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Le due regine
C'era una volta un pianeta ricoperto da una vegetazione folta e lussureggiante e popolato da una gran quantità di animali. C'erano uccelli, rettili, pesci. C'erano animali grandi e piccoli, e c'erano due regine, Vita e Morte.
Vita percorreva le strade del suo regno accarezzando amorevolmente i suoi sudditi o sfiorandoli dolcemente con le labbra. Il suo tocco faceva crescere l'erba, dischiudere le uova e partorire le madri.
Anche Morte percorreva quelle strade dispensando il suo tocco su piante e animali, ma il suo tocco era violenza, guerra e fame, soprattutto fame.
Morte era veloce e Vita era stanca di rincorrerla per costruire e ricostruire ciò che veniva distrutto, così, un giorno, le chiese un incontro per parlare di pace.
Per oltre due ore si parlarono, si spiegarono, cercarono l'una di convincere l'altra. Per due ore non nacque nessuno in quel pianeta e nessuno morì, ma alla fine Morte fu categorica:
- Non dobbiamo fermarci, - le disse e riprese la sua falce per rimettersi al lavoro.
- Aspetta, - la trattenne Vita afferrandola per il braccio - se questa lotta deve continuare lascia almeno che trovi chi mi possa sostituire per un po' di tempo.
Morte le concesse un giorno di tregua e Vita creò due Araldi, in cui infuse tutto il suo potere e tutto il suo sapere. Infine si preparò ad un lungo riposo.
- Dormirò per milioni di anni, - disse loro - Fate del vostro meglio fino al giorno in cui vi richiamerò al mio cospetto e tornerete ad essere parte di me.
Con un sorriso Vita chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.
Per molti secoli gli Araldi percorsero il pianeta in lungo e in largo toccando le piante e gli animali, rendendoli fertili, facendoli figliare come Vita aveva loro insegnato: i figli come i genitori, un po' come la mamma, un po' come il papà. Qualche volta, raramente, commettevano degli errori. Non si può sempre essere precisi quando si lavora sotto stress. Uno stress che cresceva di giorno in giorno e metteva a dura prova la loro pazienza, uno stress che aveva un nome e un volto: Morte, che percorreva veloce le strade del pianeta. Doveva pur esserci una via d'uscita, doveva pur esserci un modo diverso di lavorare, pensavano.
Un giorno presero la decisione che avrebbe cambiato il destino del pianeta: Morte doveva essere fermata.
Si appostarono ai margini di una foresta, nascosti tra piante e animali, e le tesero un'imboscata.
- Verrà per ucciderli, - pensavano aspettando il suo arrivo, e la Regina Nera arrivò brandendo la sua falce oscura. Gli Araldi la bloccarono, la rapirono, la incatenarono. Nel pianeta crearono un ordine nuovo. Bandirono la fame, la violenza e la guerra. Ogni nuovo nato avrebbe vissuto la sua lunga vita. La morte sarebbe sopraggiunta solo al termine della vecchiaia. Una morte pietosa, che gli Araldi si arrogarono il compito di dispensare a tempo debito, per far spazio alle nuove generazioni.
Morte, seppure bloccata e incatenata, riusciva a percepire i cambiamenti che avevano introdotto nel suo regno, e non li approvava.
- Sono giovani, - pensava - giovani e irruenti, ma con il tempo capiranno.
Gli Araldi credevano di aver creato un Eden e, fieri del proprio operato, continuarono a dispensare la vita, come gli era stato insegnato, e la morte, come avevano stabilito, ignari dei segnali che già si stavano manifestando.
Anche se liberi dallo stress, continuavano a commettere degli errori, molti meno di prima, ma continuavano a commetterli, perché nessuno è infallibile, neanche gli Araldi. Così gli animali iniziarono a nascere leggermente più deboli dei loro genitori, leggermente più lenti o più miopi, e i loro figli ne ereditarono i difetti, perché gli Araldi continuavano a farli nascere un po' come la mamma, un po' come il papà. Con il tempo la situazione peggiorò, gli errori si accumularono, rendendo le generazioni successive sempre più deboli, lente, miopi. Infine iniziarono a nascere animali ciechi, storpi, deformi.
Gli Araldi volevano curare quel mondo malato, ma nonostante il loro potere e il loro sapere non riuscivano a capire cosa stava succedendo. Presi dalla disperazione pensarono di risvegliare Vita, ma si trattennero quando capirono che era inutile, perché Vita aveva già dato loro tutto il proprio sapere e tutto il proprio potere.
Finalmente un dubbio si insinuò nella loro mente, il dubbio che la Regina Nera fosse depositaria di conoscenze a loro ignote. Ingoiando il proprio orgoglio, gli Araldi si decisero a chiederle aiuto.
Morte posò su di loro il suo sguardo gelido e con un solo gesto si liberò delle catene. Avrebbe potuto farlo molti secoli prima, ma aveva aspettato e dato loro il tempo di capire, di fare esperienza, di crescere. Ora basta! Era giunto il momento di ricostruire ciò che era stato distrutto.
- Fate del vostro meglio, senza risparmiarvi. Io non vi aspetterò.
Morte iniziò a correre, veloce. Non era mai stata così veloce. Si girò solo una volta, per controllare. Anche gli Araldi stavano correndo.
Per la prima volta dopo molti secoli gli animali sentirono i morsi della fame, sentirono il bisogno di appagarla, ora, senza indugi, e iniziarono a correre, i predatori per mangiare, le prede per non essere mangiate. Morte correva accanto a loro falciando predatori e prede. Per primi morirono i ciechi, incapaci di accorgersi del pericolo o di localizzare il proprio cibo. Poi gli storpi, troppo lenti per raggiungerlo e azzannarlo, o per fuggire e mettersi in salvo. Nel frattempo gli Araldi continuavano a lavorare come Vita aveva loro insegnato: i figli come i genitori, un po' come la mamma, un po' come il papà. E mentre promuovevano la vita sul loro pianeta si rendevano conto che nascevano sempre meno animali malati, perch¶e c'erano sempre meno genitori malati.
Infine non ci furono più né ciechi né storpi, ma Morte non si fermò, e continuò a falcidiare prede e predatori mentre gli Araldi continuavano a generare nuova vita e, raramente, a commettere degli errori. Nella maggior parte di questi casi i nuovi nati erano più deboli o più lenti dei loro genitori e venivano falciati prima dei loro simili; ma in alcuni, rari casi, nascevano individui più forti o più veloci, che riuscivano a sfuggire alla falce della morte un po' più a lungo, guadagnando del tempo prezioso per generare qualche figlio in più a cui trasmettere quel piccolo vantaggio competitivo nato dall'errore degli Araldi.
****
Sono trascorsi molti anni. Vita continua a dormire, le piante e gli animali a nascere e morire. Gli Araldi continuano a lavorare, facendo del loro meglio.
- Ci deve pur essere un modo diverso di lavorare, - continuano a pensare, ma hanno capito la lezione.
Non hanno scoperto come dare al loro mondo sia la pace e la serenità dell'Eden del primo periodo, che la dinamicità nata dalla loro collaborazione con Morte, ma non hanno smesso di cercare,
- Perché sono giovani e pieni di entusiasmo e non si lasciano smontare dagli insuccessi.
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- Ciao Emiliano. Provo a chiarire alcuni dubbi.
Morte concede un giorno di tregua, giorno in cui non uccide. Vita usa quel giorno per creare gli suoi Araldi, poi la tregua finisce. Morte riprende ad uccidere, ma dall'altro lato non sarà Vita a creare, ma gli Araldi.
Riguardo a cosa ho voluto comunicare ammetto che il messaggio è difficile da leggere. Ho voluto mostrare come creare e uccidere, senza premeditazione, senza un secondo fine, puo' far evolvere le specie grazie ai piccoli errori e alla loro replicabilità. Un meccanismo semplice, elegante e crudele.
Chi ne giova? Forse i sopravvissuti, forse neanche loro. Il meccanismo evolutivo esiste, ma non credo sia stato creato perché qualcuno ne giovi.
Ultima riflessione. Il racconto non vuole essere una spiegazione esaustiva del meccanismo evolutivo. Per ammirarlo in tutta la sua bellezza ci sono ben altri libri, tra cui "il gene egoista" di Richard Dawkins.
- questa fiaba mi ha lasciato interdetto. Avrei potuto non commentarlo, ma non sono capace di stare zitto. L'idea è buona e originale, è scritta anche benino. Un po' di pasticci, Vita che chiede di dormire, Morte gli concede un giorno, che però è mille anni? Milioni di anni? Ci stà l'idea di Morte che "corregge" gli errori, che falcia i nati stanchi, ovvero è la legge di Natura. Ma a chi giova tutto ciò? Cosa hai voluto comunicare al mondo? Rimango confuso.
- Affascinante

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