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Il Collezionista di Dresda - Prima parte
"Nikolhaus, mi faccia entrare, fa freddo in strada e la gente potrebbe vedermi, apra la porta per favore!" disse Tylith con voce tremante ma decisa davanti al portone scuro di Strehlener Strasse, 10.
La notte ormai era calata su Dresda e anche se questa era una notte particolarmente fredda, lungo la strada la donna aveva incontrato diverse persone e alcune di esse si erano fermate per capire cosa stesse trasportando di così voluminoso e ingombrante. Tylith teneva fra le mani una grande tela che Ernest aveva faticosamente deciso di provare a vendere ad uno dei collezionisti d'arte più facoltosi e potenti di tutta la città.
Possiamo dire che il giovane artista era molto restio nel vendere i suoi quadri e che la sola idea che qualcuno avesse potuto vederli fuori da quello che era il loro "habitat" naturale lo faceva quasi impazzire, il solo pensiero che mani diverse dalle sue avrebbero potuto toccarlo lo mandava quasi in escandescenza, ma quella sera non aveva saputo più contrastare l'insistenza della donna.
Erano giorni ormai, ad essere sinceri, che Tylith provava a convincere l'artista e da giorni lui si difendeva su ogni fronte per evitare che il suo quadro, a cui era fortemente legato, uscisse dalla sua casa.
"Ernest, non puoi tenere la tua arte chiusa e fasciata in carta e lenzuoli nella tua cantina per sempre.
I tuoi quadri sono vivi e come tali hanno bisogno di aria e di luce, hanno bisogno di parlare e di comunicare al mondo tutta la loro forza e la loro bellezza. Hai ritratto Marcella mesi fa e il quadro è di una bellezza sconvolgente, fammi provare ad andare da Nikolhaus a venderlo, dammi l'opportunità di essere te, per una volta almeno. Tu sai quanto io creda nella forza delle tue mani e nella genialità della tua anima e ho la forza di poter proporre e vendere il tuo quadro senza sentirmi in dovere di niente e senza sentirmi sottomessa a nessun potere" , Tylith continuava a parlare e il suo viso si animava di luce propria e le parole sgorgavano come fiumi incandescenti dalle sue labbra.
Il giovane Kirchner camminava nervosamente nella stanza e pensava fumando il piccolo mozzicone di sigaretta parcheggiato da diversi minuti sul bordo delle labbra come sul ciglio di un precipizio, pronto a cadere, prima sarebbe caduta la cenere, poi i suoi pensieri ed infine, lui lo sperava, la donna che avrebbe finalmente taciuto; ma tutto ciò non avvenne Tylith parlava e lui cercava di aspirare qualcosa che non fosse la sua pazienza portata allo stremo dall'insistenza.
Marcella per lui era molto di più di un quadro, essa era l'amore, era il sacrificio e il desiderio costretto a soccombere, non avrebbe mai voluto liberarsi di lei, la tela gli apparteneva e solo così le sarebbe appartenuta anche la donna.
Tylith però continuava ad insistere, in cuor suo lei detestava Marcella, perché aveva posato per lui e perché lui l'aveva desiderata a tal punto da aspettarla per mesi e mesi, vendere quel quadro sarebbe stato come liberarsi definitivamente di lei. Avrebbe potuto continuare anche tutta la notte fino a che lui le avrebbe detto di andare e provare a venderlo.
Quella sera però a Tylith era venuto in mente che aveva promesso a Frivolous e a Van Gogh di pagare la differenza del viaggio che li avrebbe condotti da Roma, città in cui si stavano recando per un fraintendimento, a Dresda.
La donna sapeva che sia il giovane italiano che il suo compagno di viaggio avevano davvero pochi soldi a disposizione e vendere il quadro ad una cifra elevata le avrebbe permesso di rimborsarli e di pagare tutto il buffet che sarebbe servito per il convivio che si sarebbe svolto a casa di Kirckner tra una decina di giorni. Questa motivazione si sarebbe rivelata decisiva per convincere Ernest a vendere la tela. D'altronde poi se Tylith si metteva in testa qualcosa avrebbe fatto tutto il possibile per realizzarla.
Appena Ernest abbassò le difese, lei prese il sopravvento sulla sua volontà e soprattutto sulla tela che ormai, esausta anch'essa, la pregava di portarla via da quello strazio di parole che da giorni perturbavano la mente del pittore e di Marcella.
Finalmente Tylith prese il quadro, perfettamente imballato, e a fatica cominciò a camminare nella notte di Dresda contro un vento pungente che cercava anch'esso di contrastarla con tutte le sue forze, ma alla fine dopo una lunga lotta a vincere fu lei.
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