorra della mia nave
che era pronta a salpare per mari lontani.
Ora ho rinchiuso il mio veliero in una bottiglia
che ho nascosto in soffitta tra i sogni dismessi.
Cosa volete da me?
Che cosa volete da me?
Faccio già tanta fatica a restare
ancorato al mio molo.
Per amore...
Solo per amore.
Per voi ho calato le vele e bloccato il timone,
lasciatemi almeno i miei pensieri di carta.
Inutili messaggi senza destinazione
che getto in un mare che sta oltre di me
Cosa volete da me?
Che cosa volete da me?
Faccio già tanta fatica ad essere quel poco che sono.
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- Il racconto è ben scritto e si legge altrettanto bene. Manca un po' un filo conduttore preciso che lo guidi tra tutti gli argomenti che hai toccato. Comunque bravo. Complimenti
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