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Lacrime e pioggia
Pioggia. Poggia che cade fitta dall'alto come fredde lacrime irrefrenabili sul volto livido del cielo. Giorgia e Marco sono seduti su una panchina all'interno di un parco pubblico, stretti in un morbido abbraccio, abbandonati l'uno contro l'altra, con gli occhi socchiusi. Lacrime bagnate di pioggia scorrono lungo i loro visi. Capelli che si incollano alla fronte, abiti, ormai trasparenti, che grondano acqua. Sapore di pioggia sulla lingua. Odore di fango sotto le scarpe. Rumore di macchine che corrono via in lontananza attraverso una strada buia. Brividi di freddo scorrono lungo la schiena di entrambi, respiri ambigui e fiato si mozzano sotto la cupola di un inutile ombrello nero che Giorgia affera nel palmo della sua mano, lanciandolo, nervosa, sull'erba bagnata, lasciandolo giacente ed inerte a patire su quella terra intrisa di lacrime di stelle. " Ho freddo... tremo. Stringimi più forte a te. Marco. Ho paura... aiutami". Aprile. Notte tiepida, notte senza luce. Le margherite ormai addormentate reclinano la loro corolla appassita sotto quell' amara pioggia inspettata, attendendo un alba primaverile che le ridesti da quel torpore indesiderato. Una mano candida e pallida come la luna che giace sotto le nubi cariche e grigie di rabbia, si avvicina ad una di esse e la stradica via dal suolo senza alcuna pieta, lasciandola pendere per qualche istate tra le dita bagnate di pioggia e di pianto, con le radici ancora sporche e umide di terra e erba secca. "Andiamo a casa, Giorgia. Non possiamo più restare qui. Rischi di prenderti una polmonite". Giorgia lo guarda con lo sguardo pregno di tristezza, si morde le labbra, si fa male, ed infila le unghie nel palmo della mano fino a ferisele, fino a farle sanguinare. Un rigolo nero di mascara scende giù dai suoi occhi chiari senza risucire a frenare la sua corsa prima di giungere a toccare le sue labbra esangui. "No, Marco. Io devo rimanere qui. Devo aspettarlo ancora. Lui mi aveva promesso che sarebbe venuto.. devo attenderlo.. non mi importa se sta piovendo... non me ne frega nulla... lui verrà... me lo ha giurato... giurato... lo sai che significa? Tu vai via se vuoi. Lasciami da sola. Chi ti ha chiesto di venire con me? Io non ti voglio! Lo hai capito! VATTENE!". Urla battendo i pugni rabbiosa, contro il petto di Marco, aprendogli, involontariamente, qualche bottone della camicia, senza che lui possa impedirglielo, poggiando la fronte tiepida contro il suo petto ormai nudo, nascondenogli il volto stravolto dalla disperazione e dal dolore, continuando a trattendendolo a se invece di lasciarlo andar via. "Giorgia, calmati.. Giorgia stai tranquilla", le sussurra lui, senza troppa convizione nella voce, portandole una mano sui capelli zuppi e gocciolanti di pioggia, accarezzandola lentamente come una bambina bisognosa di affetto e rassicurazione. Le labbra di Giorgia contro la sua pelle priva di abiti, sono umide e calde allo stesso tempo e lo fanno rabbrividire.. lo fanno quasi eccitare. Una strana sensazione lo coglie all'altezza dello stomaco, il respiro gli si accorcia e per un attimo è forte la tentazione di prenderle il volto tra le mani e portare quelle labbra morbide a sfiorare le sue.. ma lo sa che non può farlo... ogni organo grida in lui che non può... tranne il suo scalpitante cuore addolorato, ma putroppo è costretto a tacitarlo.. non lo può ascoltare, deve soffocarlo, non può permettergli di parlare e suggerire quello che deve fare... perchè lei, Giorgia, quella donna che gli trema tra le braccia, con il viso inondato dal pianto è la moglie di suo fratello Vincenzo e quelle labbra.. quelle labbra grandi, calde, carnose ed ed invitanti che frugano contro la sua pelle fredda e priva di barriere, gli sono proibite, non possono nemmeno essere sfiorate con quella povera margherita che sta boccheggiando tra le sue dita come un pesce fuor d'acqua, che sta morendo e si sta spegnendo, cosi come era capitato a suo fratello Vincenzo appena un anno prima. Lui se ne era andato. Era volato in cielo, stradicato dalla terra per mezzo di una mano di un Dio troppo crudele che non aveva avuto pietà di una vita, la quale aveva, da poco, conciato ad aprirsi all'amore vero, strappandolo crudelmente dalle braccia della donna, che da solo cinque mesi era diventata sua moglie.
Un giorno di aprile simile a quello. Una primavera ancora latente. Una mattinata di sole radiosa e tanta voglia di correre tra la natura, tra gli alberi in boccio di quello stesso parco, alle prime luci dell'alba. Giorgia, Marco, Vincenzo e nessun altro. Risate, giochi e scherzi... Sei una schiappa. Alza quei due stecchini che hai al posto delle gambe. Cosi ti vincerebbe anche Topolino. Chi arriva per ultimo a quell'albero paga la colazione per tutti. E poi, all'improvviso, insapettata, la tragiedia. Vincenzo che si porta una mano al cuore. Mi sento male aiutatemi. Vincenzo che cade sulle ginocchia. Vincenzo che sviene a terra. Vincenzo che smette di respirare... e poi Marco che tenta soccorerlo. Marco che si inginocchia sul selciato e gli solleva la schiena da terra. "Marco, prenditi cura di Giorgia. Restale accanto". La voce di Vincenzo che si tramuta in un sussurò per poi frantumarsi in un rantolo disperato. Le forze che l'abbandonano ed il sapore amaro di quella promessa strappata a suo fratello che gli bagna il volto come una pioggia inaspettata. Lacrime fredde come gocce di rugiada. Giorgia che si china su suo marito. Giorgia che lo scuote. Giorgia che urla, che piange, che gli bacia il volto pallido, che gli sussura di non mollare, e ci spera, ci spera fino alla fine e che crede che lui non stia morendo, che si rialzi sulle sue gambe e che torni a sorridergli... ma ormai non c'è più nulla da fare. Il volto è cereo ed il torace immobile. Marco prova a massaggiargli il cuore, a farlo ripartire. Gli soffia nella bocca. Cerca di dargli un po' del suo respiro, un po' della sua vita. Due minuti, quatto, cinque.. dieci. Un ambulanza accorre... ma ormai è troppo tardi.. ormai un lenzuolo bianco copre il viso di Vincenzo e Giorgia non può vedere quell'ultima lacrima che riga il suo volto, in segno di uno strazziante addio non desiderato.
"Stanotte l'ho sognato, Marco", sussura afona Giorgia, alzando, finalmente, il volto arrossato e stroppicciato dal suo torace strofinandosi gli occhi rossi di pianto, con il palmo della mano. "Mi ha promesso che sarebbe tornato da me, qui nel luogo in cui tutto è finito. Mi ha promesso che mi avrebbe riabbracciato e portato via con se". Piove. Piove con ancor più vigore di prima. Giorgia ha la febbre e Marco se ne accorge dai suoi occhi lucidi. "Siamo qui da stamattina, Giorgia. Ti prego, dammi retta. Andiamo via. Vincenzo non verrà. Vincenzo è morto! Morto! Devi fartene una ragione, Giorgia".
"No! Tu non capisci.. tu non puoi comprendere! Lui verrà.. aspettiamo solo un altro pò.. solo un altro pò...". La voce le muore in gola. Le palpebre le si abbassano contro la sua volonta ed avverte una vertigine trascinarla verso il basso, vittima di una nemica forza di gravità a cui non può sottrarsi.
Marco si rende conto che sta per svenire e la stringe ancora di più a se, sollevandola da quella panchina umida, anche contro la sua volontà. È così leggera Giorgia. Sembra quasi una farfalla. Tra le sue braccia pesa poco più di una piuma. È uno scriccioletto bisognoso di tutto il suo affetto.
Povera piccola Giogia, pensa, dirgendosi verso la sua macchina, appoggiando il mento sul suo capo, respirandole lievemente tra i capelli bagnati di pioggia. Si può impazzire per il dolore.. lo so che stai male... ma non preoccuparti... manterò la promessa che ho fatto a mio fratello e ti resterò per sempre vicino... per sempre.. hai capito? Anche se dovrò imbavagliare il mio cuore... anche se dovrò strangolare il mio amore.. perchè vedi, Giorgia.. io ti amo.. ti amo e vorrei gridarlo con tutta la voce che ho in gola... ma non posso farlo.. tu non mi appartieni.. tu non sei mia.. io non potrò mai averti tutta per me.. perchè il tuo cuore sarà per sempre occupato dall'amore che ancora provi per Vincenzo.
Un pallido raggio di luna fa capolino tra le nuvole, che per un attimo si diradano, e di posa lieve sulla mano di Giorgia, lì, dove brilla ancora la sua fede nunziale... Marco se ne rende conto ed allora capisce.. allora comprende.. comprende quello che il cielo vuole dirgli.
Si, Vincenzo. Resterò vicino a tua moglie così come ti ho giurato... puoi fidarti di me.
Piange, piange, ma non distingue se a bagnarli il viso sono le sue lacrime calde oppure è quella pioggia capricciosa che non smette di venir giù. Il cielo torna a richudersi e tutto intorno si fa buio. Giorgia non può vederlo... Giorgia non lo sa, non può rensene conto.. ma Marco le posa un bacio sulla fronte.. e con gli occhi allagati dalla pioggia e dal pianto, la custodisce tra le sue forti braccia rassicuranti, braccia che, come per magia, si trasfrormano nelle ali candide di un angelo custode, un angelo innamorato di una donna a lui proibita, un angelo che la solleva da terra come quella margherita che aveva strappato via dal suolo... ed assieme a lei vola via lontano, vola verso casa... lì dove il cielo accarezza la terra...
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- Triste molto triste ma bellissima!! Mi ha emozionato!!
- il lato triste dei sentimenti..è scritto bene, però vorrei leggere le pagine seguenti.. ci sono???
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