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Insano
Insano
Suonai il campanello restando in attesa. Nessuna risposta, solo il ronzio della porta automatica che si apriva. Come sempre, feci le due rampe di scale con calma, assaporando lentamente ciò che avrei trovato di li a poco. La porta era socchiusa, una lama di luce verde filtrava dallo spiraglio, e il forte sentore d'incenso mi penetrò subito le narici, provocandomi il consueto inebriante stordimento. Varcai la soglia e richiusi con calma, evitando che anche il più piccolo rumore potesse rovinare quell'atmosfera densa di promesse e mistero. Lei, seduta sul divano, mi osservò attraverso la maschera che era solita usare durante i nostri incontri, una sottile striscia nera di pelle a coprirle gli occhi e parte del viso. A parte quella era completamente nuda. Le gambe accavallate esaltavano i polpacci scolpiti e muscolosi mentre i capezzoli, duri e appuntiti, spiccavano come due dardi al centro dei seni pieni e sodi. Le labbra carnose, lucide di rossetto, stringevano un bocchino sottile color avorio, il volto circondato da un'impalpabile nebbiolina azzurrognola. Chiusi gli occhi e li riaprii, quasi che quella visione fosse solo un sogno, frutto insano della mia fantasia malata e vogliosa di perversione. Ma bastò il suono della sua voce a riportarmi alla realtà, una voce roca e profonda, una voce che mi sciolse ancora una volta come ogni volta. Obbedendo all'ordine, mi lasciai cadere sul divano e attesi. Non gradiva che prendessi l'iniziativa, tutto doveva partire da lei e solo lei avrebbe dettato i tempi, da quel istante ero semplicemente il suo schiavo.
Trascorsero minuti interminabili, durante i quali faticai a mantenere il controllo. Potevo sentire e vedere i battiti del mio cuore martellarmi e sollevarmi la camicia sottile, la volevo ma dovevo attendere. Dopo quella che mi parve un'eternità, tolse ciò che rimaneva della sigaretta dal bocchino spegnendola in un portacenere a forma di conchiglia, quindi si voltò nella mia direzione. Non avevo dubbi su ciò che sarebbe successo di li a poco, ciononostante sentii l'eccitazione aumentare a dismisura e la mia mano, mossa da forza propria, corse alla cerniera dei jeans. Il colpo arrivò senza preavviso. Un dolore lancinante seguito da un bruciore altrettanto lacerante mi partì dalla mano sino ad arrivarmi al cervello. Come d'incanto, un frustino era apparso nelle sue mani. Le dita lunghe e affusolate lo stringevano con fermezza, mentre le labbra assunsero una piega sadica e gli occhi, sotto la maschera, luccicarono d'eccitazione. Mi prese la mano e se la passò sui seni, la scia di sangue fresco risaltò netta sulla pelle candida, quindi mi afferrò la nuca e mi ordinò di ripulirla...
Fu la donna delle pulizie a ritrovare il corpo. Intenta a pulire il pianerottolo, avvertì subito l'odore pur tenue dell'incenso. La porta era semi aperta, e dall'interno non filtrava un ben che minimo spiraglio di luce. La cosa le apparve strana in quel palazzo signorile e abitato da persone benestanti, nessuno si sarebbe mai sognato di andare a dormire senza chiudersi bene dentro. Cautamente, spinse l'uscio mettendo appena dentro la testa. Immediatamente fu assalita da un altro odore che, mischiato a quello acre dell'incenso, le bruciò occhi e gola. Non riuscì a capire di cosa si trattasse, solo che era sgradevole, molto sgradevole. A tentoni cercò l'interruttore e lo trovò. L'urlo scosse il palazzo sin alle fondamenta e, nel volgere di qualche minuto, una piccola folla si era radunata davanti all'appartamento. La povera donna, semi svenuta e in stato di shoc, fu portata via da un paio di inquilini, mentre i più coraggiosi entrarono e inorridirono. Il salotto era praticamente tappezzato di sangue. Le pareti, il pavimento piastrellato di bianco, per non parlare del divano dello stesso colore. E proprio sul divano si trovava la parte più ampia del corpo, tronco e arti inferiori. Un braccio, staccato di netto alla base della spalla, spiccava bluastro in un angolo mentre l'altro, tranciato all'altezza del gomito, sporgeva da sotto un tavolino basso, anch'esso lordo di sangue. Dal tronco erano stati asportati i seni, al loro posto due cavità nere con i tessuti lacerati ben evidenti. Ma a coloro che fissarono inebetiti quello scempio non sfuggì un particolare, nessuna traccia della testa. Più tardi la scientifica avrebbe fatto passare l'appartamento in ogni suo centimetro, ma del capo della vittima nemmeno l'ombra. Inoltre, le mani e le dita erano state praticamente scuoiate via, come se l'assassino volesse rendere praticamente impossibile il riconoscimento attraverso le impronte digitali. Cosa che in effetti mise in notevole difficoltà gli inquirenti, unita al fatto che, pur sembrando incredibile, nessuno dei vicini seppe dire con esattezza chi occupasse l'abitazione.- Una volta era un palazzo serio...- Disse con voce sdegnata un anziano signore. Alto e magro, indossava una vestaglia da notte d'altri tempi decisamente troppo larga.- ... abitato da persone per bene e ci si conosceva tutti...- Più tardi, gli inquirenti vennero a saper che la proprietà dell'intero palazzo era stata, di recente, venduta ad un'agenzia immobiliare molto nota. Essendo molto vicino al centro e a svariati uffici, l'agenzia non era andata per il sottile, affittando gli appartamenti a prezzi elevati e non accessibili a tutti. Per la maggior parte, si trattava di avvocati o funzionari di banca, persino il direttore del più grande istituto di credito della città vi aveva soggiornato per qualche tempo, in attesa che fosse ristrutturata la propria villa in periferia. Gli impiegati dell'agenzia confermarono che l'appartamento era stato affittato tre mesi prima a una giovane donna, tale Anya Nowak, di origine polacca. Ballerina di nightclub professionista, si era presentata con denaro contante asserendo che avrebbe dovuto soggiornare in città per sei mesi circa, pagando anticipatamente l'intero periodo. Solitamente il regolamento prevedeva un minimo di un anno, ma la giovane, dopo aver riaperto il portafogli, aveva aggiunto un notevole extra, chiudendo sul nascere la questione. Non l'avevano più rivista.
Butto con violenza la sacca sulla poltrona e mi lascio cadere sul pavimento, le gambe incrociate. Non so per quanto tempo rimango in quella posizione, le braccia penzolanti sulle cosce e la testa... mio Dio la testa. Il dolore è lancinante e martellante, così come era stato devastante poco prima, quando lei aveva oltrepassato ogni limite. Dopo avermi fatto denudare, aveva iniziato a frustarmi con violenza. Le ferite su schiena braccia e torace mi bruciano da morire, ma io ero innamorato, la volevo e avrei sopportato, ma non sino a quel punto. Quello che accadde dopo è un ricordo vago e confuso. La mia corsa verso la cucina e quel coltellaccio in mano, l'ironia nella sua voce e la sfrontatezza quando mi si parò davanti sfidandomi. Il primo colpo che le staccò quasi del tutto il braccio che teneva la frusta, l'urlo che bloccai colpendola con violenza sulla bocca con una testata. Il suo trascinarsi verso la porta sputando denti rotti e saliva e il mio afferrarla per i capelli trascinandola indietro. Poi solo sangue e ancora sangue... mio Dio come l'amavo... ma non potevo lasciarla, qualcosa di lei doveva rimanere con me, qualcosa che me la ricordasse ogni giorno... ogni istante della mia vita. Guardo la sacca e mi alzo lentamente, le fitte alla testa sono tremende e le vertigini mi fanno barcollare ma resisto... l'apro.
Dopo essere stato sotto la doccia per una buona mezz'ora, mi lascio cadere sul letto e subito sprofondo in un sonno pesante e senza sogni. Quando riapro gli occhi, mi accorgo che è giorno fatto, la schiena mi brucia da impazzire ma devo andare, mi aspettano e non posso fare tardi. Indosso pantaloni e camicia puliti, la giacca che avevo con me la sera prima, e che mi ero tolto all'arrivo in quella casa, non è sporca di sangue e quindi la indosso. Tasto nelle tasche alla ricerca delle chiavi e mi blocco spaventato. Oltre a quelle infatti, avevo un altro oggetto che ora sembra sparito. Frenetico, mi aggiro per la stanza alla sua ricerca, sperando che sia scivolato fuori quando me la sono tolta al momento di spogliarmi. Dopo aver strisciato per tutto il pavimento mi rialzo ansante e dolorante, dell'oggetto nessuna traccia. Un pensiero terribile mi attraversa il cervello annebbiandomi la vista. Potrei averlo perso per strada certo, ma qualcosa mi dice che non è così, sento che quella cosa è rimasta nell'appartamento di... di... mio Dio. Cercando di darmi una calmata, medito su cosa sia meglio fare e, alla fine, mi rendo conto che in fondo non posso proprio rimediare. La casa, a quest'ora, sarà già stata messa sotto sopra, nessuna possibilità di recuperarla. Poi, facendo mente locale, cerco di ricordare se dentro vi sia qualcosa di compromettente, qualcosa che possa far risalire a me. Tiro un sospiro di sollievo, sono praticamente sicuro di non aver lasciato nessun indizio, anche se la polizia si starà domandando cosa ci potesse fare un oggetto simile in un posto come quello. Parzialmente rassicurato da questo pensiero, mi richiudo la porta alle spalle e scendo lentamente le scale.
Per fortuna non devo fare molta strada. La mia faccia non dev'essere certo uno spettacolo e copro la distanza abbastanza in fretta. Una volta entrato, mi cambio velocemente d'abito e mi lascio quindi cadere sulla sedia. Mi sento finalmente al sicuro, solo qua riesco infatti a togliermi di dosso tutte le ansie e i dubbi. Guardo l'orologio e mi preparo, tra poco arriveranno le prime persone e devo essere pronto a svolgere al meglio ciò per cui ho studiato. Ecco, sento la porta aprirsi e un rumore di passi, appaiono incerti, quasi non sapessero dove andare. La cosa mi risulta strana, tutti o quasi mi conoscono, come conoscono il mio compito, perché quei passi esitano? Ma ecco che riprendono decisi, forse la persona è la prima volta che viene qui, mi do mentalmente dello stupido per essermi allarmato per così poco. Giunta dinanzi alla mia postazione, la persona si ferma, esita e quindi si decide. Sento chiaramente il rumore secco delle ginocchia che toccano il legno ruvido, scosto la tendina.- Sia lodato Gesù Cristo...
Passo un paio d'ore ad ascoltare i pentimenti degli essere umani, un'iniezione rigenerante dopo lo sfinimento del giorno prima. Ascolto con pazienza e assolvo, assorbendo ogni volta i loro peccati facendoli miei, nuova linfa. Sento pian piano l'energia scivolarmi nelle vene, risalendo sino al cuore e al cervello, sono di nuovo vivo! Più tardi, nella mia stanza, prendo la sacca e l'apro. La mia donna mi fissa con gli occhi spalancati, il volto cinereo, quasi bluastro. Chiudo gli occhi e avvicino le labbra alle sue, posandovi sopra un leggero bacio.- Mi dispiace amore mio ma le persone, la mia gente, mi hanno affidato un nuovo compito...- Lei, muta e inespressiva, continua a fissarmi, quel giorno stesso ci saremmo lasciati... per sempre. Con la musica di Mozart come sottofondo, attendo il buio con pazienza. Devo essere molto cauto eppure la smania di dover sprigionare l'energia accumulata mi fa fremere. Si, una volta detto addio alla mia donna, avrei cercato un'altra anima dannata, una pecorella smarrita da redimere e purificare. Quando l'oscurità mi avvolge del tutto, afferro la sacca ed usco nella notte umida.
Ma si può sapere che fine ha fatto Anya?- L'uomo guardò la ragazza inarcando un sopracciglio. Sulla quarantina, teneva i lunghi capelli corvini avvolti in una treccia che gli arrivava sino a metà schiena. Da entrambi i lobi gli pendevano costosi orecchini con diamanti purissimi. L'elegante cappotto semi aperto, lasciava intravedere una camicia bianca di seta aperta anch'essa. Sul petto villoso, una catenina d'oro con un crocifisso grande quanto una mano luccicava alla luce del lampione.- Non lo so Gregor... ieri sera dopo lo spettacolo è andata via subito, aveva un appuntamento...- Rispose la giovane con un certo timore. Biondissima e bellissima, indossava un mini abito rosso che metteva in risalto le lunghe gambe color del marmo. Pur truccata in maniera esagerata, non si poteva fare a meno di restare ammaliati da quegli occhi azzurro cielo. Ma l'uomo non sembrava interessato a tutto ciò, continuò invece a fumare nervosamente guardando continuamente l'orologio.-Non è la prima volta che mi tira un bidone, ma stavolta giuro che me la paga, stavolta le farò male...- La ragazza spalancò la bocca a quelle parole, fece un passo in avanti afferrandolo per un braccio.-Ti prego Gregor, vedrai che arriva, ma non farle del male... ti prego...- L'uomo dapprima la guardò sorpreso, quindi allargò con violenza il braccio mandandola a sbattere contro il lampione.- Non mettermi mai più le mani addosso Petra... o comincio da te, ed ora fila dentro, se quella stronza non arriva farai il numero da sola, andrò io a prenderla a casa quella troia... ed ora fila!- Petra gli lanciò un'occhiata talmente pregna d'odio che l'uomo arretrò d'istinto di un passo ma, senza aggiungere altro, aprì la porta del retro entrando nel locale. Gregor diede di nuovo un'occhiata all'orologio quindi, dopo aver buttato il mozzicone, s'incamminò deciso.
Osservo la scena al riparo di un grosso furgone dall'altra parte della strada. Forse non sono stato molto saggio a tornare in questo posto ma non ho avuto scelta. Poco prima infatti, ho detto addio alla mia donna sulle rive del fiume, gettandola nelle acque scure e osservandola allontanarsi nella corrente. Tornare in questo posto lo considero un omaggio alla sua memoria, inoltre non avrei avuto problemi a trovare ciò che sto cercando. Ma non ho di certo previsto questa svolta. Quando vedo la ragazza, il mio obiettivo primario sparire nel locale, esito. Dovrei entrare e studiarla, capirne gli atteggiamenti e le paure, avrei dovuto scrutarla. Ma sarebbe stato troppo imprudente, la polizia aveva sicuramente fatto domande e chiesto in giro. Subito mi torna alla mente ciò che penso di aver perso nell'appartamento, ma mi tranquillizzo altrettanto in fretta. Nessun tutore dell'ordine mi ha ancora cercato e di breviari ne esistono migliaia, più o meno simili, e sono sicuro di non avervi mai annotato nulla. Ma l'uomo m'incuriosisce.
La maniera con cui tratta la ragazza in particolare, mi fa intuire vagamente il suo ruolo, la sua professione. In breve dimentico lei e il locale, la mia mente si concentra sulla figura elegantemente vestita. Si, anche stasera ho trovato la mia pecorella, non sarà facile certo. L'uomo sembra robusto e determinato, ma la cosa non mi preoccupa più di tanto. So d'avere dalla mia parte una grande forza, quella forza che le persone, attraverso i loro peccati, mi trasmettono tutti i giorni. Quando lo vedo incamminarsi lungo la via, recito una breve preghiera d'auspicio ed inizio a seguirlo.
Quando arrivò a casa di Anya, Gregor si bloccò osservando la pattuglia di polizia che stazionava davanti all'ingresso. Le persiane erano accostate e nessuna luce vi filtrava attraverso, cosa diavolo era successo? Fingendo di passare lì per caso, si accese una sigaretta avvicinandosi ai poliziotti.- Buonasera agenti, è forse accaduto qualcosa?- Il più anziano dei due, ben tarchiato e dal ventre prominente, lo guardò annoiato.- E perché la cosa dovrebbe interessarle? Conosceva forse chi abitava in quell'appartamento?-Gregor attese un istante prima di rispondere.- Ha detto conosceva... c'è stato forse qualche delitto?-L'agente si staccò dall'automobile e gli si piazzò davanti.- Senta amico mio, lei è un po troppo curioso per i miei gusti, mi faccia un po vedere i documenti...-
Quando mi rendo conto della direzione che ha preso l'uomo esito per un attimo. L'idea di tornare in quel posto non mi entusiasma di certo, ciononostante continuo a seguirlo. Tenendomi sempre a distanza di sicurezza, vedo l'uomo avvicinarsi agli agenti e chiedere qualcosa, mi fermo. I miei occhi corrono subito alle finestre dell'appartamento. Come in un flash, mi ripassano nella mente i momenti vissuti la dentro. La voglia terribile di possederla, la sua ironia e il suo disprezzo. Sento un formicolio attraversarmi il basso ventre, un'eccitazione che diviene quasi malore fisico nel momento stesso che ripenso alla mia reazione. Il sangue, lei che strisciava verso la porta, la mia assoluta calma nel farla a pezzi. Stupida... stupida femmina, avrebbe potuto salvarsi e invece... Vengo distolto da quei pensieri da voci alterate e stridule, abbasso nuovamente gli occhi. Adesso anche l'altro agente si è avvicinato al mio uomo che, gesticolando con furia, sembra spaventato a morte. Pur essendo abbastanza distante, sento chiaramente pronunciare la parola documenti dall'agente grosso. Ed è a questo punto che accade il tutto. Fulmineo, l'uomo estrae una pistola e la punta sui due agenti impietriti dalla sorpresa.
Allontanatevi dall'auto... svelti!- ringhiò Gregor all'indirizzo dei due agenti.- E buttate a terra le armi... veloci cazzo!- I due si scambiarono un'occhiata d'intesa quindi, estratti i revolver dalle fondine, li lasciarono cadere ai loro piedi.- Bene... ed ora faccia a terra... subito!- Ancora una volta i poliziotti obbedirono, mentre Gregor, dopo una rapida occhiata al posto di guida, saltò sul sedile allontanandosi con un gran stridio di freni. Il tutto avvenne in una trentina di secondi e il silenzio, subito dopo, apparve irreale. Gli agenti si rimisero subito in piedi recuperando le armi, per poi puntarle verso il fondo della strada, ma fu tutto inutile. L'automobile infatti, dopo aver sfiorato per miracolo un ciclista proveniente dalla parte opposta, imboccò una stradina laterale sparendo alla vista dei poliziotti. Imprecando, l'agente anziano sfilò la radio portatile dalla cintura e chiamò la centrale.
Mi accorgo di aver trattenuto il fiato osservando tutta la sequenza. Trenta secondi durante i quali ho pensato davvero che l'uomo sparasse. I due agenti stanno parlando ancora tra di loro, sono visibilmente scossi ed irritati, ma la cosa non m'interessa più oramai, mi volto e mi allontano senza fretta. Percorro il tragitto avvolto in uno stato d'ansia, continuando a ripetermi che potrei ancora trovare una vittima sacrificale, in fondo non è ancora troppo tardi. Ma ormai la mia mente è presa da quell'uomo, l'avevo puntato e mi è sfuggito. Sbatto la porta quando entro nella mia stanza, ora sarebbe stato più difficile rintracciarlo. La sua fotografia e i suoi dati sarebbero stati trasmessi a tutte le pattuglie, sempre che non decida di fuggire dalla città. No, l'unico modo per arrivare prima della polizia è solo uno, l'altra ragazza. Devo uscire di nuovo, non ho scelta. Non potrò giocare come ho fatto con l'altra, il tempo è prezioso e non posso permettermi divertimenti. Lei saprà sicuramente dove possa nascondersi e me lo dirà, con le buone o con le cattive. Il pensiero del mini abito rosso però mi fa attraversare da un fremito. La figura esile e gli occhi poi... quegli occhi.
Scrollo il capo come a voler liberarmi da un insetto fastidioso quindi, quasi di corsa, apro il rubinetto della cucina e vi caccio sotto la testa. Il getto dell'acqua fredda sembra calmarmi, ma il ronzio nelle orecchie continua, mio Dio... dammi la forza. Mezz'ora più tardi sono di nuovo dinanzi al locale. La strada è ancor più deserta e silenziosa... attendo.
L'attesa è lunga, il locale chiude molto tardi e, come ebbi modo di verificare la volta passata, le ragazze si esibiscono sino alla fine. Sono ormai le quattro del mattino quando, da un'uscita secondaria, la ragazza dal vestito rosso esce in strada. Per proteggersi dall'umidità, indossa un vistoso mantello nero con cappuccio e lunghi guanti dello stesso colore. Sogghignando, ripenso alla favola del lupo cattivo e della giovinetta nel bosco, un paragone più che azzeccato. Dopo aver salutato le altre ragazze, si guarda attorno smarrita, sicuramente si aspettava di trovare l'uomo ad attenderla, ignara dello svolgersi degli eventi. Esita un istante, quindi s'incammina lungo la via, il rumore dei tacchi rimbombante nel silenzio della notte. Il fatto che non possegga un'automobile mi conforta, non ne ho mai avuto una e compio le mie missioni rigorosamente a piedi, l'inseguimento e il pedinamento mi eccitano da morire. Attendere un altro lungo giorno mi avrebbe snervato, la caccia è aperta e, finché non l'avrò conclusa, non mi riterrò soddisfatto. Le lascio un minimo di vantaggio quindi mi metto sulla sua scia, attento a non avvicinarmi troppo. Improvvisamente mi sovviene che le due ragazze possano abitare assieme. Ma è un dubbio che scaccio subito, in primo luogo avrebbe saputo della morte dell'amica inoltre, durante la mia visita, non ho notato nulla che mi facesse pensare a questa ipotesi, l'appartamento era chiaramente abitato da una sola persona. Dubbio che svanisce definitivamente quando la ragazza prende tutt'altra direzione. Giunta nei pressi di un parco abbastanza esteso, si ferma voltandosi di scatto. Io mi trovo a circa una cinquantina di metri di distanza, parzialmente riparato da un grosso albero. La vedo scrutare nella mia direzione, l'unico suono che si ode è il cigolio di un'altalena poco distante, trattengo il fiato. Dopo quella che mi sembra un'eternità, riprende il cammino addentrandosi tra piante e arbusti, probabilmente la via più breve per arrivare a destinazione. Pensando freneticamente, mi chiedo se sia meglio seguirla sino a casa oppure agire subito. E se abitasse in un condominio? Potrebbe essere difficile e troppo rischioso. Mi maledico per le scarne informazioni in mio possesso, ma la fulminea azione dell'uomo mi ha colto di sorpresa costringendomi a improvvisare. Il parco invece, oltre che esteso è anche deserto a quest'ora, il luogo ideale. Senza pensarci oltre, lascio il mio nascondiglio di corsa, devo prenderla di sorpresa, non darle il tempo di capire. In un batter d'occhio mi ritrovo anch'io tra la vegetazione. Il parco è sporco e tenuto male, rifiuti d'ogni genere sono sparsi ovunque, noto anche delle siringhe piantate negli alberi. Poi la vedo. Nonostante il rumore provocato dalla mia corsa sembra non avermi sentito, mi fiondo su di lei. Si volta nel momento stesso che le sono a un paio di metri, i grandi occhi azzurri spalancati dalla sorpresa e dal terrore.
Non le lascio il tempo di gridare, il mio pugno scatta deciso e violento colpendola in pieno volto e mandandola a sbattere conto un albero. Si accascia al suolo senza un lamento, mentre un rivolo di sangue le scende dalle labbra spaccate. Mi guardo attorno e non vedo nessuno, il silenzio è totale e solo il cigolio dell'altalena accompagna i miei movimenti. Poco lontano, noto un groviglio di arbusti e siepi alto circa un metro e mezzo, mi avvicino e osservo all'interno. Nel mezzo, una specie di nicchia con i resti di una coperta e alcuni preservativi usati... perfetto. Afferro la ragazza per le caviglie trascinandola all'interno di questo nascondiglio naturale e prendo fiato, dall'esterno impossibile notarci, se non entrando per forza. Dalla tasca della giacca, prendo il robusto filo di nylon che porto sempre con me e le lego saldamente mani e caviglie, quindi mi concentro sugli abiti. Il mantello è assicurato solo da un laccetto all'altezza del collo, sciolgo il nodo e lo apro del tutto. L'abito corto è risalito sin quasi all'inguine, e la vista delle sottili mutandine, anch'esse nere, mi provoca il solito formicolio all'inguine. Calma... devo mantenere la calma. La ragazza deve solo dirmi dell'uomo, devo sapere come si chiama e i suoi eventuali rifugi. È lui il mio obiettivo, lasciarmi andare ad altre sensazioni potrebbe farmi perdere tempo prezioso. Distolgo gli occhi e mi frugo ancora nelle tasche. Il crocifisso è in bronzo e grande una spanna. Ho modificato la parte finale della croce rendendola perfettamente appuntita, un'arma perfetta in tutti i sensi. Non vorrei usarla contro la ragazza, non la conosco e non ho avuto tempo e modo d'ascoltare i suoi peccati. Con l'altra è stato diverso, l'altra mi ha ingannato e umiliato, e ha pagato con la vita. La guardo di nuovo, è ancora svenuta e non accenna a svegliarsi ma devo fare in fretta, l'alba è molto vicina. La schiaffeggio leggermente sulle guance, è fredda e sembra inerme, poi apre di colpo gli occhi e mi fissa. Sta per urlare, ne sono certo. Non avevo nulla con me per chiuderle la bocca quindi, altrettanto fulmineo, le porto con violenza una mano alle labbra, spaccandole ancor di più. Mentre il sangue mi cola sul palmo, con l'altra mano le piazzo il crocifisso davanti agli occhi.- Non ti farò del male...- sussurro con voce bassa e roca.-... ma voglio delle risposte... se farai la brava non mi vedrai più, altrimenti mi terrò quei bellissimi occhi come souvenir... chiaro?
Sporgendomi oltre la siepe, mi assicuro non vi sia nessuno nei paraggi. In lontananza noto un uomo che sta portando il cane a passeggio, ma sta andando nella direzione opposta, nessun pericolo. La ragazza non ha urlato, e questo è un buon segno. Mi chino nuovamente su di lei e, inevitabilmente, l'occhio cade sulle gambe lunghe e lisce, l'orlo delle mutandine sempre ben visibile, cerco di scuotermi e non pensarci.- Voglio solo sapere dove posso trovare quell'uomo...- dico a voce bassa.- Ha avuto un piccolo diverbio con la polizia ed è fuggito, quindi non m'interessa dove abita, non sarà tanto idiota da tornarci, dove può essersi rifugiato?- Lei dapprima mi guarda con stupore, sembra quasi soppesare le mie parole, infine uno sguardo tra il dispiaciuto e il terrorizzato le si dipinge sul viso.- Non lo so giuro...-attacca in un italiano dal forte accento slavo.- Io conosco da poco Gregor... lui protegge me... ma io non sapere nulla di sua vita...- Dalla sua espressione capisco che sta mentendo, rabbia e la delusione mi montano dentro immediatamente. Col dorso della mano, la colpisco con violenza aprendole un altro taglio sulle labbra, quindi le afferro il collo facendo pressione sulla trachea.- Senti piccola puttana, devi almeno sapere dove bazzica e chi frequenta, un indizio... dammi solo una traccia altrimenti...- Nel mentre aumento la pressione sul collo lungo e affusolato. Lei spalanca la bocca martoriata in cerca d'aria, la pelle del viso inizia a diventare cianotica, allento la presa e la colpisco di nuovo. In tutti questi movimenti frenetici, mi accorgo di esserle sopra, il membro duro a premere contro il suo bacino.- Non vuoi parlare? Bene... adesso ci divertiamo maledetta troia, e se urli ti ammazzo seduta stante...- minaccio puntandole la punta del crocifisso alla gola. Contemporaneamente, mi abbasso la cerniera dei pantaloni e, con uno strattone, le strappo via i minuscoli slip. Poi le sono subito dentro, lei cerca di serrare le cosce ma io affondo ancor di più il crocifisso nella morbida carne del collo aprendole una leggera ferita. La vista del sangue mi eccita maggiormente, inizio a leccarlo mentre il ritmo dei miei colpi si fa più serrato e violento. Lei sembra cedere e apre leggermente le gambe, quindi cerca le mie labbra con la lingua, è mia finalmente. Poi la vista mi si annebbia e un dolore tremendo mi scuote in tutto il corpo. Sento i suoi denti affondare nella mia lingua, il sapore del mio sangue mischiato al suo, ho la chiara percezione che stia per staccarmela. Tutto avviene in un lampo. Nel momento stesso che esplodo dentro di lei, affondo con decisione la punta del crocifisso nella gola. Un fiotto di sangue m'investe in pieno volto, mentre sento i muscoli della ragazza irrigidirsi e contrarsi un paio di volte, quindi rimane immobile. Ansante e sconvolto, mi rialzo sputando sangue e piccoli pezzi di carne, c'è mancato poco che me la staccasse davvero.- Stupida stronza...- mormoro mentre le prime automobili iniziano a sfrecciare poco lontano. Devo fare in fretta, tra poco il parco sarà animato e frequentato. Mi abbasso di nuovo mettendomi a cavalcioni sul cadavere, la punta a pochi centimetri dal suo volto.- Te l'avevo promesso stupida...- Quindi, con calma, la inserisco nella cavità orbitale e le asporto il primo occhio, subito dopo ripeto la stessa cosa con l'altro. Facile come bere un bicchiere d'acqua. Prima di rialzarmi, le incido sulla fronte il segno della croce e recito il Requiem aeterman quindi, dopo essermi assicurato che non ci sia nessuno nei paraggi, esco dal rifugio improvvisato e mi dileguo.
Nel tragitto verso casa, cerco di tamponarmi la ferita col fazzoletto, quella maledetta ha morsicato davvero forte. Ma capisco di non avere ne il tempo ne la voglia di tornare a casa. Quell'uomo deve pagare e devo trovarlo al più presto, oramai è diventato un chiodo fisso. Prima però, devo compiere un rito a cui non posso sottrarmi, il mio atto purificatorio. Giungo sulle rive del fiume quando l'alba sta sorgendo, le acque sono calme e tranquille, nessuno a correre sugli argini, è ancora troppo presto. Il posto è il medesimo, quello della notte in cui diedi addio alla mia donna, al mio amore. Affondo la mano nella tasca della giacca e afferro qualcosa di morbido e viscido. Gli occhi hanno perso del tutto il loro fascino, sono solo un ammasso sanguinolento e in disfacimento. Allungo il palmo aperto dinanzi a me e recito una breve preghiera di ringraziamento, quindi li lascio cadere nelle acque torbide. Sono spossato, mi capita sempre dopo aver mondato dai peccati una pecorella smarrita. Ma ora tocca a Gregor, conosco finalmente il suo nome e, anche se è una flebile traccia, potrà aiutarmi nella ricerca. Devo tornare al locale, non ho altra scelta.
Abbandonata l'automobile in una via secondaria, Gregor s'infilò in un bar aperto tutta la notte e ordinò subito una bottiglia di vodka. Il liquore ebbe il potere di placare i nervi tesi, permettendogli di pensare con la dovuta calma. Aveva agito velocemente e senza tentennamenti, la polizia avrebbe impiegato del tempo per identificarlo, e molto di più a trovare un collegamento tra lui, le ragazze e il locale stesso. Anya era morta, questo appariva ormai certo. Quella stronza gli aveva sempre creato dei grossi problemi con la sua mania del sadomaso, ma questa volta doveva aver trovato pane per i sui denti, sicuramente si era spinta oltre. Anya e Petra erano le uniche due ragazze che gestiva personalmente, si stava allargando certo, ma l'episodio con i poliziotti l'aveva ormai bruciato. Doveva cambiare aria, ed anche abbastanza in fretta, e Petra l'avrebbe seguito. Era sempre stata docile e ubbidiente, inoltre era innamorata di lui, non avrebbe fatto storie. Guardò l'orologio sopra il bancone e decise di muoversi, di lì a poco il locale avrebbe chiuso e Petra, non vedendolo, si sarebbe impaurita. Impiegò più di un'ora per arrivare. Per cautela infatti, percorse strade e vicoli secondari, camminando rasente i muri ed evitando di guardare in faccia le poche persone che incontrava. Ma quando giunse dinanzi al locale ebbe un moto di stizza, l'insegna era spenta e la strada era deserta, il timore di arrivare in ritardo si era tramutato in realtà. Unico motivo di sollievo era la mancanza di poliziotti nei dintorni, forse avrebbe potuto ancora farcela. L'abitazione di Petra non era distante, e ricordava perfettamente la strada che percorreva la ragazza quando lui era assente. Dopo essersi acceso una sigaretta, si avviò deciso lungo la via diretto verso il grande parco.
Sto perdendo ogni barlume di speranza. Immobile dall'altra parte della strada, e riparato dallo stesso furgone di poco prima, sento irrequietezza e frustrazione montarmi dentro. La convinzione che Gregor possa tornare si va affievolendo sempre più, la luce sta prendendo il sopravvento sulle tenebre, sono esausto. Ma quando oramai sto per rinunciare lo vedo. L'uomo avanza con passo deciso verso l'entrata del locale per poi, quasi sorpreso, fermarsi di colpo. Nonostante la distanza, noto chiaramente il disappunto sul suo volto, ovviamente si aspettava di trovare ancora la ragazza ad attenderlo. Sono indeciso quanto lui, ora che ho sotto mira il mio obiettivo sembra che la mia mente si rifiuti di pensare, ma è solo un attimo. Mentre lo guardo accendersi nervosamente una sigaretta, stringo con forza il crocifisso che tengo nella tasca, è ancora intriso del sangue della ragazza e presto si mischierà a quello di Gregor... laudate dominum. Dopo un paio di boccate l'uomo si volta e, con passo ancor più deciso, si avvia in direzione del parco. Intuisco con certezza che percorrerà la stessa strada della ragazza, chissà quante volte l'ha fatto. Un formicolio mi percorre la spina dorsale. Potrei aggredirlo nello stesso punto e ricongiungerlo a lei, basta questo pensiero ad eccitarmi in maniera quasi orgasmica. Ma devo tenere conto che è armato, devo essere fulmineo e preciso. Appena s'inoltra nel parco cerco di accorciare le distanze, una ragazza in tuta mi sorpassa ansimando, poi più nessuno. Non mi preoccupo che Gregor si volti e mi scorga, non mi conosce e vedrebbe solamente un uomo in giacca e camicia percorrere la sua stessa strada, nulla più. Ecco, siamo a circa una decina di metri dal punto fatidico, accelero ancora portandomi a pochi passi, lui si ferma improvvisamente e si volta. Da vicino sembra molto meno robusto anzi, ha una corporatura esile e lo sovrasto di una spanna, stringo con forza il crocifisso.- Ehi amico, che cazzo vuoi... mi stai seguendo forse?- Estraggo la croce tenendone nascosta la punta e la alzo dinanzi ai suoi occhi.- Sia lodato Gesù Cristo fratello- rispondo con voce solenne, quindi calo con violenza il crocifisso sulla sua fronte. I bordi acuminati gli aprono uno squarcio nella pelle e subito il sangue esce copioso. Lui arretra e incespica guardandomi sbalordito, la mano frenetica a cercare la pistola che tiene infilata nella cintura. Ma io gli sono ormai addosso, e stavolta la mia mano tiene il crocifisso nel senso inverso. Lo colpisco al braccio paralizzandogli il muscolo e rendendo inutile il suo tentativo d'impugnare l'arma. Quindi affondo la punta all'altezza del fegato, rigirandola all'interno del suo corpo con movimenti ampi e circolari. Cade in ginocchio e mi fissa con occhi vitrei, quasi imploranti.-Adesso sei libero dai tuoi peccati fratello mio... requiescant in pace...- Impugnando il crocifisso a due mani, alzo le braccia sopra la testa caricando il colpo.- Fermo!- L'ordine è perentorio e non ammette repliche, lasciandomi in sospeso e sorpreso. Voltando solo il capo, osservo un poliziotto tenermi sotto mira. È giovane e noto che sta tremando, le gambe leggermente divaricate. Gli sorrido amabilmente e mi volto di nuovo verso Gregor, pallido come un lenzuolo.- È il volere del signore, lui vede tutto e decide tutto... sia fatta la sua volontà...- Quindi gli trafiggo l'occhio destro con violenza, sento la punta arrivare sino alle ossa e scricchiolare. Nello stesso istante avverto due colpi dietro di me. Sono talmente infervorato da giungermi attutiti e distanti, come uno scoppio di petardi durante una festa di paese. Solo quando un bruciore tremendo mi attraversa la schiena mi rendo conto di essere stato colpito. Voltandomi lentamente, avanzo verso il giovane agente cercando d'ignorare il dolore e le ginocchia tremanti. Attraverso la nebbia improvvisa che mi offusca la vista, alzo il crocifisso mormorando una preghiera che solo io percepisco. Stavolta il colpo è vicino e assordante, stramazzo al suolo.- Miserere mei, Deus meus...
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danio il 09/06/2013 10:16
Felice ti sia piaciuto, grazie e buona domenica.
- Un racconto dell'orrore perfettamente confezionato. Il pazzoide assassino, noto, è un prete... ed è pur vero che di questi tempi in cui pare ci siano solo ecclesiastici cattolici pedofili, il personaggio risulta verosimile, rendendo verosimile tutto il racconto. Bravo dunque, e saluti.
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