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La fine di un amore
Da molto tempo avevo paura di restare solo con mia moglie, temevo la sua improvvisa
violenza.
Credo sia per lei un impulso irrefrenabile, un desiderio di rivalsa, di rivincita, di distruzione; o anche un tentativo disperato per farmi sentire offeso, per innescare una mia qualche reazione violenta, come se si volesse confrontare alla pari.
Prima tenta di ferirmi con le parole, le offese più fantasiose e gravi: pazzo, bugiardo, vile, ipocrita, calcolatore, impotente, arrivista, padre snaturato e senza cuore, vigliacco, imbroglione, mostro inguardabile e pericoloso. Mi sento umiliato e offeso, a volte rispondo, più spesso cerco di sopportare, soffro in silenzio per non peggiorare la situazione.
Poi, forse ritenendo che tutto sopporto per un amore superiore e cieco, comincia a dipingere la nipote nel modo più orrendo possibile, con fervida lugubre fantasia. Non so come fa a essere così sboccata, lei che appare tanto pudica e misurata. A sentirla parlare così provo disgusto, ma questi pornografici quadretti della nipote non provocano in me alcun sentimento negativo, anzi la sua diagnosi a volte è da me condivisa, per il semplice fatto che questa donna non ha mai suscitato in me alcun sentimento non dico di amore, ma nemmeno di simpatia.
A volte cerca di costruire un rapporto intrecciato, entra in gioco anche il marito, ora come minaccia, ora come uomo virile e fortunato che si gode questa donna del desiderio al posto mio: "tu le regali doni, la ecciti con i messaggini e lui se la gode".
A volte basta un niente, un qualcosa spesso a me oscuro, una presunta prova, una mia maggiore calma, a far scattare la violenza pericolosa e improvvisa. S'è già verificato più volte. Non ho mai risposto con altra violenza, ho cercato solo di difendermi, di ridurre le possibili occasioni.
La mattina del xx giugno, mentre ero nel bagno, con aria indagatrice mi ha chiesto perché dovevo andare a Giugliano, perché proprio quel giorno. Non ha voluto spiegarmi il motivo di tali interrogativi, mi ha solo detto - e le sue parole suonavano come un vaticinio e una perfida speranza- di stare attento con la macchina che in quelle zone non si sa mai, poteva capitarmi anche qualche incidente. Ed è andata via con un sorriso beffardo.
Mi sono chiesto il perché di questa improvvisa nuova scenata. Ho pensato che potesse essere gelosa magari anche del direttore dell'Agenzia. Ma perché per lei era importante il giorno? Cosa c'era di speciale? Sono andato a guardare il calendario, era il mio onomastico! Forse era questo il motivo? Ma perché quel sarcasmo, quel sorriso tagliente? Non sono riuscito a farmene una ragione.
Sono andato in ufficio, sono giunto prima del solito. Alcuni impiegati sono venuti a farmi gli auguri. Poi sono andato, con altri colleghi, a Giugliano. Il pomeriggio sono rientrato presto nella speranza di ricevere gli auguri anche a casa. Ma l'atmosfera era nera (qualche giorno dopo mia moglie mi ha detto che sarei andato a Portici al mercato per incontrare la nipote, mia amante, che non sapevo nemmeno che fosse venuta).
In serata mia moglie mi ha dato un portafoglio e ne ha approfittato per insultarmi. Ma con modi raffinati. Io l'ho riposto nel cassetto del mobile della cucina senza guardarlo. Più tardi quasi per fare la pace l'ho preso e lo stavo osservando, ma lei ha colto a volo l'occasione per ricominciare a fare allusioni, a ferirmi, a lanciarmi accuse. Con sarcasmo mi ha detto: vedi ci vanno parecchie foto, così la puoi tenere sempre vicina al cuore... Ho avuto un impulso di repulsione e l'ho lanciato sul tavolo, dicendo: riprendilo, perché me lo hai dato?
Siamo andati a letto senza parlarci. La mattina dopo l'ho salutata in cucina, ma non mi ha risposto. E mentre ero vicino al lavandino, ha chiuso con forza l'anta del lavello. Sono saltato. E lei mi ha cominciato a insultare: hai paura, vigliacco, ormai non si alza, non si alza quando stai con lei, si deve accontentare delle carezze, tu sai essere dolce, poi ci pensa il marito a possedersela, ... Ho risposto poche parole, cercando di calmare la sua ira, poi sono andato in bagno. Se n'è andata senza salutare.
Allora ho pensato che il pomeriggio sarebbe stato peggio, non sapevo come uscire dalla situazione che si era creata. Mi sono preparato poche cose nella borsa e sono uscito determinato a non tornare. Sono andato in banca a prelevare dei soldi per mangiare e dormire. Poi durante la giornata ho pensato che forse era meno traumatico passare il fine settimana a xxxxxxxxx.
Le ho telefonato per avvisarla. Mi ha minacciato di seguirmi, di fare cose sconsiderate se non rientravo, perché i figli dovevano sostenere gli esami. Mi sono fatto promettere che se ritornavo doveva smetterla di insultarmi e soprattutto di essere violenta. Così sono rientrato. . . Non ci siamo rivolti la parola, o meglio lei non mi rispondeva nemmeno quando la salutavo la mattina o quando rientravo, né mi salutava quando usciva. La mia presenza le dava fastidio
Non stavamo quasi mai nella stessa stanza se non a cena a tavola. Si alzava a volte quando andavo a dormire e andava via con il cuscino, altre volte si alzava la mattina presto e faceva la stessa cosa.
Spesso, incrociandoci in cucina, non riusciva a resistere al suo impulso di farmi qualche sorrisetto beffardo e di lanciarmi qualche invettiva trasversale.
Un giorno sono tornato prima e le ho chiesto se era disponibile a parlarci per gestire la separazione in modo civile. Abbiamo parlato, è rimasta sorpresa quando le ho detto che se ci separavamo dovevamo fare, dopo qualche mese, la separazione legale. Mi ha detto che le sarebbe dispiaciuto di perdere la pensione, del resto anch'io avrei perduto la sua, anche se "a te la tagliano" mi ha detto. Le ho assicurata che con la separazione non avrebbe perduto un bel niente. Del resto lo sapeva, credo, solo che nella sua testa girovagava sempre la separazione per colpa. Abbiamo anche detto che le avrei lasciato parte di quello che avevamo in banca e la casa, oltre a darle qualcosa mensilmente per i figli. Lei è rimasta sorpresa, pensava, mi ha detto, che mi sarei vendicato e lasciata in mezzo ad una strada. Le ho anche chiesto di restare in casa fino a quando non avrei trovato una sistemazione. Mi ha risposto che non c'erano problemi, anche perché avremmo passate le vacanze ognuno per conto nostro, anche per riflettere. E mi sono messo alla ricerca di una casa.
Dopo gli esami, una mattina, prima di uscire per continuare le ricerche, ho chiamato vicino a me xxxxxxx e gli ho detto quello che stava accadendo, che stavamo per lasciarci. Ci siamo abbracciati e abbiamo pianto, mentre mi accarezzava per consolarmi e farmi coraggio. Mi ha confidato che aveva percepito tutto e, mi ha fatto capire che stavo soffrendo da molto tempo per questa situazione. Mi ha anche detto "se tu vai via vado via anch'io, non voglio più stare in questo inferno". Ho avvertito un brivido alle sue parole, ho colto la sua disperazione. "No xxxxxxxx non devi, non puoi andare via, tua madre ti vuole bene, sei suo figlio, ha fatto tanti sacrifici per voi, vedrai che cessando i bisticci con me sarà anche più tranquilla e l'atmosfera migliorerà, e poi tu hai ancora bisogno delle sue cure. Io non vi posso dare quello che può darvi vostra madre, ma vi sarò vicino, non vi abbandonerò. Sappi che sto soffrendo per tutto quello che tua madre dice di me, delle accuse di tradimento che mi rivolge senza alcun fondamento, ma la perdono perché non lo fa in modo razionale, è accecata dalla gelosia, e poi una cosa sono i nostri rapporti e una cosa sono i rapporti tra noi e voi. Noi siamo orgogliosi di voi". Mi ha abbracciato di nuovo come per assicurarmi che aveva capito, che accettava il mio consiglio. Poi mi ha chiesto perché le cose erano nuovamente precipitate dopo che avevamo fatta la pace dopo la precedente crisi. Non ho saputo dargli molte spiegazioni, gli ho riferito solo dei nuovi indizi che sua madre assume di avere raccolto e gli ho detto "come vi giurai davanti al San Paolo a xxxxx, io non ho altre donne, non mi è passata mai per la testa questa donna, e se un giorno scoprirete tu e Xxxx che ho raccontato bugie venite a sputarmi in faccia, disconoscetemi come padre, e se sarò morto venite a sputare sulla mia tomba". Mi ha stretto di nuovo tra le sue forti braccia, come a suggellare un patto.
Siamo usciti... Non sono più andato in cerca della casa... eravamo sconvolti e ho preferito restare con lui e Xxxxxxxx.
Volevo comprare una macchina fotografica digitale a xxxx, che doveva partire per le vacanze. Non l'ho fatto, anche dietro suo consiglio, per evitare che sua madre pensasse che volevo accattivarmi i figli. ...
Lunedì sono uscito per continuare le ricerche e per aprirmi un conto corrente per avere una necessaria autonomia per gestire le mie cose (lei aveva già tolti i soldi dal cassetto dove entrambi attingevamo e poi per affittare la casa chiedevano un anticipo di tre mesi).
Ne ho parlato anche con xxxxxxx. Ho detto anche di parlare con la madre cercando di esserle vicino, mi ha chiesto cosa dire, gli ho detto di lasciarsi guidare dal cuore come aveva fatto con me.
La sera di lunedì 29 luglio sono successe cose inenarrabili... Mi ha sentito raccontare a xxxxxxx quello che avevo fatto (parlavo ad alta voce anche per farla sentire e rendere indirettamente partecipe). Forse si è ingelosita. Pensava di strapparmi i figli, il bene più grande che ho, invece vedeva che xxxxxxxx le stava come sfuggendo dal suo possesso totale e assoluto! Ha atteso che andasse in bagno. È venuta davanti a me seduto sul divano e ha cominciato a dire di tutto, come al solito, della nipote, si abbassava per miniare con le mani le tette ("papusce") pendoloni, il ventre debordante, il fegato corroso dalla bile... e altro, tanto altro.
Ho cercato di non risponderle come sempre, di invitarla alla calma, di ripeterle che si sbagliava. Ma i suoi occhi erano stravolti.
Improvvisamente mi ha mollato un violento schiaffo che non sono riuscito ad evitare, mi sono volati gli occhiali verso il tavolo, ha picchiato ancora mentre cercavo di parare i colpi senza reagire...
Quando si è accorta degli occhiali rotti, ha gioito... ho cercato di alzarmi mentre picchiava ancora... non riuscivo a trattenerla... la testa mi girava da cadere... mi ha sospinto verso il lavandino mentre cercavo di afferrare le sue mani, impotente e sfinito...
Ho avuto paura e ho gridato aiuto, nella speranza che si fermasse (com'era successo altre volte) ... Xxxxxxxx è entrato di corsa. Sono stato scaraventato a terra con la testa vicino al mobile della cucina con il portellone della lavastoviglie che mi ha fatto lo sgambetto... È stato terribile e allucinante. .. nemmeno lui riusciva a fermarla... Non riuscivo a stare in piedi, la testa mi girava e avevo un peso allo stomaco, mi sono dovuto mettere a letto sdraiato... non mi sono sentito mai così male... e impotente. .
Ho capito e sperimentato come possano succedere certe disgrazie che a mente lucida sembrano impossibili, come l'animo umano sia veramente simile a quello di una belva quando il cervello perde il controllo.
Non so proprio come fare a uscire da quest'atroce situazione, a cucire le ferite che non si rimargineranno mai...
Ho speso
Tutta la vita
Alla tua ricerca
Ed ho finito
Per smarrire
Anche me stesso.
*********
Quantunque mi sforzi di dimenticare, di pensare a come costruire il domani, a immaginarmi intento a ricostruire una nuova dimora, a vedermi vicino i figli ancora da seguire e aiutare, sono in preda alla disperazione. Ho la bocca asciutta e il cuore in gola. Mi sento avvilito e depresso, vorrei prendere tante iniziative, ma subito le scarto come inefficaci o inopportune, vorrei chiedere aiuto ma chi può aiutarmi, capirmi veramente? Solo Xxxxxx mi sta veramente vicino, ma non posso abusare di lui, non è giusto distoglierlo dai suoi impegni, non è giusto risvegliare in lui la sofferenza. In passato ho attraversato momenti difficili, ho avvertito la disperazione e il vuoto che si prova nel sentirsi soli e non vedere una luce nel domani. Ho avvertito la sofferenza e la vergogna del rimorso, quando ho sbagliato. Ma ora è qualcosa di più radicale, sono in un abisso senza fine, odio e amo, sento di essere stato già condannato per un qualcosa d'infame senza colpa, senza possibilità di provare la mia innocenza. Mi domando dove ho sbagliato, cosa ho fatto per alimentare questo infondato sospetto. Possibile che chi mi ha amato può credere che sia così cattivo e auto distruttivo, un mostro? Possibile che sono stato capace di alimentare un odio cosi crudele nel mio carnefice?
Vorrei proprio farla finita, non riesco nemmeno a camminare, ogni passo falso si ripercuote nella testa, il cervello è come se urtasse sulle pareti. Mi mancano le forze per reagire, e per che cosa lottare ancora?
Ma è giusto provocare altra sofferenza a mia madre ed è giusto dare un'altra umiliazione a xxxx e xxxxxxxxxx? È giusto lasciarli soli? Devo vivere ancora per loro. Devo cercare di dimenticare, ma come, questo è il mio grande problema? Devo avere il cuore duro con il mio carnefice e non farmi tentare dal desiderio della riconciliazione, perché non si può perdonare a chi continua a disprezzarti a chi ti ritiene capace di ogni nefandezza, a chi anche per orgoglio non è capace di pentirsi. Perché per lei è vitale avere la costruzione del mostro che l'ha sempre perseguitata e fatta soffrire.
Ma non riesco a odiare, non riesco.
********
Ho provato a chiamare Xxxxx. Aveva messo la segreteria telefonica, forse per evitare di ascoltarmi. Poi ho trovato sul cellulare una telefonata non risposta, ho richiamato. Poche parole, le ho chiesto se voleva raggiungermi con xxx. Mi ha risposto che verrà al mio ritorno a xxxxx, tanto non abbiamo più niente da dirci.
Ormai per lei esistono solo gli opposti, gli estremi; non vede strade mediane. Odia, sconvolta da un grande immenso rancore per l'offesa che ritiene di aver ricevuta e di continuare a ricevere. Ormai vede solo una donna, non c'è altro, né il marito, né i figli (da non far soffrire più del dovuto e da accudire e seguire insieme), né l'aspetto più vile e materiale (ma non per questo non importante) della vicenda che ci obbliga a parlarci per definire al meglio il nostro futuro e quello dei figli.
Forse lo fa anche per non lasciarsi tentare di ritornare insieme.
Ed in effetti sono confuso, nel mentre razionalmente penso che a questo punto sia meglio dividerci perché è veramente difficile ricostruire un valido rapporto di convivenza, emotivamente avverto il bisogno di tentare ogni strada anche per il bene dei figli, anche per non distruggere quello che abbiamo costruito. Ma soprattutto vedo un domani buio senza di lei e una forza interiore mi spinge a cercarla, convinto che tutto quanto mi ha fatto e detto sia dipeso da una gelosia che la acceca. Su questo punto sono disposto ancora ad aiutarla, forse anche perché non sopporto l'infamia e l'idea di
distruggere tutto senza un motivo.
A volte penso che la gelosia possa dipendere da altro, che altri siano i problemi su cui si è innestata e cresciuta, perché queste divergenze e queste sue sofferenze sono antiche, e si sono manifestate in varie forme.
Mi vengono in mente i suoi diari inquieti, la sua mancanza di fiducia in se stessa, i rapporti inesistenti con la madre e il padre. Forse nemmeno con me si è sentita realizzata, non è riuscita mai a gioire in pieno, e ora è stanca e vuole rifarsi la sua vita, credendo che lontano da me possa trovare pace e felicità, o almeno se stessa.
Se almeno avesse la lucidità di riconoscere questo, me ne farei una ragione, avrei chiaro il motivo di cui dolermi. Non sarebbe forse meno doloroso il distacco, ma certamente meno traumatico, certamente la separazione non sarebbe accompagnata dal reciproco odio.
Spero tanto che riesca a leggere nella sua vita e nel nostro rapporto con maggiore distacco e lucidità, sarà un bene per entrambi e per xxxx e xxxxxxxxx.
********
Sono solo e ripenso alla trovata di mia moglie di mettere la segreteria telefonica, alla fredda telefonata che ne è seguita, il suo "penso che ormai non abbiamo più niente da dirci", al suo "quando tu ritorni io scenderò". Eppure io credo che abbiamo ancora molte cose da decidere insieme e che sarebbe giusto parlarci da persone civili e reciprocamente rispettose dell'altro. Ma troveremo il modo.
Certo non posso più ostinarmi a voler salvare il matrimonio e la convivenza. Il suo odio per me è immenso e profondo, da lungo tempo coltivato nell'animo e nella testa. Non è solo gelosia...
Devo decidermi ad alzare il mio muro, a tagliare con questi rigurgiti di sentimenti che mi fanno solo del male e m'impediscono di guardare avanti, di vivere, il suo pensiero altrimenti diventa una ossessione che mi travolge e distrugge.
È un passo ormai obbligato, è il mio Rubicone.
Questa fede che porto al dito non ha più senso, me l'aveva donata suo padre che l'aveva trovata per strada, smarrita da chi sa quale Raffaella. La mia la avevo persa nel mare quando le mie dita si erano scheletrite a causa di un esaurimento dovuto a precedenti crisi.
Cerco di togliermela, è stretta e non si sfila quasi a simboleggiare il dolore e la durezza del distacco dal mio passato e presente. Devo oliare il dito per sfilarla con fatica e un certo dolore, ancora il dito mi sembra intorpidito.
Gliela lascio con un breve biglietto perché è giusto che la tenga in ricordo almeno di suo padre.
Il gesto mi ha prodotto nell'animo una nuova ferita o è sempre la stessa che si allarga e approfondisce e mi crea un indicibile smarrimento. Ma è giusto così, bisogna avere il coraggio di decidere, di essere coerenti con le scelte che si fanno.
Xxxxx,
Mi hai detto che non abbiamo più niente da dirci. Io credo il contrario, perché abbiamo molte cose e due figli in comune da gestire e, parlandoci, possiamo farlo nel migliore dei modi.
Hai, invece, forse ragione per quanto riguarda il nostro matrimonio e il nostro amore, è troppo alto e spesso il muro che ci divide ormai. Pur parlandoci, non riusciremmo ad ascoltarci e se pure sentissimo le parole sarebbero solo un'eco distorta.
È bene che non mi faccia più illusioni, devo avere il coraggio di guardare a un domani
senza di te e senza l'ombra capovolta che mi hai costruito.
Ritengo giusto, quindi, lasciarti la fede, che ho tolto dal dito con molta fatica, simbolo della nostra unione.
Addio dunque, grazie di quanto mi hai dato, nel bene e nel male, e auguri di un futuro più piacevole e lieto del passato che hai vissuto con me.
E se non sono stato divertente e all'altezza sappi pure che non l'ho fatto a posta e che ho cercato di fare sempre del mio meglio per migliorarmi.
Solo una cosa ti chiedo, se un giorno riuscirai a ribaltare nella tua mente la mia immagine e vederla nei suoi chiaroscuri reali, raccontala almeno ai figli, apprezzeranno il tuo sforzo, la tua obiettività.
Il futuro sarà più limpido e senza ombre anche per loro.
Addio e buona fortuna.
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0 recensioni:
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- Si Paola hai ragione, quando si distrugge il padre o la madre, si fa solo male ai figli, pur non volendo.
Anonimo il 10/03/2013 17:53
È sempre traumatico quando finisce una storia d'amore. Ma credo che una convivenza valida sia fatta di reciproco rispetto e fiducia e soprattutto di stima. Che senso ha se mancano queste cose? Spesso le coppie pensano che si debbano riavvicinare per i figli e altro... questa idea la trovo sbagliata, anche perchè credo che i figli si rendono benissimo conto delle situazioni creata fra i coniugi... e ne soffrono. Non fa piacere ai figli sentire dire dalla madre tutti quei vocaboli negativi per il proprio padre. E trovo assurdo che una madre debba far di tutto per allontanare il padre parlandone male. Molte coppie lo fanno, sono veramente egoiste, lo fanno per far dispetto, ma chi ci rimette sono sempre i figli che vivono situazioni fatta di rancori, odio e falsità. Che tristezza...
Sarebbe bello comunque che la coppia mantenesse un rapporto civile come tu stesso hai suggerito.
Il tempo ci farà capire molte cose, magari ci sentiremo meglio e troveremo la forza... una forza sconosciuta... per ricomporre noi stessi.
Anonimo il 10/03/2013 17:51
È sempre traumatico quando finisce una storia d'amore. Ma credo che una convivenza valida sia fatta di reciproco rispetto e fiducia e soprattutto di stima. Che senso ha se mancano queste cose? Spesso le coppie pensano che si debbano riavvicinare per i figli e altro... questa idea la trovo sbagliata, anche perchè credo che i figli si rendono benissimo conto delle situazioni creata fra i coniugi... e ne soffrono. Non fa piacere ai figli sentire dire dalla madre tutti quei vocaboli negativi per il proprio padre. E trovo assurdo che una madre debba far di tutto per allontanare il padre parlandone male. Molte coppie lo fanno, sono veramente egoiste, lo fanno per far dispetto, ma chi ci rimette sono sempre i figli che vivono situazioni fatta di rancori, odio e falsità. Che tristezza...
Sarebbe bello comunque che la coppia mantenesse un rapporto civile come tu stesso hai suggerito.
Il tempo ci farà capire molte cose, magari ci sentiremo meglio e troveremo la forza... una forza sconosciuta... per ricomporre noi stessi.
- Grazie Carla della resistenza.
Anonimo il 10/03/2013 15:58
sposo le parole del comento che hai ricevuto... non leggo spesso lunghi racconti ma questo... ti fa andare avanti... non ti fa staccare gli occhi dal foglio...

- Grazie a te del commento. Hai colto il significato profondo, è proprio l'assenza di scopo che rende la sofferenza più acuta e insopportabile.
- grazie per questo spaccato di vita vera... storia di due anime vere e piene, i cui drammi, come accade nella realtà, si consumano senza scopo reale...


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