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A. Q. S. S. D. U. I.

Probabilmente anche quella settimana sarebbe diventata un inferno.
Non ce la faceva più A.
Era da più di un mese che andavano avanti a discussioni e senza cavarne mai nulla.
Era orrendo il modo in cui si sentiva non appena riagganciava il telefono dopo una discussione durata due ore. Esausto, esanime.
Senza forze si accaniva nel cercare di capire lei. E gli diceva che l’amava ma che non si sentiva sicuro di lei. Lui aveva paura. Una tremenda paura. Ecco perché gli è bastato sentirla parlare di come si fosse divertita in gita per mandarlo fuori di nervi.
“Cazzo cazzo cazzo…tu hai dormito in un letto matrimoniale insieme a tre tipi e una tipa…come cazzo mi dovrei sentire io!”
non voleva sentir ragioni.
Io personalmente, che conosco il vecchio, non saprei cosa pensare.
Il loro rapporto è così complesso e molto incasinato.
Sta il fatto che però è vero che A. si incazzava come una iena per cazzate tardo adolescenziali.
Forse cercava solo una scusa per doverla lasciare. Forse ci teneva veramente così tanto che sentirla così distante e felice in un letto matrimoniale con tre tipi e una tipa lo innervosiva e basta.
Ma perché non voleva finirla?
Piano piano, andiamo con calma.
Allora…lui non si era innamorato subito di lei. Da principio dico. Lei si era fatta avanti quel giorno. Diceva che doveva dirgli una cosa importante e che non ci riusciva e bla bla bla.
Tutto da li è incominciato.
A. non era mica così stupido da immergersi in una storia subito dopo averne conclusa una. Conclusa così male oltretutto. Era stato male. Aveva sofferto. La sua prima esperienza sessuale era stata un fallimento completo. Una ragazza conosciuta via internet. Un amore telematico. E poi una scopata stratosferica. Ma il danno è arrivato. Quasi aveva pensato al suicidio. No, dico, al suicidio. Cristo santo. La parola suicidio non è che esisteva nel suo vocabolario.
Cazzate ne ha fatte A., ma a sentire questa. Le batte tutte.
Che grande mente. E che sfiga proprio nel giorno del suo diciannovesimo compleanno quella stronza l’ha mollato perché diceva “noi ci amiamo troppo” e questo troppo è entrato nel vocabolario di A. che ormai non ne può fare più a meno: “toppo fico”, “troppo un grande”, “troppo fuso”, “troppo impegnata”, “troppo carina” un troppo che è diventato parte ponderante del suo carattere, delle sue scelte e a volte, dei suoi sbagli.
Quella settimana, lunedì, a scuola, sega. Niente prof. deficiente e compagni idioti per lunedì ma solo un gelato da Fiorio e una rassegna di hit dagli ascoltatori automatici di maschio. I genitori che lo straziano di continuo perché non mangia, non cresce ai loro occhi come l’unità di misura della famiglia che è sua sorella. La “santa convessa” con la pancia ad arco e il culo a trampolino. Ma A. non prova odio per sua sorella semplicemente sta lontano senza parlargli per non fare brutta figura. Non aveva molta fiducia in lei perché quando era più piccolo lei si divertiva a strappargli i riccioli dei capelli e lui strillava. La madre poi sgridava entrambi non sapendo cos’era successo e la cosa che lo innervosiva di più non era tanto la madre che lo incolpava ingiustamente quanto la sorella che gli rideva in faccia, alle spalle di loro madre.

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6 commenti:

  • Anonimo il 06/06/2011 20:22
    Simpatico...
  • Edmondo F. il 22/06/2007 12:43
    E si, senza gelosia l'amore lo vedo sbiadito, informe. Le tinte adolescenti, qulle pervase di frustrazioni inattese le sento mie. Il titolo? "Licenza poetica".
  • sara rota il 21/06/2007 08:16
    La gelosia fa parte dell'amore, anche se forse quella che prova questo ragazzo è un po' esagerata, anche perchè si capisce chiaramente che lei non vuole saperne di lui... quindi lui farebbe meglio a lasciarla perdere e a non rovinarsi la vita. PS: ho una curiosità, a cosa corrispondono le lettere nel titolo? Comunque ben scritto.
  • Edmondo F. il 02/03/2007 19:49
    grazie Lisa, riferirò