Erano seduti in un ristorante, uno di quelli con le sedie bianche in legno, le tovaglie dello stesso colore con sopra fazzoletti di stoffa color dell'oro. L'ambiente era moderno e elegante, pieno di uomini intenti a mangiare senza sporcarsi la camicia e donne che compivano acrobazie nel tentativo di tenere a bada i propri bambini, attratti dal colore, e dal calore, della grande stufa a fungo posta al centro della sala. Avevano scelto quel locale per festeggiare i tre anni trascorsi dalla prima volta in cui si erano incontrati, ma avevano capito subito che potevano scegliere di meglio. Non per la qualità della pizza che stavano mangiando, ma per quel senso di abbottonato che regnava su quei tavoli e non li faceva sentire a loro agio, alieni atterrati su un pianeta di persone con la camicia troppo pulita. Ma ormai c'erano, e non potevano scappare. Mangiavano e parlavano del più e del meno, ricordando alcuni momenti divertenti della loro storia. Amavano parlare di quei due ragazzi che stavano insieme e gli bastava, lontani da ogni stereotipo di coppia innamorata che alterna con cadenza regolare il cinema alle cene in famiglia, le passeggiate romantiche agli anelli di fidanzamento. Eppure, un anello importante nella loro storia esisteva. Quello che lei, in quel momento, teneva appoggiato sul tavolo per pulirsi le mani con uno di quei disinfettanti che lui odiava. E quello che, quando uno dei figli degli abbottonati era riuscito a scappare dalla grinfie della madre e si era trascinato dietro tre quattro tavoli con tutte le tovaglie, era rotolato per terra svegliando con il suo tintinnio un uomo che, dopo aver ingoiato tutto quello che c'era da ingoiare sul suo tavolo, aveva quasi chiuso gli occhi lasciando la sua povera moglie in balia della più imbarazzante solitudine a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa di più interessante di un marito con la pancia piena e la vivacità di un bradipo.
Ma il suono squillante di quel piccolo anello, uno di quelli semplici, argento (almeno il colore) da sei euro o poco più, aveva portato via loro due da quell'ambiente ovattato, riportandoli indietro di tre anni, al giorno in cui si erano conosciuti: una piovosa serata di novembre, una di quelle da restare a casa a guardare un bel film. Loro due, invece, si erano dati appuntamento in un bar. Lei arrivò accompagnata da due amiche, lui da uno solo, cominciando già dal numero di amici ad accumulare quel leggero svantaggio che gli uomini (o almeno lui) hanno rispetto alle donne. Si erano conosciuti su internet, in una di quelle chat che sembrano squallide soltanto quando ne sei uscito, e dopo mesi di chiacchiere in lontananza avevano deciso di vedersi, spinti dalla curiosità di conoscersi. Nessuno dei due avrebbe mai immaginato come sarebbe andata a finire: quella sera, tra chiacchiere e risate, sguardi e timidezze, accadde un piccolo miracolo.
Lei gli aveva rubato l'anello che lui portava sull'anulare destro, un "piccolo anello, uno di quelli semplici, argento (almeno il colore) da sei euro o poco più". Erano stati vicini, tanto da sentire un'attrazione incredibile, ma non tanto da avere il coraggio di toccarsi. Si erano guardati, spesso senza che l'altro se ne accorgesse. In quella serata entrambi avevano già deciso cosa stava nascendo. Quell'anello, quando gli anni hanno cominciato a correre, è diventato il simbolo di una storia d'amore semplice, bella, piena. La storia di occhi che si sono guardati per la prima volta e hanno deciso di stare insieme. La storia di mani che si sono incontrate e hanno deciso di tenersi strette. La storia della bellezza dell'amore raccolta nella sua veste più semplice e portata in braccio senza sentirne il peso. Un amore nudo, spogliato da ogni abito da cerimonia, privo di qualsivoglia distintivo. Una passione senza apparenza, uno stare insieme per quello che è, non per quello che deve essere. Una storia d'amore, una storia normale. Senza urlare, in silenzio. Senza correre, camminando con la felicità. Una felicità che supera ogni limite, smussa gli angoli, avvicina le differenza senza cancellarle. Una felicità che costa sei euro. O poco più.