I conflitti sono generati dal nostro modo di vedere il mondo. Per perdonare bisogna prima perdonarsi.
La comunicazione è messaggio, ascolto ma anche integrazione, comunione, empatia con l'altro. Il messaggio s'invia, viene percepito e ritorna. Il flusso comunicativo è un processo capace di tessere una tela di relazioni interpersonali. Le persone sono racchiuse all'interno di questa rete.
Spesso la comunicazione costituisce il fattore scatenante del conflitto per una molteplicità di meccanismi anche irrazionali o involontari. Altre volte ne costituisce una concausa in parte determinante.
Rientrano in questa tipologia i malintesi; le comunicazioni disturbate; il modo spigoloso e urticante di atteggiarsi; la difficoltà di discernere la causa dagli effetti, di ricostruire gli eventi.
Uno specifico peso hanno anche gli schemi di decodifica del messaggio.
Gli schemi o paradigmi mentali sono un'efficace modo di funzionamento del nostro cervello che si serve di blocchi di programmi precostituiti al fine di semplificare il processo del pensiero che è caotico e confuso. Costituiscono un fattore di economicità di gestione nelle situazioni più diverse, consentono di raggiungere con meno sforzo i nostri obiettivi.
Purtroppo questi schemi, essendo il prodotto del nostro vissuto, a volte ci fanno vedere lucciole per lanterne; proiettano il nostro pensiero altre ciò che appare: gli schemi mentali influenzano la percezione e il nostro giudizio. Ci creiamo castelli di carta, erigiamo muri, ci facciamo condizionare dalle apparenze.
L'altro non è oggettivamente "là fuori", ma viene costruito dentro di noi dai processi di percezione. Oggetti, parole, gesti possono assumere dimensioni e connotazioni di ampiezza diversa secondo il contesto di riferimento e i filtri con i quali guardiamo il mondo.
Un ulteriore risvolto negativo degli schemi mentali è l'auto limitazione, è come chiudersi in un recinto senza via di uscita. Riusciamo a vedere soltanto ciò che ci limita, trascurando tutte le alternative e le varianti.
Nella decodifica dei messaggi siamo anche influenzati dalla sfiducia, dal nostro vissuto che ci corazza di scetticismo. Siamo prevenuti, attribuiamo al messaggio significati e scopi estranei al nostro interlocutore.
Questo meccanismo a volte è anche alla base di gesti inconsulti, di conflitti, di gelosie infondate, di paure irragionevoli. Ci accapigliamo, anche su piccole questioni, per incapacità di ascoltare i bisogni dell'altro e di esprimere i nostri reali interessi.
Con l'insorgere del conflitto e della sfiducia, la comunicazione tra le parti si blocca o distorce. Non si riesce più a comunicare in modo costruttivo. Spesso si comunica tramite altre persone, non sempre disinteressate, che colorano i messaggi con considerazioni personali.
Si inizia la recita del proprio copione attraverso il quale si interpretano gli eventi. Le parti iniziamo a giocare tra di loro e con il proprio avvocato. Giocano al gioco "vittima e carnefice", al gioco "è tutta colpa tua". E i giochi hanno qualcosa di pericoloso perché contengono transazioni che si attivano su due livelli, uno sociale o apparente e uno psicologico ulteriore, che rappresenta il vero scopo della comunicazione. Queste transazioni sono difficili da interpretare e interrompere senza effetti negativi (Berne, "A che gioco giochiamo").
Fare il primo passo non sempre paga, anzi il conflitto può evolvere nel gioco della vittima e del carnefice. Per riappacificarsi con gli altri bisogna innanzitutto riappacificarsi con se stessi.