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A pieni polmoni
La sua era una tranquilla famiglia borghese dei mitici anni sessanta. Il padre impiegato alle poste garantiva con il suo stipendio una serena condizione economica alla famiglia. La madre aveva scelto di fare la casalinga, era impiegata presso una sartoria, cuciva per circa sette ore al giorno, un lavoro duro che non le dispiacque di lasciare, la sua condizione di moglie e di madre era più importante di un'indipendenza economica personale da rivendicare. Non aveva certo quel tipo di pensiero, infatti per la maggioranza delle donne la scelta di lasciare il lavoro dopo il matrimonio sembrava una scelta giusta e normale, soprattutto per quelle il cui lavoro era duro e sicuramente poco gratificante..
La donna ha il suo lavoro, il suo dominio, la sua vita nella famiglia.
La madre era una donna serena, che crebbe lei e suo fratello con il sorriso sulle labbra. Operosa, non ricorda Caterina di averla mai vista senza far niente, così a contemplare il cielo. Aveva sempre da fare che fosse cucinare o cucire, stirare, un movimento perpetuo e rassicurante che abituò il suo pensiero a vedere così la sua vita futura. Anche lei come sua madre avrebbe provveduto alla famiglia con amore e dedizione, anche lei si sarebbe gratificata di un bacio del marito, del sorriso di un figlio, cos'altro era importante.
Caterina era sufficientemente studiosa, così che intraprese gli studi magistrali, la madre era entusiasta della sua bambina, la vedeva già maestra in mezzo ai suoi alunni.
Durante il terzo anno di scuola superiore conobbe ad una festa di amici Massimo. Era un ragazzo dolce e riservato e corse subito tra loro una simpatia. Si scambiarono il numero di telefono e cominciarono a frequentarsi.
Massimo era un ragazzo speciale, bello con quegli occhi azzurro mare di primavera, quando il cielo è limpido e terso e l'acqua si riflette nell'azzurro del cielo riempiendolo.
Facevano lunghe passeggiate durante i loro incontri, a volte il silenzio sembrava interrotto solo dallo scalpiccio delle scarpe. Era bello uscire con lui, intelligente e profondo, era uno studioso e il suo parlare non era mai banale. Caterina era incantata dal fascino di quel ragazzo.
Per molto tempo il loro rapporto fu solo intellettuale, avevano piacere di visitare mostre di quadri o fotografie, si esaltavano a girare per librerie a scoprire nuovi scrittori o poeti, poi magari una pizza in qualche stracciata pizzeria del centro storico, niente di più. Solo dopo un anno che si frequentavano lei aveva raccolto tutto il suo coraggio e lo aveva baciato. Era contenta Caterina di aver preso un'iniziativa così importante. Non aveva molte esperienze e i suoi sogni erano gli unici consiglieri. Solo qualche anno prima aveva avuto la prima esperienza di bacio, era ad una festa di compleanno: ballava con un ragazzo più grande di lei, non è che le piacesse gran chè però tutte le sue amiche avevano avuto varie avventure e lei, inibita fin nelle ossa, non aveva mai nulla da raccontare, così si lasciò baciare durante un ballo sdolcinato. Quel contatto non le piacque affatto ma si esaltò, era pur sempre una piacevole novità.
Con Massimo però era diverso, la sua dolcezza il suo garbo, avevano completamente disarmato Caterina. Il suo pudore, la sua inibizione, dopo un anno di incontri erano crollati. Amava quell'uomo e giorno dopo giorno desiderò di averlo.
Lo conquistò con la sua gioia, la sua allegria, non era bella ma aveva un corpicino ben fatto e due grandi occhi neri incorniciati da lunghi boccoli color delle castagne.
Caterina con Massimo si sentiva libera di esprimersi, lui al contrario degli altri, lasciava che fosse lei a condurre il contorto gioco dell'amore.
E fu amore e di quelli grandi, tanto che nell'ultimo anno delle superiori Caterina scoprì di essere incinta.
Massimo che aveva qualche anno più di lei, lavorava presso una biblioteca, come magazziniere. Era un ragazzo volenteroso e bravo che mentre lavorava continuava a frequentare l'Università. Il lavoro in biblioteca lo appassionava e da operaio sognava di diventare bibliotecario. I libri erano la sua passione e quello era il suo lavoro.
Caterina, nonostante sapesse di arrecare un dispiacere in famiglia, decise di tenere il bambino, Massimo dal canto suo si dimostrò maturo e consapevole da rispettare la sua scelta e assecondarla nei suoi desideri.
Si sposò in una fredda ma bella giornata di febbraio, grazie all'aiuto delle famiglie acquistarono una casa vicino alla mamma di Caterina.
Il bambino sarebbe nato a fine agosto, così Caterina pur facendo numerose assenze dalle lezioni, riuscì a studiare e a diplomarsi. Non pensò affatto di lavorare presa com'era dalla sua nuova vita fatta di bimbi, pannolini e pappe. Le piaceva il ruolo che fu di sua madre e la sera seppur stanca era soddisfatta della sua giornata.
Sostenne e incoraggiò il marito a finire gli studi universitari, cercava di sembrare sempre allegra, fingendo anche a se stessa la solitudine interiore che spesso l'assaliva.
Massimo era sempre fuori perchè lavorava fin verso le cinque del pomeriggio, poi spesso correva all'Università o restava in biblioteca a studiare.
Nel giro di nemmeno cinque anni nacquero i suoi tre figli, tutti maschi, terribili e molto affettuosi.
Caterina sembrava sdoppiarsi, ma che dico triplicarsi per riuscire a seguire i figli nella loro vita quotidiana fatta di giochi, compiti, campi di calcio e piscine.
Nella sublimazione della maternità dimenticava spesso la sua natura di persona, di donna, i suoi bisogni, la sua vita. Non ci badava anzi si inorgogliva al pensiero dei suoi sacrifici, aguzzina di se stessa, vedeva il tempo e la fatica segnare il suo viso e il suo corpo senza che le si accendessero guizzi di gioventù inespressa, eppure molte sue coetanee erano ancora libere di scegliere, attente all'aspetto fisico, lei no, lei era convinta che fosse giusto e doveroso il suo sacrificio e sembrava alla fine essere felice della sua infelicità.
Massimo dopo la laurea partecipò a numerosi concorsi per accedere alle qualifiche superiori e, con l'aiuto e l'amore di Caterina, il suo impegno nello studio, vi riuscì. Divenne capo bibliotecario in una grande biblioteca prestigiosa. La loro condizione economica migliorò e Caterina potè godere dei benefici costati tanti sacrifici.
Dalla nascita del terzo figlio la loro vita di coppia cominciò a cambiare.
Caterina nascondeva dietro un volto allegro una pena che giorno dopo giorno diventava più grande. Massimo era sempre affettuoso e disponibile ma sempre più come un fratello e non come un marito.
La giustificazione che lui dava era l'eterna stanchezza, il lavoro e lo studio le rubavano le sue energie migliori e chiese a Caterina di pazientare che sarebbero venuti tempi migliori. Lei si guardava e le sembrava di veder seccare la sua gioventù e la sua voglia di vivere.
Il rapporto sessuale in una coppia è fondamentale e spesso la cultura ricevuta penalizza il pensiero femminile di fronte a questa necessità. Ma rispetto all'epoca di sua madre i tempi erano cambiati, c'era un mondo che correva, che sorrideva, che godeva.
Cercò invano sollievo nella solitudine ma finito il primo momento di distensione, raccoglieva la polvere del silenzio e l'aridità delle sue labbra asciutte.
Ci furono numerosi momenti di tensione fra i due, Caterina invano chiese a Massimo di consultare un dottore, a volte bastano semplici cure per risolvere il problema che li affliggeva. Massimo si opponeva continuando a nascondersi dietro una fantomatica stanchezza.
Caterina allora, contando sui figli che ormai cominciavano ad essere sufficientemente autonomi, organizzò un viaggio per loro due.
Partirono felici di ritrovarsi a passeggiare, come in gioventù, per strade antiche che trasudavano storia, Massimo poi sapeva esaltarla con il suo sapere. Nonostante fosse rimasta a casa confinata nel suo ruolo di casalinga, Caterina aveva coltivato i suoi interessi, leggendo moltissimo e utilizzando il computer come contatto con il mondo. Sentiva di provare una sorta di orgasmo nella penetrazione del sapere, dello scoprire.
Per questo motivo aveva organizzato un viaggio in giro per l'Europa. Dovevano sparire dalla piatta quotidianità.
Parigi l'artista, con i suoi musei e i pasti nei bistrot, leggendo poesie con la bocca leggermente unta dalle patatine moderne.
Vienna con la sua maestà austoungarica, i suoi marmi di un biancore esaltante e poi ancora Praga, piccola bomboniera d'Europa che i piedi raggiungono da una parte all'altra in poco tempo.
Tanta cultura, tante letture, tanti sguardi complici ma poi in quel talamo invitante il silenzio e l'angoscia continuavano a regnare sovrane.
Massimo capì che non avrebbe più potuto addurre come scusa la stanchezza. In effetti non era stanco e aveva piacere di girare con Caterina, amava moltissimo quella donna, ma l'amore che un tempo era carnale si era trasformato in fraterno.
Quel viaggio dimostrò ad entrambi che il loro matrimonio era finito. Caterina però non voleva darsi per vinta, la rabbia dell'indifferenza del suo uomo la divorava.
I figli si accorsero subito che partire non era servito ai genitori per ritrovare l'equilibrio, anzi a dire dal loro umore era decisamente peggiorato.
Caterina era furiosa ed ogni pretesto era buono per iscenare litigate pazzesche. Massimo si trincerava dietro un mutismo ostinato, agli occhi di Caterina sembrava diventasse un muro di gomma dove le sue urla e i suoi colpi rimbalzavano tornando a colpirla.
Un giorno però si decise a parlarle, approfittando di un momento di solitudine e quiete:
" Caterina devo parlarti e ti prego non mi interrompere " Caterina era seduta sul divano del salotto che leggeva, al suono della sua voce alzò la testa e posò i suoi grandi occhi neri sul viso di Massimo, amato volto, desiderato in quelle notti di vuoto e odiato per tutto il dolore che quell'amore le provocava.
Massimo dopo aver preso fiato e coraggio: " Ho pensato molto a noi due, non parlare ti prego altrimenti finisco per non dirti mai nulla, mi rendo conto che ai tuoi occhi sembro un egoista, trascuro in verità da molti anni un bisogno che è anche mio, oltrecchè tuo. Eppure Caterina io ho capito che non posso più continuare a starti accanto, non è giusto penalizzare la tua vita affettiva a causa del mio problema " a quel punto Caterina, felice che fosse lui a tirare fuori il discorso: " Massimo se te ne sei reso conto sappi che ci sono un'infinità di cure per questo problema" Massimo delicatamente le pose una mano sulla bocca per tacitarla:
" Ascolta Caterina io questo problema me lo sono posto da tanti anni, non credere che sia piacevole vedere la propria compagna insoddisfatta, sentire i suoi pianti sommessi, ho provato a ricorrere alle cure di un medico, ma nulla di fatto.
Il problema era infatti di natura psicologica, ho intrapreso il lungo percorso della psicoanalisi. Un lungo viale irto di pericoli e molto faticoso da percorrere, buche improvvise sembravano spazzare via il lavoro di mesi. Alla fine però questo lavoro ha dato i suoi sperati frutti. Caterina guardami, io ti amo veramente ma ho capito che verso di te non provo più alcun sentimento carnale." a quel punto Caterina non potè più tacere: " Allora hai un'altra brutto bastardo e adesso mi stai indorando la pillola con le tue paroline dolci di merda EH. " rossa in volto con le lacrime che uscivano nonostante le ricacciasse dentro, si alzò di scatto ma Massimo la fermò e la pregò di rimanere seduta: " Fermati non ti arrabbiare, lo sò che non è facile accettare certi argomenti ma non posso fingere con te, la madre dei miei figli, non posso " di rimando Caterina sempre più furiosa: " Allora sputa il nome della puttana.. eh non continuare con le tue solite scene" gli occhi di Massimo si indurirono, come il mare d'inverno, freddo quasi ghiaccio: " Non fare la cretina ti prego, io ho preso coscienza di una realtà che forse mi è sempre appartenuta, non lo sapevo, non sapevo decifrare i messaggi che il mio corpo mandava, tu sei stata per me una donna meravigliosa e sei l'unica a cui confido questa mia scoperta, Caterina io non provo più alcuna attrazione per le donne, da anni mi trovavo a turbarmi di fronte ad alcuni uomini, una sensazione indecifrabile che mi terrorizzava. Ho dovuto fare un lungo percorso di accettazione della mia omosessualità. Adesso finalmente mi sento libero di esprimerla senza vergogna e tu sei la prima persona dopo l'analista che lo sa"
Le parole le si asciugarono sulla lingua, il palato riarso come il deserto a mezzogiorno, gli occhi sembrava penzolassero dalle orbite, tanto lo sgomento li aveva fatti sgranare, si alzò senza dire una parola, sconvolta si diresse in camera da letto e si lasciò cadere in un sonno insolito ed improvviso.
Massimo accortosi dello stato della moglie dopo aver atteso per circa un'ora non avvertendo alcun rumore provenire dalla camera da letto, aprì delicatamente la porta e vide Caterina riversa bocconi sul letto, spaventato la chiamò e la scosse con dolcezza ma solo sommessi mugolii furono la risposta. Restò tutta la notte accanto alla donna, non sembrava sonno naturale, sembrava piuttosto che fosse stata sedata. I figli non sarebbero rincasati perchè erano fuori città.
Quella notizia, così inaspettata, le fece l'effetto immediato di un'anestesia. Le forze le vennero a mancare e la vista del letto le era sembrata l'unica vita d'uscita.
Dormire, non vedere, non sentire, dormire senza sogni senza aspettative, dormire per confidare nel tempo la soluzione di tutti i problemi.
Rimase in quello stato per circa dodici ore di fila, poi fu proprio Massimo a destarla con un caldo e fumante caffè. Sul comodino aveva sistemato una rosa rossa che era uscito a cercare per lei.
Caterina sembrava fosse colta da un attacco di mutismo, pur volendo sembrava che le parole non le uscissero, guardò il marito negli occhi e a quel punto capì di averlo perso e che a nulla sarebbero valse le sue lacrime.
Si guardava attorno una luce nuova sembrava investisse la stanza. Una forte sensazione di smarrimento e vuoto la invase, lo stomaco le sussultava e corse in bagno per evitare di sporcare la camera.
Massimo continuava a sedere sulla sedia in fondo alla camera da letto, muto e assorto guardava il dolore della sua compagna con la sgradevole certezza della propria impotenza. Voleva aiutare Caterina ad accettare questa situazione, voleva poter ancora amare quella donna, parlarle come ormai faceva da più di vent'anni.
Caterina dal canto suo invece si sentiva rifiutata e il fatto che il marito avesse chiarito a se stesso la sua omosessualità, le sembrava un tradimento peggiore.
Vomitò in quel bagno il suo amore, vomitò la sua morale, il suo ideale di vita. Una volta libera una strana pace interiore le consentì una calda doccia.
Una donna nuova uscì da quel bagno, come se quell'ora davanti allo specchio le avesse fatto capire che seppure con difficoltà, lei sarebbe riuscita ad affermare se stessa ed a colmare quella voragine affettiva che le impediva di essere serena.
Per tanti anni Caterina era ricorsa a cure antidepressive, punture e pasticche al posto di una manciata d'amore.
Ora la vita, magari con uno schiaffone le offriva una nuova opportunità per riscattarsi.
Avrebbe colto quel fiore spinoso seppur bellissimo e profumatissimo che è la libertà?
Uscì dal bagno e si diresse nuovamente in camera da letto, Massimo la osservò mentre si vestiva, il corpo, nonostante le gravidanze, si manteneva sodo e sinuoso. Per lui Caterina era la donna più bella che mai avesse conosciuto, una regina che lui aveva però rinchiuso nel suo trono di cristallo, bello e lussuoso ma freddo e gelido come può essere un vetro, seppur pregiato.
Raccolte le forze Caterina con una pacatezza inquietante si decise a parlare a quell'uomo:
" Ho molto riflettuto sulle tue parole, ho molto pianto la tua perdita, ho per qualche ora smarrito il senno, lasciando che il delirio la facesse da padrone, alla fine ho però scelto di vivere questo evento come un'opportunità della vita. Ritengo perciò che non sia più il caso di condividere lo stesso tetto, certo per il momento non ho uno stipendio e non posso permettermi di dettar legge"
Massimo ridestatosi dal torpore dell'attesa: " Caterina io voglio che non ti manchi mai nulla, se io oggi sono quel che sono lo devo solo a te che con pazienza e dedizione mi hai consentito tutto ciò che ho fatto "
" E ho sbagliato " lo interruppe in modo acido Caterina " Avrei dovuto pensare alla mia vita, forse oggi avrei un lavoro che mi garantirebbe l'indipendenza economica."
" Ma io ti consentirò comunque una vita tranquilla, la casa sarà solo tua e ti darò quello che ti occorre per vivere "
" Per il momento sicuramente ne ho bisogno, devo ricostruire la mia vita.. devo ricostruire la mia vita..." ripetendo quasi ossessivamente a voce sempre più bassa questa frase Caterina prese il cappotto, poggiato sull'attaccapanni all'ingresso e, senza salutare Massimo, uscì, lasciando che la porta si chiudesse pigramente alle sue spalle.
Massimo rimase confuso e smarrito dall'atteggiamento di Caterina, l'occhio quasi vitreo di sua moglie lo aveva vagamente spaventato: " Dove è andata? " si chiedeva, era evidente che fosse fuori di sè ma camminare all'aria aperta fa bene, tonifica. Così sperava Massimo mentre cercava di sistemare le sue cose per poter andare quella sera stessa nella sua nuova casa.
Aveva infatti da circa un mese comperato un grazioso bilocale a pochi isolati da casa sua, lo aveva fatto con l'intenzione di non abbandonare la famiglia. Amava i suoi figli e voleva rimanere a vivergli vicino, oddio non è che li vedesse poi molto, del resto il più piccolo aveva da poco compiuto ventun'anni, mentre il più grande ne aveva quasi ventisei; bravi ragazzi dediti allo studio che Caterina aveva sempre seguito con amore e dedizione.
L'idea di andare a vivere da solo lo eccitava immensamente, era come rinascere in un'altra esistenza.
Da qualche tempo poi aveva conosciuto Stefano, un insegnante di scuola superiore, appassionato di letteratura greca antica che passava ore a studiare nella biblioteca diretta da Massimo. Erano circa due mesi che Stefano frequentava la biblioteca, cercava testi strani e una volta trovati si perdeva tra i libri per ore.
Stefano era un uomo di circa trentacinque anni, alto con un fisico tonico e atletico, aveva dei morbidi capelli scuri e una pelle bronzea. Non era di origine italiana ma peruviana da parte di madre. Massimo era terribilmente attratto da quell'uomo e fingeva di leggere o prendere appunti pur di guardarlo.
Solo una decina di giorni fa le si presentò l'occasione di parlargli.
Si persero nei meandri della letteratura, libri che Massimo mai avrebbe creduto di leggere, vibrazioni sottili di sguardi e di mani sfiorate.
Si rese conto Massimo di aver preso una cottarella come un ragazzo, lui uomo di quarantaquattro anni, distinto direttore di una prestigiosa biblioteca si nascondeva dietro i tendaggi fingendo di raccogliere una carta, per osservare quell'uomo.
Dal giorno in cui si parlarono per la prima volta nacque fra loro un'amicizia, Stefano lavorava presso un liceo del centro, era precario ma insegnando lettere antiche riusciva sempre a trovare una supplenza annuale. Viveva in un piccolo monolocale in affitto e fu lì che invitò Massimo a studiare.
A Massimo non era mai particolarmente interessata la letteratura antica, ma capì subito che quello era l'unico argomento per entrare in amicizia con Stefano. Scoprì il fascino dei greci, lo scoprì perdendosi nelle labbra carnose e negli occhi caldi di quell'uomo.
Un'eccitazione forte che mai le donne le avevano suscitato. Si ricordò infatti che se non fosse stato per Caterina lui mai avrebbe osato sfiorarla. Con Stefano era diverso, sentiva una passione crescente divorargli il cervello, doveva dosare i suoi movimenti e le sue parole. Si vergognava di palesare i suoi sentimenti, del resto se l'altro non avesse gradito avrebbe perso anche l'amicizia.
Era questo l'animo di Massimo quando preparava le valigie, accatastando libri e cd vari, era un animo triste, per il male che arrecava alla sua compagna, ma felice per le novità che la vita gli riservava.
Caterina camminava assorta in un pensiero assente. Guardava e non vedeva, tanto che più di un'automobilista le aveva suonato per avvisarla dell'imminente pericolo. Vagava di strada in strada senza formulare nè pensieri nè ipotesi. Era certa di non voler tornare a casa, tutto di quel posto la faceva soffrire.. ma dove andare?
Camminò senza una meta per circa due ore, poi il trillìo del cellulare sembrò ridestarla, era suo figlio, il più grande che la cercava.
Pigrizia, silenzio e dolore, l'impegno assunto con quei volti postulanti, la voglia di fuggire da tutto e da tutti, buttare quel telefono che squilla e prendere un'autobus per il nulla.
I squilli proseguivano e lei continuava a guardare il telefono senza rispondere, poi però rispose.. che cosa c'entrava quel figlio con la loro storia?
Il quotidiano l'afferrò per il collo e fermò i suoi pensieri stolti, una mano invisibile la ricondusse sui suoi passi ma qualcosa era da quel giorno definitivamente morto e sulla morte bisogna costruire la vita. Anche una carogna in decomposizione, per quanto ripugnante sia, offre vita, così le esperienze dolorose... sicuramente... ma dopo... quando avremo trovato una via d'uscita. Come il bimbo che per nascere si mette in posizione e vede in lontananza il filo di luce che filtra dalla vagina, come il bimbo che spinge con forza per uscire allo scoperto, alla nuova vita e rimane per un attimo accecato dalla luce violenta, mentre i polmoni si riempiono d'aria, la nuova aria; così Caterina, all'interno del suo io rannicchiato, quiescente, in attesa di una spinta che la catapulterà fuori ad una nuova vita, una vita a pieni polmoni e con gli occhi luminosi... la sua.
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- Sei sempre il più attento e puntuale... hai ragione ma pensa che fa parte di un polpettone che ho scritto ahahah arrivata alla 100sima pagina mi sono rotto e l'ho lasciato a marcire nel cassetto... poi ho pensato che diviso era meglio ciaoooooo
- Racconto breve non direi (scherzo) scritto in grande stile quindi meritevole di attenzione.
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