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Ronzavano
Sfrecciava la sua macchina... sfrecciava come se il Diavolo in persona la stesse inseguendo...
I riflessi rossi mandavano bagliori sotto il sole cocente.
Il rombo sotto di lui lo faceva sentire bene, la musica martellante gli sussurrava di schiacciare di più
“PIU’ VELOCE DEL DIAVOLO... YEAH... YEAH”
e lui schiacciava fino in fondo.
Inserì la quarta e il motore fece un balzo in avanti, la lancetta ormai prossima ai cento.
Ramona... quelle vibrazioni gli avrebbero regalato la sua verginità... e una sana bottiglia di vino l’avrebbe aiutato.
Le ruote bruciavano sulla strada fumante.
“Posso accendere il climatizzatore?” La sua voce tradiva la paura... e l’eccitazione. Si teneva la gonna stretta in mezzo alle gambe e tichettava nervosamente le dita contro il poggia braccio.
Chiuse i finestrini e accese il climatizzatore; tutto si fece più piacevole.
“Grazie”
Il segnale del limite di velocità visse una frazione di secondo nella sua mente, poi sparì e fu cestinato. I limiti di velocità li rispetta solo chi non sa guidare e questo non era suo caso.
Aveva finito gli studi e i suoi avevano fatto fede alle loro promesse.
“Cavolo, se ci dovesse beccare la polizia...”
“Non ti preoccupare”
Svuota cestino.
Inserì la quinta, ormai sui centoventi... poche centinaia di metri ancora e sarebbe iniziata la grande scalata, l’odore di freni e frizione avrebbero incominciato a riempirgli le nari... avrebbe preso quella rotonda a grande velocità, la musica si sarebbe frantumata sotto il rumore delle ruote che fischiavano e gli applausi del pubblico, avrebbe stretto mani e posseduto tipe a non finire e... sentì un leggero dolore sul fianco, un pizzico.
Abbassò lo sguardo e vide una vespa o un ape del cazzo che lo stava pungendo.
La vespa svolazzò sopra il suo braccio destro, dove si posò a farsi una passeggiatina e sganciò un altro morso.
“Figlia di puttana!”
“Cos...”
Calò la mano sinistra e spiaccicò l’insetto. Il liquido giallo che uscì gli fece venire in mente la scena di un film in cui un ragazzo si schiaccia un brufolo e uno spruzzo di pus giallognolo colpisce lo schermo. Quella volta aveva vomitato. Ma aveva tredici anni e lo stomaco debole, ora ne aveva viste di peggiori.
“Ah, che schifo un ape!”
Dopo la curva si sarebbe pulito.
“Lascia stare, non è niente”
Però la stronza gli aveva fatto male, la puntura pulsava.
“Accosta che ti do un fazzoletto per pulirti, ce li ho in borsa”
Sentì un ronzio e un altro pizzichio sul collo e la sua mano si mosse ancora.
“Che cazzo...”
In quel momento sentì il grido stridulo di Ramona.
“Ahhhhhhhhhhhh”
Che cazzo ha da strillare così!
“Merda!”
Un altra vespa stava entrando in macchina dai bocchettoni dell’aria, e un altra ancora dietro di lei.
Muovevano le loro zampette nere e sottili per aiutarsi e le loro ali, sbattendo sulla plastica nera, provocavano un ronzio fastidioso
Guardò davanti a sè e rimase inebetito davanti a quello che vedeva.
“Cristo santo...”
Uno schiame d’ape gigantesco si stava abbattendo contro la sua macchina in quel preciso istante. Sembravano tante piccole kamikaze quando si sfracellarono contro il tergicristallo.
Pow! Pow! Pow! Il loro corpi scoppiavano nell’impatto.
Un brivido gli percorse le palle.
Ne stavano entrando a decine da tutti i bocchettoni.
Doveva accelerare per togliersi dalla traiettoria dello sciame.
Decine di vespe ormai ronzavano intorno a lui. Si posavano su di lui. Lo pungevano.
Alzò le mani dal volante e iniziò a menare l’aria per scacciarle.
Ramona urlava e si dibatteva, forse piangeva ma questo era il suo ultimo problema.
“Che cazzo fai?!!”
La stupida stava aprendo il finestrino!
“No!”
Il ronzio divenne presto più forte del rumore del motore e della musica.
Sentì un morso.
Un altro e un altro ancora, poi ne fu tempestato.
Le mani e le braccia, il collo e la faccia erano gonfie e pulsavano.
Ronzavano.
Ramona aprì la portiera dell’auto e si buttò fuori dall’abitacolo.
120 Km/h.
Il suo corpo toccò terra e iniziò a rotolare. Si ruppe subito una gamba e un polso. La pelle si sbrindellava per l’attrito con il cemento. Al trentesimo metro il cranio si fratturò contro un sasso e il cervello iniziò a baciare l’asfalto. Al cinquantesimo il corpo si fermò.
“Cazz... argh... uh...”
Erano nelle orecchie, nel naso e in bocca. E ronzavano.
Aveva la faccia coperta da piccoli corpi gialli che si muovevano senza sosta sul suo viso e dentro il suo corpo.
Il piede iniziò a posarsi sul freno, ormai senza forza.
Ormai lo stavano consumando.
L’ultima cosa che sentì era un ronzio molto forte.
L’ultima cosa che assaggiò furono vespe masticate.
L’ultima cosa che provò fu dolore.
L’ultima cosa che vide fu un pungiglione calare sul suo occhio.
Stava tornando verso casa.
Era stanco dopo otto ore di lavoro e camminare sotto il sole caldo gli fece ben presto venire mal di testa. Appena a casa si sarebbe messo a ronfare sul letto, la finestra aperta e della buona musica...
Non finì il pensiero.
Una macchina rossa lanciata a tutta velocità si sfracellò contro il muro del cortile delle scuola.
Un gran rumore.
Nessun tentativo di frenata.
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