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1788, l'inverno del grande ghiaccio lagunare
Da qualche giorno è arrivato il gelo, in laguna: un vero freddo mordente, giusto per il cuore dell'inverno. La gente non è più abituata al rigore, riscaldata come è negli appartamenti e negli uffici. La mattina presto vedo persone osservare preoccupate, dai vetri dell'autobus, il leggero velo di ghiaccio che vetrifica qualche punto dello specchio lagunare, là dove l'acqua è meno profonda. Ma è certo che entro mezzogiorno tutto si scioglierà e che i gabbiani stupefatti smetteranno di pattinare. In città i ponti vengono cosparsi di sale grosso per impedire ai passanti di scivolare sui gradini e pure i gondolieri, a colpi di ramazza, nettano con il sale la poppa nera delle gondole per non rischiare di cadere in acqua mentre remano.
Forse è notizia poco nota, ma l'ultimo vero grande freddo in laguna si verificò nell'inverno del 1963, anno in cui la temperatura scese, eccezionalmente, a tredici gradi sotto zero.
Nei secoli passati la Storia attesta che il 1700 sia stato un secolo di forte gelo e che siano apparse grandi gelate nella laguna veneziana; certamente la popolazione affrontava l'evento con maggiori mezzi di sopportazione e minori, quanto a conforto, rispetto ad oggi. Si pensi solo al fatto che, tra il popolo, le donne si coprivano quasi esclusivamente con grandi scialli di lana grossa, fino al capo e gli uomini con corte mantelle e giacchette. Il tepore del tabarro non era alla portata di tutti.
Di queste gelate c'è memoria per quella avvenuta nell'inverno 1788, tanto che quell'annata passò alla Storia come " l'anno del giàsso", immortalato in una bella tela che può ancora ammirarsi a Ca' Rezzonico e che raffigura i Veneziani , con sciarpe e cappelli, camminare e scivolare sul ghiaccio spesso, attraversando il canale di Cannaregio verso la laguna aperta che pare pavimentata e tirata a cera. Egualmente minuziosa è la incisione del Battaglioli-Viero che si trova al Museo Correr e che raffigura la grande gelata con i bambini che si trainano in slitta sul ghiaccio e cittadini intenti a spaccarlo per far passare le imbarcazioni, utilizzando persino dei buoi.
Infatti la morsa del gelo, ghiacciando le acque, non solo isolava del tutto la città dal resto del mondo - poiché non esisteva alcun ponte a collegarla con le rive ad essa opposte, verso quella che noi chiamiamo " la terraferma"- ma soprattutto ciò che oggi può sembrare una curiosità climatica, si risolveva nel rischio di un vero dramma umano per la popolazione, poiché la prima grande necessità di Venezia, in caso di laguna gelata, era l'approvvigionamento dell'acqua potabile.
Infatti nel 1700 l'acqua potabile veniva in parte ancora attinta dalle centinaia di pozzi, sparsi per la città, sia privati che pubblici ( all'interno dei quali veniva filtrata e pulita l'acqua piovana ) e in parte essa era portata a mezzo di barche, dette " acquarole" le quali attraversavano la laguna fino ad arrivare alla foce del Brenta e da lì si risaliva per caricare l'acqua pulitissima di quel fiume. Fatto il carico d'acqua, le acquarole ritornavano a Venezia e, una volta ormeggiate, venivano scaricate con secchi per distribuire il prezioso e vitale liquido. Ma se la laguna gelava a tal punto da diventare dura come il marmo e per più giorni, le barche non potevano navigare e la città cominciava a soffrire la sete, giorno dopo giorno.
E allora che cosa facevano i Veneziani? I più ardimentosi, in svariate centinaia, si davano da fare per spaccare con ogni attrezzo lo spessore del ghiaccio ed aprire un varco sufficiente a far passare queste barche preziose e permettere loro di riprendere la spola.
Questo per ricordare come la convivenza di Venezia con l'acqua, suo elemento imprescinbile, è da sempre stata complessa, fosse essa acqua " alta" o gelata, prepotente o quieta.
E anche se oggi una gelata in laguna non credo spaventerebbe nessuno, fa sempre un certo effetto vedere la mattina arrivare dal canale di san Secondo, verso Cannaregio, le grosse barche a motore, cariche di frutta e verdura per il mercato di Rialto. Ben o mal la xè sempre quèla. Sta laguna ocòre traverarsarla... a remi o a motor!
( gli elementi storici del presente brano sono stati da me in parte tratti dalla relazione tenutasi il 15 novembre scorso a Villa Settembrini a Mestre, dalla Storica veneziana Prof. Nelly Elena Vanzan Marchini, sul tema " L'acqua fonte di vita e causa di morte", nel contesto di alcuni incontri sulla storia di Venezia).
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- Brava. Bel racconto documentario su certi aspetti della vita lagunare certo insospettabili per teraafermaioli come me. Piaciuto e gustato.
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