È giunto come un fulmine a ciel sereno l'annuncio delle dimissioni del papa tedesco, Benedetto sedicesimo.
Il giorno del suo insediamento sul trono di Pietro ero in piazza San Pietro tra un'immensa folla.
Ancora nei cuori e nell'aria troneggiava l'immagine possente, anche se negli ultimi tempi debilitata dalla malattia, del papa polacco, Giovanni Paolo secondo.
Si parlava di questo mastino, guardiano della fede, un tedesco granitico tutto di un pezzo. Invece quando l'ho visto, sono stato folgorato da un sorriso, innocente, disarmante. Quasi un sorriso di un bambino vivace, che comunica gioia ed ironia.
Sembrava piccolo e smarrito, timido nella sua veste bianca illuminata dal sole. Ogni tanto un colpo di tosse, un nodo alla gola, un inceppare sulle parole, un fazzoletto preso e riposto nella manica sinistra lo rendevano più umano e fragile. La raucedine che gli attanagliava la gola era sintomo di una inattesa timidezza.
Il suo linguaggio risuonò subito semplice e fresco come una sorgente alpina, semplice com'è semplice il linguaggio degli uomini umili e dotti che sanno cogliere l'essenza delle cose e parlare al bambino che è in ognuno di noi.
Su quel volto tirato e sorridente, due occhi brillavano un'intelligenza, straordinaria e piena di luce, che annunciava al mondo che la nostra è la religione della gioia del Gesù che è risorto.
Mi sentii istintivamente coinvolto, come racchiuso in un'anima collettiva che ci univa in quella piazza intorno a un uomo, a una luce, a un sorriso.
Dissi a chi mi stava vicino, questo è il papa dell'umiltà e del sorriso. E non mi sbagliavo.
È presto per un bilancio di un pontificato breve e intenso, ma anche in questo momento dalle sue parole latine emerge la grande umiltà di chi dimostra di non essersi affezionato al trono, di chi ha considerato il papato come servizio.
È stato un gesto di grande forza, di forte insegnamento, di esemplare coerenza giacché aveva detto di sentirsi solo un operaio nella vigna del Signore. Un gesto che, insieme ai suoi scritti, ai suoi sorrisi, ai suoi modi delicati e riservati, alle sue encicliche, alle sue decisioni difficili, al suo coraggio, ne fa un grande uomo prima ancora che un grande papa.
Solo un uomo così umile poteva essere così granitico e libero nel suo insegnamento, racchiudere tutto nei titoli di due encicliche: Dio è carità, la carità nella verità.
Nell'era delle incertezze, del relativismo, della crisi economica il suo richiamo alla vita e alla verità nell'amore resterà come eredità importante.
Dopo averlo visto e ammirato in quel giorno di sole, oggi sotto questo cielo freddo e uggioso, nell'ascoltare le sue parole di resa all'età, nella consapevolezza che nessuno di noi è indispensabile in niente, ho ripercosso un arco dell'esistenza e una lacrima mi ha solcato il viso.
Viva il papa dell'umiltà e del sorriso.