Quando al mattina ci svegliavi, con il tavolo preparato con la nostra collazione, in mezzo al tavolo il mazzo dei fiori non mancava mai. Dalle tazze usciva il vapore del tè caldo di montagna che profumava tutta la casa. Ci spalmavi la marmellata da 10 centesimi sul pane tostato, e, con un bacio ci accompagnavi chi a lavoro, e chi a scuola. Mi baciavi davanti alla porta, accarezzandomi i capelli e non facevi altro che raccomandarmi di comportarmi bene. Percorrevo 100 metri di distanza la strada dalla casa a scuola cantando sempre le canzoncine, e saltando dalla destra alla sinistra, dimenticandomi delle scarpe strappate. Quando vedevo i compagni con le belle scarpe, io nascondevo le mie che sembravano di avere fame con la bocca aperta dalla colla attaccata chi sa quante volte. Però ero felice, perché quando entravo in casa trovavo il calore del tuo amore che mi riempiva più di qualsiasi cosa, anche di quelle scarpe che invidiavo cosi tanto oppure un paio di pantaloni nuovi. Tu con la tua fatica mi cucivi e stracucivi quei pantaloni di jeans, e sotto gli occhiali con gli occhi stanchi e le dita punte dall'ago mi dicevi: E allora, ti piacciono? Hai visto come le ho cuciti, sembrano nuovi! Con la tua fatica avevi fatto un lavoro straordinario, però allora non capivo, ero piccola mi vergognavo quando uscivo con tutte quelle cuciture a dosso. Spesso ti dicevo facendo sentire la mia ribellione: no, non voglio indossarle, mi fanno schifo uffa...
"-Oh! M i dicevi: non ferirmi cosi per favore..." Ma io non capivo niente di niente.
Lo sai? Quando ricordo quel capodanno che rimanemmo da soli in casa io, tu e Gimy. Un nodo mi si crea alla gola e il pensiero mi soffoca.
Il vento del ultimo di dicembre era forte e gelido, e fischiava con tale forza che sembrava di portare via i tetti. Ogni tanto rimandava dentro il fumo dal cammino che riscaldava, e per qualche secondo veniva offuscato dal fummo. Io seduta nel angolo del cammino osservavo i tuoi movimenti, che passando la mano in testa mi guardavi sotto gli occhiali come se mi volessi dire qualcosa.
"Mamma, e la faraona non l'hai fatta?" chiese mio fratello, che era un grande golosone. Vedendoti quell'aria triste capivamo senza che tu ci parlassi. Il tavolo era apparecchiato con la tovaglia bianca ricamata, i tovaglioli piegati di lato ai piatti e la zuppa di carne e pastina era invitante anche se a casa arrivavano gli odori delle faraone, e le patate fatte al forno dei vicini. Tu ti sentivi in colpa, perché avevi preparato quello che potevi, senza avere la possibilità di preparare il dolce della tradizione. Con gli occhi tristi e pieni di lacrime ci hai abbracciati forte nel tuo petto dicendoci: "Perdonatemi piccoli miei, perdonatemi."
-Oh mia cara mammina, quale dolce è più dolce di una tua carezza, di un tuo consiglio, di un tuo bacio che mi riscaldava il cuore.
Se avessi potuto mia dolcissima, ti avrei regalato il mondo, quello che tu rappresenti per me.