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Compero e vendo oro
Il negozio aveva due ampie vetrine. Vetri blindati pulitissimi. " Compero e vendo oro" si leggeva a caratteri cubitali da un pannello alla porta di ingresso. All'interno non si vedeva mai nessuno. Forse il commerciante c'era, dietro una sorta di separé orientale, con il disegno di un grande pavone dipinto a olio.
La mostra in vetrina non era attraente. Qualche vassoio in argento con allineati dei fili di perle coltivate. Vecchi anelli per dita maschili, con il classico rubino. Quale uomo oggi porterebbe un rubino all'anulare, incastonato in una pesante montatura dorata?
Però c'era questa formula " Compero e vendo oro " che attirava. La scritta in giallo fosforescente la si vedeva sin dall'inizio del viale. Il negozio sembrava una sorta di banco dei pegni, però più discreto, assicurava una segretezza, una solidale comprensione. Come fosse scritto " Compero e vendo oro e non mi interessa altro, non farò domande".
La donna arrivò alla porta del negozio e suonò il campanello. Il negozio aveva un ingresso blindato, vi si accedeva solo se qualcuno apriva da dentro. Clack, scattò la serratura e la signora entrò spingendo con forza il battente. Era arrivata là dopo averci pensato a lungo e per diversi giorni. Addirittura era passata e ripassata più volte davanti a quelle due vetrine, fingendo di interessarsi ai vassoi d'argento nemmeno tanto lucidi e agli anelli degni delle dita di un pretoriano.
Ma la cosa andava fatta e non poteva più attendere.
Entrò esitante.
" Arrivo subito " suonò una voce acuta, da dietro il paravento "Un attimo, prego".
Detto fatto, apparve un uomo non più giovane, con addosso un camice nero, di quelli che i bidelli usavano tanti anni fa.
" Buongiorno signora " salutò guardando la donna in volto e rimanendo il attesa. Gli parve subito una persona indecisa.
" Vedo che lei compera e vende oro..." esordì lei, spostando lo sguardo dal commerciante alle pareti. Si accorse che il locale era davvero disadorno.
" Così è..." confermò lui, con un sorriso.
In genere egli capiva subito se la persona che aveva davanti voleva " comperare " oppure "vendere" oro. In effetti di gente che voleva comperare oro, ne girava assai poca. Diciamo pure che non si sarebbero rivolti a lui, per tale affare.
Lei mise la mano nella borsetta che aveva appoggiata al bancone e sembrò cercare con delicatezza qualche cosa. Ma la ritrasse subito, come pentita da un subitaneo pensiero.
" Io avrei voluto vendere..." disse con un mezzo sospiro. Sembrava che il cappottino che indossava le si fosse fatto improvvisamente largo. Si vedeva che era a disagio. " Com' è che viene deciso il prezzo? " si decise a chiedere.
" Le dirò... l'oro lavorato, a meno che non sia una fattura davvero d'epoca e di per se stessa abbia valore, è trattato in quanto oro, ossia a peso. Poi occorre vedere la qualità e il karato. In ogni caso io compero secondo il valore di mercato. L'oro varia ogni giorno. È un metallo di riferimento".
La precisazione non sembrò interessare molto alla signora.
" Vuole mostrarmi che cosa ha portato? " -chiese il commerciante in maniera incoraggiante. Intuiva che la donna forse aveva qualche cosa di interessante nella borsetta.
Era un brav'uomo, non aveva mai imbrogliato nessuno, salvo appena appena qualche ritocchino sulla piccola bilancia tarata per il peso.
" A dire il vero - rispose la donna - forse sarebbe meglio prima che lei guardasse e mi dicesse quel che ne pensa..."
Si fa degli scrupoli, anche questo è abbastanza frequente , si disse il commerciante d'oro.
Ciò era segno che quello che si voleva vendere era un oggetto di famiglia, una cosa dalla quale era difficile staccarsi, per un senso affettivo radicato.
" Vedrò di essere sincero."
" Non sarei proprio dell'idea di vendere... sa... è un ricordo di mia madre".
" Beh, non ci perde nulla a mostrarmi il gioiello o l'oggetto; forse posso darle un parere".
Il negoziante osservò la donna più attentamente. Mentre lei teneva il capo chino sulla borsetta, egli potè notare i capelli in parte stinti e la linea chiara della ricrescita.
Finalmente ella trasse un pacchettino, o meglio una salvietta di carta che avvolgeva un qualche cosa di floscio.
La mano spinse l'involucro verso il negoziante e con delicatezza ne aprì i lembi. Apparve un braccialetto fatto di sottilissime catenelle d'oro. L'uomo lo prese delicatamente e lo sollevò. Era leggero, le catenelle ondeggiavano e si racchiudevano tutte attorno ad una chiusura ovale ove erano finemente cesellate due chiavi di violino. Tra le stesse era incastonata una pietra, dalla luce purissima.
Tra i due corse un silenzio che parve interminabile. L'uomo ammirava il gioiello tenendolo alto davanti al viso e facendolo dondolare appena. La donna lo guardava ansiosa, con i piccoli occhi azzurri acuti.
" È un bellissimo braccialetto, signora" commentò il commerciante. Dentro di sé egli pensava che raramente s'era imbattuto in un pezzo simile Quella era alta fattura orafa, non era solo questione di " oro" , c'era di mezzo un'abilità artigiana e una pietra di tutto rispetto, un diamante. Lui però questo non era in grado di valutarlo.
Quel monile valeva molto, eccome se valeva!
" Perché mai lo volete vendere? - le chiese - è davvero un magnifico oggetto. Non ne ricaverete mai il suo effettivo valore" .
" Ho bisogno di soldi - rispose la donna, come vinta. Ancora un poco e gli avrebbe raccontato tutti i propri fatti privati. La sua voce era un misto di pianto e di desiderio di verità.
" Questo lo immagino " riprese il commerciante.
" Apparteneva a mia madre, e ancor prima a mia nonna... è il regalo di fidanzamento di mia nonna."
" Ha davvero una fattura molto particolare, direi che risale agli anni venti ".
" È stato realizzato a Baden Baden, nel 1925 " - precisò la signora, riprendendo forza, come se poter parlare del gioiello la riallacciasse a dei ricordi forti.
" Posso esaminarlo da vicino? " - chiese l'uomo con un certo riguardo. Cominciò a provare un certo interesse per la sconosciuta e per l'oggetto che pareva nascondere una lunga storia.
All'assenso di lei, il commerciante prese con delicatezza l'oggetto tintinnante e lo esaminò ad un monocolo che s'era messo all'occhio destro. Le maglie erano in condizioni perfette, la pietra si mostrava davvero pura e con una sfaccettatura tipica degli intagliatori di Amsterdam.
Sotto l'ingrandimento, le chiavi di violino incise nella chiusura si mostrarono eseguite a perfezione. Ma la sorpresa più grande per il commerciante fu quella di notare appena incisa, lieve come un graffio, sotto il diamante, una svastica.
Egli depose il bracciale sul piattino di una bilancia e pose due piccoli pesi sull'altro. Gli esili bracci della bilancia di precisione oscillarono. " Beh... sono venti grammi... anche la pietra ha il suo peso..."
" Quindi?..." chiese lei con una leggera ansia.
" Quindi, cara signora, è un gioiello troppo importante per me. La sola pietra credo valga parecchio, ma io non sono uno stimatore di diamanti". Egli intendeva chiudere l'incontro così, ma la questione della piccola svastica gli suscitava una pungente curiosità.
" Ma lei sa che il bracciale ha un segno particolare? " chiese diretto alla donna, stendendo il gioiello sul bancone, in modo che le catenelle fossero tutte parallele.
" Sì - ammise lei, guardandolo apertamente in viso - c'è una piccola croce uncinata sulla chisura. La fece incidere mio nonno, era un nazista." Disse con una certa fermezza della voce, ma non certo d'orgoglio. Come a dire ammetto subito come stanno le cose, meglio dire la verità.
" Quindi.. Lei ha origini tedesche - interrogò l'uomo, divagando dal punto cruciale - adesso capisco il colore dei suoi occhi così azzurri... mi scuso ma non potevo non osservarli " e sorrise.
" Per certuni aspetti, non mi vanto di queste origini... mio nonno era un fanatico " rispose lei, riportando l'argomento al suo punto dolens, quasi avesse il vecchio Hans Kruger davanti agli occhi.
" Comunque lei non accetta di acquistare questo oro? " riprese il discorso.
" No, signora, le ho già detto che è per me un affare troppo elevato. Soprattutto per la presenza della pietra, che non saprei a mia volta come piazzare, non sono autorizzato a commerciare in pietre preziose".
" Potrei far togliere la pietra e riportarle il bracciale! ... così sarebbe solo e puro oro" insistette lei.
" Certo - osservò lui -potrebbe fare così , ma perché rovinare un così bell'oggetto? Guardi che può essere acquistato molto bene da chi si interessa di gioielli d'epoca, e poi il particolare della svastica lo rende davvero unico, mi creda. Solo che dovrebbe recarsi in una grande città per trattare con un intenditore...- si interruppe pensoso e poi riprese - io, se fossi in lei, il bracciale me lo terrei. Non ha qualche altra piccola cosa in oro, più ordinaria, di cui possa fare a meno? Quella gliela potrei acquistare anche subito."
" Farò come le ho detto - rispose la donna come avesse preso all'improvviso una decisione- andrò da un gioielliere e farò estrarre il diamante. Poi ritornerò qua e le cedo l'oro , sempre che lei me lo acquisti ad un prezzo onesto...".
Nel pronunciare la parola " onesto " la donna provò un brivido. La storia di quel bracciale non era affatto " onesta", ma era una sporca storia di sangue. A voler essere davvero "onesti", quel gioiello non aveva prezzo, visto quello che era costato. Umanamente.
" Come crede, signora - risposte il negoziante prendendo da sotto il bancone un piccolo portagioie in velluto blu e riponendovi dentro il ninnolo.
" Le regalo volentieri questo, nel frattempo. Non vorrà tenere questa bellezza dentro un fazzoletto di carta..." chiuse la scatolina e la porse, sorridendo, alla signora.
Pensava che se la donna fosse ritornata con il braccialetto privo della pietra, egli lo avrebbe acquistato per sé e si sarebbe fatto raccontare la sua storia. Avrebbe sempre potuto sostituire il diamante con una pietra di minore importanza ma ugualmente d'effetto.
" D'accordo, allora -concluse la donna, riponendo la scatolina rotonda e bombata nella borsa.
Egli la vide girare su se stessa, nel modesto cappotto grigio, ed avviarsi alla porta automatica.
Un tocco al pulsante posto sotto al bancone e la porta con il tipico clack si aprì. Lei uscì, lanciandogli un ultima occhiata. (FINE DELLA PRIMA PARTE)
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