Moralisti, sociologi e politologi si aggirano nei salotti televisivi. I media si buttano sulla preda e la spolpano fino all'osso.
"È tutta colpa della legge elettorale, della legge dei nominati", pontificano come oracoli. E poi si scopre che gli eletti con una valanga di preferenze sono ancora più corrotti e qualcuno avverte che "i mali delle preferenze li abbiamo già sofferti nella prima repubblica, sono preferibili i collegi uninominali".
Si guarda al centro e i buoi scappano in periferia. Si dice che c'è bisogno di una ventata di novità e arrivano sulla scena giovani arroganti, ubriachi di potere. Gente che improvvisamente si trova con tanti soldi in mano e perde la testa, accecata dall'oro.
I moralisti alzano la voce, indignati. Loro non sapevano, non immaginavano, vivevano sulla nuvola bianca dell'etica, gonfia dei loro sacri principi.
I politologi, che fino a ieri volevano portare lo Stato vicino al popolo sovrano per un controllo diretto e immediato degli eletti, criticano la modifica del titolo quinto della Costituzione, dicono che fu fatto per sottrarre il cavallo di battaglia del federalismo alla Lega. Dimenticano che la sinistra voleva favorire se stessa nel governo del territorio. Un modo elegante per impadronirsi del potere.
È solo un attimo di smarrimento. Subito sociologi e politici illuminati contrappuntano con voce suadente che non bisogna far di tutta l'erba un fascio (loro sono buoni e puri!) e che si deve andare alla radice di questa dissoluzione. E alla base di tutto si materializza un demone, come nel peccato originale. Il Demone corruttore, il Caimano ha abbassato l'asticella dell'etica, della parsimonia, della moderazione. Bisogna ricostruire i partiti di un tempo, ritornare alle ideologie, a formare la classe politica. Ma con quali formatori?
Si distingue da spreco a spreco, da peccato a peccato, da sesso a sesso. Le ostriche rovinano lo stomaco, la colla dei manifesti crea coesione sociale; i festini chiamati convegni, i circoli culturali, i giornaletti disseminati sui marciapiedi hanno una connotazione etico - politica, sono il sale della democrazia. Tutti hanno protestato contro i tagli agli Enti locali in difesa del sociale, ora si scopre che difendevano se stessi, ma si appigliano al fine che giustifica i mezzi.
Un guru, con la pancia piena, da anni continua a blaterare in televisione analisi che nel tempo si sono rivelate sbagliate. Parla di caduta degli Dei, delle ideologie di un tempo; senza memoria il cronista di turno china la testa.
C'è chi con faccia di bronzo, dopo essere invecchiato nei palazzi della politica, tenta di fare dei discorsi alti per un riscatto morale che "il popolo merita".
Quando li sento parlare penso alla folla descritta dal Manzoni. Ondeggia come canna al vento, gridando al ladro al ladro!
Io credo che il male sia sempre esistito e che i nostri padri siano stati capaci di costruire case, strade e ponti, ma non di educarci alla virtù. Viviamo in una società decadente e la politica ne è l'espressione. La virtù non ci appartiene, solo che coloro che "curano gli affari della città", "a causa dell'arbitrio garantito dal potere che hanno, si macchiano delle ingiustizie più gravi e più empie. E di questo anche Omero è testimone" (Protagora, Platone).
Così vanno le cose o meglio così andavano ai tempi di Platone che auspicava dei giudici "nudi" capaci di emettere giudizi giusti e non farsi ingannare dalle apparenze.
Ma i nostri giudici sono togati!