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Come ti senti se gli altri ridono di te?

Mi chiamo Alyson, Ho perso la vista dieci anni fa. Avevo trent'anni. Prima di perdere la vista, ebbi due bambini, con mio marito che si chiama James. Gli abbiamo dato il nome di Peter e Luke. Quando erano nati, ricordo esattamente quel giorno... Li tenevo sulle mie braccia, al sicuro. Come se tra quelle braccia ci fosse una cosa che non potevo far cadere, una cosa che rimaneva ''dentro'', come se fosse una parte di te. Dopo, passarono un po' di anni, Peter e Luke iniziavano a crescere... Ad imparare i primi passi, a dire ''Mamma''... Ora vi chiederete perchè ''papà'' non lo dicono... Ebbene sì, lui se ne esce ogni giorno. Il giorno seguente dice che quello che io chiamo 'famiglia', per lui è un Incubo. Non riesce a rimanere più di cinque secondi vicino ai nostri figli. La maggior parte del tempo lo trascorrevo io con loro. Avevano nove anni, fecero il loro primo disegno, e James, mio marito, non distolse lo sguardo dal giornale che stava leggendo in quel momento. Lui era un tipo ''È più importante il lavoro'', quei bambini per lui è come se non esistivano. Passavano i giorni, e sentivo sempre di più la stanchezza... Quando piangevano, mi alzavo io per venire a tranquillizzarli. James rimaneva immobile, come se non sentisse rumori, come se la scena che stava accadendo, fosse trasparente. Dopo un paio di giorni, la mia pazienza finì... E arrivai davanti a mio marito. ''Senti io devo dirti una cosa...'' Dissi con distacco. ''Non ho tempo ora, parliamone dopo...'' Mi rispose. ''Quando dopo? Voglio dire: Tutta la giornata non fai altro che dirmi che parliamo dopo, e quando arriva quel momento, che fai? Te ne vai e te ne esci. Non affronti i problemi. Preferisci scappare e startene all'oscuro di tutto... Perchè a te questa cosa piace. A te piace startene seduto su quella poltrona, a leggerti il giornale, come se diventare padre, per te, non fosse mai accaduto.'' Urlai prendendo il giornale e sbattendoglielo addosso. ''Io ti lascio...'' Presi questa decisione, insolita, e me ne andai da casa. James mi fermò, dal comodino estraeva una pistola, furono due secondi. Fece il mio nome, mi girai, e all'improvviso senza pensarci due volte, lui mi sparò. Il colpo era decisivo, in quel momento non sentì più rumori. I vicini sentirono lo sparo e corsero davanti casa. Suonarono alla porta. Mi uscì tanto di quel sangue, che ebbi uno svenimento... James andò al balcone e si buttò. Un gesto folle... In quel momento pensavo: ''Chi si sarebbe preso cura dei bambini?'' I bambini piangevano, lacrime di paura, di odio profondo verso quella persona che mi aveva appena fatto del male... Quella persona che dopo che mi portarono all'ospedale, non fu più nominata. I vicini riuscirono ad aprire la porta, con loro c'era anche la polizia. Mi videro a terra, con attorno del sangue. La mia vicina Elis, si spostò leggermente dalla posizione in cui stava, e si allontanò leggermente. Lei odiava il sangue, più lo vedeva, più lei si sentiva male dentro di sé. Fin da bambina aveva questa paura. Mentre il marito, coraggioso, si avvicinò a me, mi prese il viso e iniziava a chiamare il mio nome. Gli risposi balbettando: ''S-si... Sono qui...'' tremai, ma svenni poco dopo. Mi portarono all'ospedale, dopo che mi ero risvegliata, i dottori erano lì, che mi tenevano la mano. Si sentiva tutta l'ansia in quella mano... Anche loro erano impauriti. E non c'era da aspettarselo... Perchè avevano un sacco di persone che venivano lì e quindi era il loro lavoro... ma le loro mani tremavano ugualmente... Questo mi fece capire solo una cosa: Che era una brutta notizia. Una di quelle che 'ti sparisce la vita all'improvviso e perdi tutti i tuoi parenti più cari, rimanendo da solo'. I medici, alcuni, non ce la facevano a dirmi che avevo, perciò, si avvicinò una dottoressa che mi riferì l'accaduto. ''Senta... Lei ha perso la vista, ma per fortuna può ancora sentire. Ora stia calma, si riposi...'' Dopo questo, era come una pugnalata al cuore. Con voce frettolosa urlavo ''Voglio vedere i miei figli!'' e loro erano lì, in quell'angolo a guardarmi, mentre le loro lacrime scendevano minuto per minuto. ''Siamo qui...'' Mi dissero Peter e Luke, mentre si avvicinarono a me con cautela. Mi presero la mano, con dolcezza... Mentre feci fatica a vedere il loro volto. Ancora ero scossa... Ancora non ero in grado di accettare che avevo perso la vista. Iniziai a piangere, mentre mio figlio Peter, mi teneva la mano sempre più stretto, mentre Luke mi abbracciava. ''Non potrò più vedere il volto dei miei bambini...'' Erano queste le mie parole, dopo tutto quello che era successo. Tanta rabbia verso quell'uomo, di cui mi ero tanto fidata e che quella fiducia era andata a pezzi... ''Ce l'ho a morte con lui.'' Riferì Peter, mentre con voce arrabbiata, diede un pugno al muro. L'altro, invece, era più tranquillo, preferiva piangere silenziosamente tra le mie braccia, mentre dentro di sé, si stava accumulando tutto l'odio, che in questi anni, non era riuscito a dire, e che si manifestò in quel momento. ''Non serve arrabbiarsi... Certa gente non merita proprio niente.'' Disse Luke. Dopo un pò, entrò un infermiera: ''L'orario delle visite, è finito.'' Annunciò mentre accompagnò Luke e Peter di là, verso l'uscita. Luke e Peter mi salutarono e se ne andarono via. Per tre giorni, mia madre e mio padre andarono da Luke e Peter. Non potevo lasciarli soli. Intanto io, dovevo stare qualche altro giorno all'ospedale, per riprendermi un po' anche da quello che era appena accaduto. Da tutto quell'insieme di dolore... Passarono tre giorni. Il terzo giorno, potevo finalmente uscire dall'ospedale. L'ospedale, non era uno dei miei posti preferiti. L'avevo sempre odiato, fin da piccola. Mi faceva paura, più che altro. Da piccola, pensavo che i medici erano cattivi, ma ora iniziai a cambiar idea... Si erano comportati molto bene in questi giorni con me, ne rimasi colpita. Quando uscì dall'ospedale, finalmente respiravo. Ma non vedevo. Con me c'erano mia madre, mio padre, ed i miei figli Luke e Peter che mi vennero a trovare in quel momento per portarmi a casa. Mi presero il braccio e andammo tutti diritti a casa. Era strano non veder niente, ma più di tutti non sapere cosa hai davanti. Era strano, quando tutte le persone dicono in fila ''Che bello!'' e tu sei l'unica che non vedi quella cosa. Fa male. Fa male da morire... Mentre percorrevamo la strada, a piedi. La gente, sentivo che rideva. Rideva, forse per il mio viso. Mi dicevano che dopo lo sparo, era cambiato completamente il viso... Non potevo vedermi, da un lato, era meglio. Non volevo vedere quella cattiveria che mi aveva pervaso il viso, e mi aveva ridotto a questo... I miei figli, a quelle risate, non ci fecero caso. Ma dopo la quarta risata, mio figlio Peter, che ora aveva quindici anni, gli diede un calcio a quel ragazzo che rideva con il suo gruppo di amici. ''Non ti permettere più!'' diceva il ragazzo del gruppo, che si atteggiava alzando la voce. Mia madre, dopo un pò, si mise davanti a Peter, comprendolo e dicendo: ''No, non ti devi permettere tu a fare il grande con i più piccoli... Ridi pure, ma se fosse capitato a tua madre una cosa del genere, come avresti reagito? Vergognati!'' Urlava mia madre, mentre io le dicevo di smetterla e di andarcene. Volevo solo starmene a casa mia... L'unico luogo dove non venivo presa in giro e scanzata da tutta quella gente che mi guardava incuriosata o che mi guardava con disgusto. Ma disgusto io, personalmente, lo provavo per i loro genitori. Che non gli avevano insegnato l'educazione e il rispetto per persone che avevano avuto dei problemi... La gente giudica dall'aspetto, ma la storia non sa. Non sa quanti pianti mi sono fatta, non sa quante volte mi sono ritrovata da sola, al buio, e purtroppo, non potevo vedere nessuno. Non potevo vedere la gente sorridermi a me. Non potevo vedere gli occhi dolci, dei miei due bambini. Non potevo più osservare il cielo, che mi dava una forza in più, per andar avanti e combattere col mondo. Perchè sì, questa era proprio una battaglia con il mondo. Maggior parte delle persone, sono ridicole a ridire così, senza un minimo di sentimento... dovrebbero conoscere di più cos'è ritrovarsi in un buco nero, finire sotto e non vedere chi ti fa compagnia. Era patetico il modo in cui le loro risate prendevano vita... Mi chiedo sempre, se i loro genitori erano la copia sputata di loro. Ma ad un certo punto, arrivati a casa, mi sdraiai sul divano, facendo attenzione. C'era Peter che mi guidava, quando mi sedetti, Peter e Luke mi baciarono la fronte. Adoravo essere baciata alla fronte, ero stata fortunata ad averli, ad avere con me due angeli come loro. Che non ridevano se vedevano un bambino 'diverso'. Loro erano così, perfettamente dolci. La tenerezza fa fare alle persone, cose straordinarie. Peter mi tolse le scarpe, e io mi addormentai piano piano. Ci voleva un po' per abituarsi a quel buio, ci voleva un po' per sopportare. Spesso sentivo le lacrime dei miei bambini, ma loro mi affermavano ''No tranquilla, non stiamo piangendo.''Odiavo quando mi mentivano... Perchè se mi dicevano di sì, volevo abbracciarli e come sempre, tenerli al sicuro tra le mie braccia. Ma questa cosa non si sarebbe ripetuta più, purtroppo... Passò un anno, Peter e Luke crescevano. Potevo solo contare i loro anni, per il resto, i loro occhi, il loro sorriso, per me fu invisibile... Una cosa che non potevo vedere, ma che volevo con tutto il cuore rivedere. ''Mi manca essere uniti...'' Dicevo ai miei figli. Ora avevano sedici anni. Al loro compleanno speravo sempre di riavere la vista e di vivere con loro i miei giorni. Perchè loro erano i miei giorni. Senza la loro presenza, mi sentivo vuota come una bottiglia. Loro sono la mia acqua. Sono persa come una bottiglia che galleggia nell'acqua... Chissà che penserebbero di me? Da quando ho perso la vista, non si confidano più, come una volta. Dopo un pò, mi svegliai, avevo davanti il tavolo e per sbaglio ci andai a sbattere. Mia madre sentì il rumore e corse da me. ''Che è successo?'' Mi prese: ''Stai attenta ok?'' mi disse mia madre mentre mi aiutava a rialzarmi. Io mi tenevo al tavolo, e poco dopo vidi che c'era un foglio sopra di esso. Iniziai a scarabocchiare, e a strappare quel foglio con forza e cattiveria. I miei bambini erano davanti a me, non me ne ero accorta e urlai ''Me la pagherà!''contro mio marito... Quel marito che dimenticai subito quei bei ricordi che avevamo passato. Quei bei ricordi che finirono in un lampo, e che andarono subito tra la lista delle cose che odio. ''Mi ha distrutto la vita mamma... Lo capisci?! Non sono più io!'' Urlai, avevo bisogno di sfogarmi. Mia madre mi abbracciò, i suoi abbracci di solito mi tranquillizzavano, ma in quel momento, niente mi aveva reso tranquilla. Tranne il fatto di sentire la voce dei miei figli e dei miei genitori accanto a me. Passò una settimana. Non uscì per niente di casa. Mia madre mi disse che mi portava a spasso. In realtà non sapevo che mi stava facendo una sorpresa. I miei parenti erano tutti lì, anche i miei figli. Mi portò all'ospedale, io non sentivo nulla. Nessuno parlava. ''Sicura che siamo al parco?'' Chiesi curiosa mentre mia madre mi accompagnò e aprì una stanza. ''È uno scherzo? Dai dimmi che nascondi...'' Dissi preoccupata, dato che non sapevo che, o chi, avevo davanti. C'erano dei dottori che mi dissero che potevo fare l'operazione per riavere la vista. Questa notizia mi fece cadere le lacrime dagli occhi. Era meraviglioso. Dopo ore e ore che passarono, uscì dalla stanza. Vedevo un po' offuscato ma vedevo. In quel momento, sentì solo il bisogno di abbracciare i miei figli, che mi fecero uno scherzo e stavano dietro di me. Li abbracciai a braccia spalancate mentre urlai di gioia. Purtroppo il viso, era quello che era, ma l'importante era di riaver avuto i miei figli con me, di poterli vedere, abbracciare e coccolare come un tempo. Di essere presente, sempre. Come un genitore dovrebbe fare. La gente giorno per giorno, mi rispettava. Mi stava iniziando a conoscere e quindi quelle risate non c'erano più. Forse di tanto in tanto, ma sai che c'è? Non m'importava, perchè mi resi conto che la felicità dei miei bambini e la mia, era la cosa più importante e evidente al mondo.

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3 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Anonimo il 07/04/2013 15:09
    Martina, quanto mi hai coinvolta!!! Nella tua enorme sofferenza prima, poi nella felicissima sorpresa della tua vista ritrovata, proprio quando mi stavo chiedendo come fossi arrivata alla pubblicazione del testo, non pensando ad un tale lieto finale. Mi ha dato davvero una gioia immensa.
    Che il resto della tua vita possa ampiamente ricompensarti di tutto quanto hai sofferto! Un fortissimo abbraccio. Vera

3 commenti:

  • Anonimo il 28/07/2013 09:37
    Confesso, solo ora ho colto le tue parole "Ho creato questa storia"... Credevo fosse autobiografica, ma <non importa>: chi sa usare le parole che tu hai voluto usare per trasmettere un messaggio di forza e sensibilità nei confronti di chi soffre, certamente tutto questo, in un modo o nell'altro, l'ha vissuto.
    Dunque, ancora grazie.
  • Anonimo il 28/07/2013 09:32
    Ti ho riletta... È stata una nuova iniezione di forza. Che tu possa avere tanta gioia dal presente e dal futuro, nonostante il passato. E che tu possa anche trasmettere il tuo coraggio a chi, tra noi, più ne ha bisogno. Vera
  • Martina Di Toro il 07/04/2013 15:20
    Grazie di cuore Vera! Il tuo commento mi ha fatto un enorme piacere leggerlo... Ho creato questa storia, un po' triste, per far capire a quelle persone che prendono in giro, senza rendersi conto che fanno del male ad alcune persone... Volevo farlo capire attraverso parole ^^

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