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Il saluto prima dell'alba
Ricordo che ero disperato.
Ricordo poco, perché sono passati sei anni, ma ricordo bene che era un disperazione abbastanza cupa. Lei mi aveva lasciato e a diciannove anni, dopo aver trovato l'amore vero, se finisce ti viene da morire.
Lei mi spegneva e mi accendeva giorno per giorno in base a quello che faceva, ma non faceva apposta. Aveva solo sedici anni e doveva ancora capire cosa voleva dalla vita. Quando se ne accorse mi lasciò, e forse a dirla proprio tutta fece bene.
Ma vallo a dire al me stesso di quei giorni... Comunque, successe che pochi giorni dopo ci invitarono a tutti e due ad una festa di compleanno, che si svolgeva presso un casolare isolato in mezzo ai monti. Lei mi disse che se volevo non ci sarebbe venuta, immaginando che io sarei stato a disagio. Ma io ovviamente le risposi che doveva venirci, altrimenti non sarebbe stato giusto.
Così ci ritrovammo alla sera della festa (era un sabato sera di fine estate, inizio settembre), ed io con i miei amici andai su. C'era un sacco di gente allegra, cibo e alcolici in abbondanza, e tutti facevano baldoria. La vidi e la la salutai, ma ovviamente stavamo ognuno per conto nostro, io con i miei amici e lei con i suoi. Che tra l'altro erano praticamente gli stessi dato che frequentavamo da molto tempo lo stesso gruppo di persone.
Io avevo iniziato da poco a suonare con il mio gruppo e di solito alle feste come questa bevevamo molto. Avevamo terminato le superiori e quella era l'estate della maturità: l'ultima estate prima di diventare grandi e scegliere della nostra vita. Ma quella sera non bevvi quasi niente, ero molto triste. Ricordo che la seguivo un po', che la tenevo d'occhio, per vedere quello che faceva... So che è sbagliato, ma è quello che è successo e devo riportarlo fedelmente. Lei se ne accorse e mi disse qualcosa, io lasciai perdere.
La casa aveva più piani, e nei piani superiori c'erano diverse stanze da letto. Praticamente tutti gli invitati della festa si erano portati la roba per dormire, di modo da non dover guidare di notte da ubriachi.
Dopo un po' lei andò di sopra con un tizio, non ricordo minimamente chi fosse. Io vedendola andare su persi un po' la testa. Erano soli. Ad un certo punto uno dei miei amici, il sassofonista della mia band, mi porse una bottiglia di spumante alla fragola, veramente stucchevole, e mi obbligò a berne un goccio. Voleva che smettessi di pensare a lei e che iniziassi a divertirmi con loro. Bevvi una sorsata, per farlo contento, e me ne andai verso le scale. Il gruppo di amici miei che assistettero a questa scena rimasero di sasso.
Lei tornava giù in quel momento, sola. Aveva un'espressione scocciata in volto, e devo ammettere che aveva ragione. Non avrei dovuto seguirla. Ma sul momento fu quello a farmi perdere la testa. Le urlai contro che era... Va beh lasciamo perdere quello che dissi. Me ne pentii quasi subito, ma ormai era fatta e non mi trattenei. Lei mi urlò contro una risposta di tutto rispetto. Mi disse che quello li era solo un suo amico e ci doveva semplicemente parlare, che mi aveva lasciato e che dovevo farmene una ragione, che non potevo seguirla qualunque cosa faceva. Io la mandai a quel paese, pensando in cuore mio che stavo sbagliando. Ma non riuscii a trattenermi. Forse pensavo che se non avessi fatto così non avrebbe capito quanto ci tenevo a lei. Se non avessi urlato quello che sentivo dentro non avrebbe mai compreso...
Me ne andai, mentre lei mi fissava incredula. Sbattei una porta, tornai nella sala principale dove tutti facevano finta di niente... Ma avevamo urlato un bel po' e non c'era dubbio che tutti avessero sentito, nonostante la musica alta e la baldoria.
Non ricordo bene che successe poi, i miei amici cercarono di distrarmi e di parlare d'altro. Lei era arrabbiata, e non mi guardava neanche. La festa continuò, gli invitati si scordarono di tutto e bevvero in allegria. Se non fosse stato per la nostra litigata in eurovisione sarebbe stata una bellissima festa di compleanno, perfetta direi. Tutti felici, tutti ubriachi, tutti rimangono a dormire, nessuno guida e nessuno si fa male. Beh, forse non proprio, a pensarci bene. Un mio amico, il batterista del mio gruppo, aprì per scherzo un estintore in faccia ad un ragazzo che per scherzo gli aveva detto che lo ammazzava. La cosa si risolse con un po' di polvere bianca in terra, starnuti e risate di tutti, anche se ricordo che quel tipo rideva un po' meno degli altri.
Dopo un po' mi sembra che con una scusa mi presentai da lei e la trascinai fuori, sotto il cielo stellato, per parlare. Mi scusai, a modo mio, ma lei non era più arrabbiata, solo dispiaciuta. Mi diceva che dovevo rassegnarmi, che non avrebbe cambiato idea. Mi diceva che avrebbe fatto meglio a non venirci, alla festa. E poi non ricordo che altro mi diceva, ma ricordo che eravamo tutti e due molto tristi.
La notte avanzava, e molta gente continuava a stare sveglia e a far baldoria. C'era una nostra amica che era stanca, e così entrammo in casa e l'accompagnammo su di sopra nelle stanze da letto.
Non ricordo bene come, ma finimmo in due letti a castello adiacenti, uno a fianco dell'altra. Eravamo soli nella stanza, anche se c'erano altri letti liberi. Lei si addormentò quasi subito, era tardi ed era stanca. Io non dormii quasi per niente, ma almeno un po' dovetti essermi assopito, perché mi svegliai che era quasi l'alba e la casa era tutta silenziosa. Evidentemente tutti erano a dormire, e anche chi non dormiva non faceva rumore. Mi guardai distrattamente intorno. Nella stanza eravamo sempre soli.
Mi alzai a sedere nel letto e presi un fazzoletto dallo zaino. Mi voltai e lei era li, addormentata al mio fianco. Bella, splendente come sempre, con i capelli che le ricadevano sul viso. Fuori il cielo era più chiaro, l'alba si stava avvicinando, il tempo stava finendo. L'ultima notte con lei se ne stava andando.
Non resistetti, e delicatamente la scossi. "Ila, Ila, svegliati". Lei socchiuse gli occhi e mi guardò, ancora nel dormiveglia. "Che c'è, che succede?". La guardai sospirando, esitai un po', poi d'istinto mi buttai. "Succede che dormono tutti, e ci siamo solo io e te in questa stanza... E poi la settimana prossima vado via, parto per il test d'ingresso dell'Università, lo sai..."
Lei mi guardò e fece "ma come si fa, mica hai la roba dietro...".
Sorrisi, dicendo "si che ce l'ho", e tirai fuori un pacchetto dallo zaino. A quel punto accadde la cosa più strana che poteva accadere. Lei mi disse "e perché non me l'hai detto prima?".
Facemmo l'amore in un groviglio di sacchi a pelo, cercando di non far rumore, con le lacrime agli occhi. Lei mi disse che era l'ultima volta, che dovevo capirlo bene e fissarmelo in testa. Io non risposi, la strinsi solo più forte.
Mentre la notte ormai diventava mattina, io e lei facemmo l'amore per l'ultima volta... In realtà non fu proprio l'ultima, ma comunque una delle ultime. Fu un vortice di emozioni, un uragano, una cosa troppo più grande di noi. L'unico modo per affrontarla era convincersi che in realtà non era niente. Che era una cosa di poco conto.
Era solo un modo per salutarci. Un triste modo per dirsi addio.
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- dolcissimo racconto... certo vivere l'addio in questo modo lo trovo molto particolare... ma forse poi difficile da dimenticare e poi da realizzare...
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