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Adolescena inquieta (prove generali per un approccio sessuale)
La fine della fanciullezza per i ragazzi del gruppo, fu sancita quando insieme alla nascita dei primi "cacchioni" si svilupparono desideri fino allora sopiti.
Le ragazze, prima snobbate, cominciavano ora a catturare l'attenzione dei novelli conquistatori, l'obiettivo da raggiungere era il primo vero bacio, traguardo presto centrato da tutti, pur se in tempi e con modalità diverse.
Una volta avviato il meccanismo, le voglie aumentavano, perlomeno quanto la peluria nel corpo ed allora il tanto agognato bacio si trovò svalutato, rispetto al nuovo prestigioso obiettivo che gli impazienti corpi reclamavano.
Vista la giovane età e l'inesperienza, ma soprattutto la giusta tenacia delle ragazze nel salvaguardare la purezza mantenendo i rapporti nei limiti, passarono anni, prima che qualcuno confidasse con orgoglio di essersi fatto uomo.
Nel frattempo però i desideri andavano assecondati: lo furono inizialmente grazie ai sistemi tradizionali, che stancarono però presto i fautori delle pratiche solitarie; intervenne quindi in loro aiuto la fantasia, che produsse originali alternative adottate particolarmente da un insolito personaggio del quale vado a raccontare.
A settembre la notte inizia prepotentemente a rubare minuti al giorno, il verde che trionfava sugli alberi vestiti dalla primavera comincia a cedere il passo al giallo autunnale, segno inequivocabile di una lenta ma inevitabile morte, portata dai primi venti nordici che assieme alle foglie spazzano via gli ultimi felici ricordi estivi.
È in questo malinconico clima che il nostro bizzarro personaggio venne alla luce, dopo un lungo e sofferto travaglio si affacciò al mondo, il quale si dimostrerà con lui avaro nel dispensargli soddisfazioni e prodigo nel concedergli amarezze.
L'ingrata natura aveva su di lui infierito donandogli la pigmentazione di una medusa, rendendo il feto cianotico, bianco come il lardo di Colonnata.
Reciso il cordone ombelicale, non senza fiera lotta, il neonato con la sofferenza nel volto, strappato dalla sicurezza del grembo materno, volse lo sguardo interessato, verso l'organo che gli aveva donato la vita, con la certezza che mai più avrebbe avuto il piacere di vederlo così da vicino.
Solo grazie ad un esame batteriologico fu possibile ottenere risultati positivi sulla sua natura sessuale, tanto erano ridotte le dimensioni dell'organo riproduttivo dello sventurato.
Con del sarcasmo fuori luogo, l'ostetrico suggerì di chiamarlo Candido o in alternativa Albino, tra le risate del personale medico e paramedico, accorso in massa per l'insolito evento, incurante del dramma che stava affliggendo il primate. Fortunatamente prevalse la ragione e gli fu concesso un nome dignitoso, che non svelerò per evitare di rendere il protagonista conoscibile, quindi convenzionalmente gli attribuirò il nome di Rigoletto.
Cresciuto in cattività, fuori dal suo habitat naturale (la famiglia era originaria delle langhe piemontesi) Rigoletto non tardò a manifestare segnali d'inquietudine ed insofferenza, fin quando con le sue esili labbra tremolanti, diede vita con un sottile filo di voce, alle sue prime parole, che non furono come la tradizione vuole: "mamma" o "babbo" ma "Ora et Labora" motto Benedettino che farà proprio, portandolo ad esempio per il resto della vita.
Seguì un'infanzia anonima, durante la quale forgerà il suo carattere schivo ed introverso tipico delle genti Padane.
Denotò presto una spiccata attitudine agli studi ai quali si dedicò con entusiasmo, il che gli permise di frequentare i salotti prestigiosi dell'Arezzo bene, dove cominciò ad ostentare le proprie virtù intellettive; l'adolescenza colse però Rigoletto impreparato e la tempesta ormonale che lo travolse gli rese tale periodo, tradizionalmente difficile, traumatico.
Le ragioni della natura prevalsero su quelle dell'intelletto, portando Rigoletto, ormai uomo, alla ricerca dei piaceri materiali: stanco di saziare la sola fame di conoscenza cercò di soddisfare le pretese della digiuna carne.
Sfortunatamente per lui i successi ottenuti tra i banchi di scuola, stentarono a ripetersi in questo difficile e complesso mondo.
Stufo dei monotoni metodi tradizionali, atti a placare i bassi istinti che si erano di lui impadroniti, approfittò del suo innato senso pratico, per trovare delle valide alternative e dopo varie ipotesi scartate per difficoltà d'applicazione, riuscì con successo a congiungersi carnalmente con un prosciutto disossato.
L'impeto con il quale consumò l'amplesso fu di tale portata e trasporto, da fargli dimenticare ciò che la tradizione toscana impone in materia di prosciutti: una generosa salatura, che gli procurerà una fastidiosa infiammazione genitale, curata con salutari impacchi di malva sulla fonte del peccato, non prima di aver dovuto fornire imbarazzanti spiegazioni agli esterrefatti genitori.
Segnato dalla tragica esperienza, in seguito, per placare l'istinto primitivo, userà solo prosciutto cotto, la gelatina che lo ricopre, gli avrebbe peraltro favorito la penetrazione.
In occasione delle feste Natalizie, stanco di seviziare prosciutti cotti, trascinato da un impeto morboso, diede sfogo alla propria perversione cominciando ad abusare sessualmente dei panettoni, non prima di averli forniti di provocanti perizoma. Esaurite le pur considerevoli scorte, si approfittò dei dorati pandori, fin quando in prossimità della Santa Pasqua, riuscì persino a sodomizzare la tradizionale colomba.
Il difficile rapporto con il sesso e con i suoi surrogati, lo indusse presto ad orientarsi verso una saggia decisione, l'astensione totale da ogni pratica legata alla sfera sessuale, che lo condurrà verso una sana ed irreversibile asessualità.
Questa repressione del naturale e salutare sfogo, avrà la piacevole conseguenza di far salve le derrate alimentari della famiglia di Rigoletto, ma al contempo influirà pesantemente sulla condotta futura dello stesso, provocandogli la proverbiale irascibilità che tuttora lo caratterizza.
Anche se non nella misura di Rigoletto, altri personaggi escogitarono valide alternative per placare gli ardori giovanili, tra questi il Pancio detto anche Braciola, che deve questo soprannome, proprio allo strumento usato per compiere la singolare attività di svago, che vedeva come protagoniste passive delle fettine di carne, rigorosamente di primo taglio.
Il folle prelevava le succulenti fettine dal freezer, quindi, dopo averle lasciate sghiacciare, per conferire loro del calore umano, le riscaldava sul termosifone e le posizionava tra i cuscini del divano all'estremità degli stessi, sui quali agiva simulando l'atto sessuale; terminata la complessa operazione, risciacquava accuratamente la carne e la riposizionava nel congelatore.
Un triste giorno la madre lo colse in flagrante e dopo aver superato il comprensibile trauma, sospese l'acquisto di fettine di manzo per non indurre in tentazioni il depravato figlio. Da allora il Braciola, per le sue anormali pratiche, dovette accontentarsi dei petti di pollo; fortunatamente poco dopo incontrò l'amore e si fidanzò, per la gioia della madre e del macellaio di piazza San Michele, che si era visto ridurre sensibilmente la vendita delle prestigiose carni di primo taglio.
Le rivelazioni dei due artisti del sesso solitario, crearono una ricca corrente di pensiero che liberò le menti dei componenti del gruppo, i quali finalmente svincolati da pregiudizi si lasciarono andare alle più imbarazzanti confessioni.
Il Sesto rivelò che un giorno, mentre stava cercando di concentrarsi su di un libro di testo, fu disturbato dal volo caotico di una mosca che con il suo ronzio, non l'aiutava nel già difficile intento: cercò allora di porre fine a quest'inconveniente catturando il fastidioso insetto.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, riuscì a fermarne il volo bloccandolo dentro il pugno: la mosca spaventata aumentò l'intensità del volo, provocando del solletico sul palmo della mano. L'effetto raggiunto suggerì all'intraprendente Sesto di sfruttare questa sorta di carezza, per un'attività più gratificante.
Per amplificare l'effetto, imprigionò tutte le mosche che riuscì a catturare in una busta di plastica, la chiuse con decisione e con una precisione chirurgica vi aprì una piccola fessura, dove inserì l'oggetto delle particolari attenzioni e con gli occhi chiusi cominciò a fantasticare; le mosche si gettarono sul corpo estraneo facendo il gioco dell'immorale che presto ottenne il suo indecente scopo.
Ormai svelati i più reconditi segreti, anche i più reticenti confessarono i loro peccati: il Tannino riconobbe di aver beneficiato della ruvidezza della lingua del suo gatto domestico, per condurre pratiche lascive, non prima di essersi assicurato che il felino fosse sufficientemente sazio, onde evitare irreparabili mutilazioni.
Tra il serio ed il faceto proseguirono le rivelazioni, fino a che l'Otello non intervenne, dichiarandosi stupito di tutto questo dispendio d'energie che i suoi amici andavano attuando, per raggiungere ciò che a lui riusciva con estrema facilità.
La soluzione adottata dall'Otello era allo stesso tempo semplice e geniale, capitalizzava al meglio il fenomeno adolescenziale dell'impollinazione notturna per "trombarsi addosso" a suo piacimento.
Non mancarono contestazioni del tipo: "Ma t'imbratti tutto sudiciume! Va' a capì chi trombi! Sei malato smetti!" Ma il creativo senza scomporsi continuò ad illustrare il procedimento, che contava in una forte componente psicologica da esercitare al momento di coricarsi, quando con il pensiero raggiungeva carnose fanciulle disinibite, aiutato magari da qualche rivista pornografica ed addormentandosi con queste immagini, riusciva a centrare quasi sempre l'obiettivo.
Onde evitare di lasciare evidenti ed imbarazzanti macchie sulle lenzuola, il genio appena prima di chiudere gli occhi s'inseriva un preservativo, che il giorno dopo se utilizzato, lavava con dovizia per poterlo riadoperare la volta successiva; ammise di essersi congiunto anche con donne brutte come rutti, raccontò anche però di avere usufruito delle grazie di tutte le più belle commesse del Corso.
Concluse l'arringa consigliando agli esterrefatti compagni, di provare ad emularlo per comprenderne la veridicità dei risultati.
Nei giorni a seguire non mancarono gli esecutori dell'esperimento, che ebbe per alcuni un epilogo tragicomico: il Mana raggiunse l'orgasmo sognando di copulare con la propria madre, palesando un complesso d'Edipo fino allora latente; il Piattola incontrò nel suo lussurioso sogno una prestante bolognese che lo fece partecipe delle note specialità emiliane, ma fu svegliato dalle urla dell'indignata sorella che lo colse con il preservativo in bocca; infine il Verrocchio, che ebbe il privilegio di giacere con una fanciulla illibata, ma dallo sforzo compiuto per violarne la purezza, in luogo di "trombarsi addosso" sì "cacò addosso" rendendo vano l'accorgimento del preservativo.
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