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Un grande amore comincia in silenzio 1 parte
Ci conoscemmo un giorno di fine aprile, non ricordo la data. Insieme con Enrica e Maria Grazia eravamo uscite dalla scuola dove frequentavamo un corso per stenodattilografi. Mio padre voleva a tutti i costi che imparassi la stenodattiloscrittura, perché sperava di trovarmi un buon lavoro.
Enrica era una ragazza simpatica e un po' casinista che Maria ed io avevamo conosciuto al corso. Avevamo in comune quell'insano e adolescenziale gusto per l'esagerazione. Ci piaceva bere e fumare e spesso ci si vedeva di pomeriggio, magari a chiacchierare all'osteria della piazza
Devo ammettere che ero un po' esagerata a quei tempi.
Visto che mio padre aveva deciso di non mandarmi più a scuola per tutti i problemi che gli avevo dato, decisi di darmi alla bella vita, del resto avevo diciotto anni e finalmente ero maggiorenne.
Voi direte una peste? Sissignori ditelo pure e non me ne curo. Avevo passato il mare con gli zoccoli, come si dice dalle mie parti, per tutta l'infanzia e passi, poi la donna di mio padre che lasciamo stare se no non bastano trecento pagine. Alla fine pure la scuola... per mio padre o tutti otto o niente da fare, lavorare... ero giustamente incazzata con lui, però, come è mio solito, cerco di prendere dalla vita sempre il meglio. In fondo non avevo più tutte quelle cazzo di versioni e potevo finalmente darmi allo studio di quello che mi piaceva. Macinavo libri su libri e scrivevo, scrivevo fiumi di parole a volte tutte uguali, tutte disperate.
Ma questa non è la storia solo mia così riacciuffiamo da dove mi ero persa... si, Enrica è vero, una matta scatenata, che mi si affiancò e che mi affascinava con quei suoi occhi scuri e carnosi. A quel tempo mi piaceva stare con le donne, non potevo farci molto ma mi piaceva la loro compagnia. Maria e Carla erano le mie amiche fisse, condividevamo tutto meno che gli uomini, quelli erano un appannaggio loro, io ero una frana, perennemente innamorata che non concludevo mai un cazzo.
Ovunque andavamo loro si facevano storie emozionanti e io? Una cretina al palo o magari con alle costole quello di cui proprio non ti frega assolutamente nulla.
È la solita depressione dei poeti...
Enrica aveva un amico, un certo Enzo, ne parlava in continuazione, credevo fosse il suo ragazzo. Poi un giorno, dopo che probabilmente le avevo frantumato le orecchie con la mia disperazione, che l'alcool non aiutava di certo, mi disse che voleva presentarmi questo suo amico.
Mi ricordo che la guardai vaga, della serie " ma che me frega a me dell'amico tuo!!! " però le strascicai un banale: "Si si.. poi.." Insisteva Enrica e mi guardava, ricordo che mi infastidì, poi ci mise il carico da dodici: " Sai perchè ti devo presentare il mio amico? Perché siete molto simili.. si si vi devo presentare ahahahah dai " le risposi scocciata, mi sembrava un'agenzia matrimoniale, io stavo tanto bene per cazzi miei: " Senti Enrì non me rompe le palle co' st'omini... non ci voglio pensare proprio.. sto bene così di fregature ne ho già prese a sufficienza non credi? "
" Sirviè ma Enzo è diverso credeme... "
" Senti non me ne frega una mazza ok? E adesso me ne vado a casa che è tardi "
Andò avanti per un mese questo tira e molla, tanto che cercavo di evitare di vederla il pomeriggio.
Poi quella mattina di fine aprile andavamo a prendere l'autobus per tornare a casa, quando ad un tratto Enrica saltò come una molla urlando: " ENZOOOOO ENZOOOO " e corse verso il semaforo,
dove si era fermato un motorino rosso, sopra il quale era seduto un ragazzo, che in lontananza sembrava disegnare una linea scura, tanto era smilzo.
Enrica le saltellava intorno, come era suo solito, mentre io e Maria sopraggiungevamo lentamente. Tra me pensai a tutto quello che Enrica mi aveva detto di questo tipo.
Enrica entusiasta, rivolta ad Enzo: " Enzo guarda chi ti presento Silvia " Maria Grazia l'aveva ignorata volutamente, tanto che si presentò da sola.
Ricordo ancora che quel giorno indossavo una delle mie solite gonne fiorate con gli stivaletti con sopra una giacca di panno nero, mi sentivo decisamente freak, come dicevamo all'epoca. Con il vento la montagna di boccoli ricci mi vorticava in testa, credo che sembrassi una medusa o giù di lì.
Non mi interessava conoscere quel tipo e quasi stancamente mi presentai: " Ciao Silvia..."
Ci invitò a fumare. Ci andammo a sedere in un giardino di una residenza religiosa, allora aperta al pubblico, cosa impensabile di questi tempi ma eravamo negli anni ottanta e ora capisco quanto fosse tutto più semplice.
Ci accoccolammo in cerchio, perchè è così che ci si passa meglio una canna, ma è anche un modo per stare più a contatto. Enzo sembrava a suo agio in mezzo alle ragazze, era spigliato, poi c'era Enrica che gli si strusciava tutta euforica.
Parlammo di poesie e della mia passione per lo scrivere, così Enzo mi invitò ad andarlo a trovare il pomeriggio presso la biblioteca che curava come volontario, per il centro di recupero per le tossicodipendenze.
Gli promisi che ci sarei andata ma se ne dicono tante no?
Eh no perché c'era Enrica che rompeva i coglioni, eh sì, era interessata a tessere la tela per il suo amico... mah!!!!!
Andai con lei e con Maria Grazia a trovarlo e passammo un pomeriggio veramente piacevole. Enrica dopo un'ora se ne andò noi rimanemmo perché avevamo intessuto un bel conversare sul Leopardi, che era uno dei suoi autori preferiti. Io rispetto a lui ero una povera ignorantella e di Leopardi avevo una visione diciamo scolastica. Quel pessimismo pacato e lacerante, che tanto mi assomigliava in verità, lo detestavo. Enzo con poche parole era riuscito a farmelo diventare d'un tratto simpatico, più umano.
Non assomigliava neanche un po' al tipo di maschio che mi faceva trepidare, diciamo, però la sua voce calda e il suo sapere me lo rendevano simpatico e interessante. Magrolino con le orecchie leggermente a sventola, quel pizzo che si era fatto crescere da intellettuale. Gli occhi erano però di un bellissimo marrone intenso quasi nero, li sentivo addosso che scivolavano sottili e mi sorpresi ad esserne gratificata.
Dopo un paio di giorni da quell'incontro, Enrica arrivò a scuola e chiamatami in disparte mi consegnò una lettera, con un fare un po' sospettoso: " Questa è da parte del mio amico Enzo " gli occhi furbetti e sorridenti. Una lettera? Perché una lettera...
La misi in borsa l'avrei letta a casa.
La dimenticai per tutto il giorno, non ricordo cosa feci ma a quell'epoca ero molto impegnata in divertimenti plurimi.
L'altra mia amica del cuore era Carla, alta e dinoccolata, aveva un seno grande e morbido, cosa che attirava l'attenzione dei maschi, frequentava l'istituto per il turismo, la cui sede è dietro Piazza della Repubblica. Quando faceva il turno di pomeriggio usciva alle otto e spesso con Maria Grazia se no da sola, la raggiungevo e passavamo la serata in giro per il centro.
Peregrinavamo per librerie e avevamo conosciuto un tipo strambo, che lavorava in una grande libreria di Via Nazionale, vicino alla Galleria Nazionale D'Arte Moderna. Dopo le otto il tipo rimaneva dentro a riordinare i libri ma teneva aperte le porte perché non credo amasse la sua solitudine. Era un appassionato di poesia e ci divertivamo a leggere versi, che lui trovava per noi, era un uomo dolcissimo per quanto inguardabile, poveraccio...
Non ho mai riflettuto se avesse sperato in qualcos'altro da noi, forse... chissà a pensarci ora... ma all'epoca eravamo giovani, distratte ed egoiste. Ci intrigava la letteratura e lui era un ottimo mezzo. Noi eravamo ragazzine curiose e lui era un uomo, che aveva passato la trentina. Del resto pensavamo che doveva pur bastargli la nostra compagnia... in fondo altrimenti sarebbe stato solo, ce lo diceva spesso ma non capivamo la drammaticità del suo parlare, eravamo ragazzine che si atteggiavano ad intellettuali.
Poi quando chiudeva, sempre dopo le dieci finivamo per ubriacarci insieme sbattuti in qualche bar. La stazione Termini non era proprio un bell'ambiente: barboni, tossici, alcolizzati e puttane erano nel loro ambiente naturale, eppure nessuno ci ha mai molestato o quantomeno provato, altri tempi forse!!.
Si beveva, si fumava tutt'al più e si ascoltava musica di strada. Volevo una vita bohemien come Kerouac, Ginsberg e tutti gli altri miei idoli. Inoltre all'epoca avevo una voce che ricordava vagamente quella di Janis Joplin e cantavo spesso con quella passione sognante degli adolescenti.
Una volta a casa aprii la lettera, saranno state le due di notte o giù di lì. Ero come al solito mezzo ubriaca ma quella non era una novità, perché finiva sempre che si esagerava con le birre..
A quell'epoca dormivo ancor meno di oggi, perché a casa mia non mi potevo permettere di fare la fattona e magari tirando il fiato con i denti, alle sei di mattina ero sempre in piedi, mio padre mi svegliava, magari con il caffè...
Non avevo sonno, nonostante fosse tardi e accesa una sigaretta, ero una ciminiera, mi ricordai di quella lettera.
Ragazzi la lessi e rilessi per ben due volte... era bellissima davvero... però... oddio... rimasi per un tempo indefinito a guardarmi intorno smarrita - che voleva questo... era tanto gentile per carità! ma... ma non se po' guardà...- pensa che ti ripensa che faccio... gli riscrivo.. non c'erano gli sms e nemmeno le mail... rimaneva carta e penna e l'amica disponibile, al posto delle poste.
Visto che sono poeta, e visto che sono poeta sconvoltona che faccio? Mi perdo in una miriadi di cazzate tipo: ti ringrazio per queste tue belle parole ma io sono un fiume in secca con i pesci boccheggianti... e via di seguito. Della serie " lasciame perde che è meglio ".
Pensavo di averlo scoraggiato abbastanza e invece... dopo nemmeno due giorni rieccoti Enrica con una lettera di Enzo.
Questa presentava un tono irritato, si vedeva il tratto nervoso della penna. In modo garbato rifiutava quella mia chiusura verso l'altro, voleva in pratica che gli permettessi di provare ad amarmi.
Mi è rimasta impressa una frase di quella lettera: " Non posso accettare di sentirmi rispondere da una donna, a cui stai dicendo che l'ami, che è un tronco arido o un fiume in secca ", aveva ragione e mi veniva da ridere, però non mi piaceva e non mi andava di dirglielo brutalmente... anche perchè nessuno mai mi aveva scritto lettere d'amore e non mi andava di perderlo del tutto.
Ammorbidii i toni della risposta, chiedendogli di avere pazienza perché venivo da situazioni drammatiche e.. non me la sentivo. Gli chiedevo amicizia perché ne sarei stata gratificata.
Puntuale di lì a due giorni una nuova lettera, con Enrica curiosa come una scimmia, che nel darmela mi chiese: " Ma allora con Enzo come va? Non vi siete più visti? " Infame lo sapeva benissimo ma continuava a fare da ruffiana. Sembrava avesse il compito di sbattermi tra le braccia del suo amichetto.
Seppi in seguito che lei faceva parte delle tante amiche che Enzo aveva amato senza essere corrisposto e di cui aveva accettato di essere solamente amico, così per il piacere di starle accanto.
Ora non le pareva vero di rimediare al suo amichetto una donna e per di più con quel nome ma io non lo sapevo e mi irritava la sua pressione così le risposi acida: " Senti te e l'amico tuo non mi rompete le palle hai capito? Se ti piace tanto Enzo stacci tu no? " Lì rimase zitta e vagamente mortificata, poi quasi sussurrando: " È un ragazzo dolcissimo, soffre tanto sai? " una stilettata mi arrivò dritta al cuore.. oddio che palle sto sentimentalismo!!!
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