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Quello strano quadro in sagrestia
" Quella mattina c'erano proprio tutti alla stazione "
Sentii mia madre parlare nella stanza accanto e, sapendola sola, mi affacciai incuriosita sulla soglia della porta.
Stava davanti ad un quadro un po' lugubre, che rappresentava una scena più simile ad un sogno e lo guardava assorta: " Che fai mamma, parli da sola? "
la donna si illuminò, girandosi quasi di scatto:
" Vieni Claudia, vieni a vedere questo quadro "
" Ma mamma da un momento all'altro viene il parroco e, lo sai, dobbiamo organizzare il mio matrimonio, siamo qui per questo no? "
" Certo ma il parroco sta dicendo messa e dobbiamo aspettare. Vieni qui "
A Claudia proprio non interessava quel quadro, era lugubre e le infondeva una strana angoscia ma si avvicinò compiacente a sua madre: " Ok mamma ma dimmi in fretta "
Rosa, così si chiamava la madre, aveva quasi sessant'anni e Claudia era l'ultima dei suoi tre figli, l'unica femmina.
La vista di quel quadro aveva riportato alla sua mente immagini e ricordi di un tempo lontano, un periodo molto doloroso della sua vita.
" Sai Claudia voglio raccontarti la storia di questo quadro "
" Mamma " fece Claudia con un tono vagamente lamentoso " questo quadro mette una tristezza a guardarlo "
" Hai ragione figlia mia, parla di un evento triste. Triste perché la fine di un eroe è rappresentata, dai colori cupi, dai volti accennati che sembrano caricature di esseri umani, da quelle montagne dorate dal sole d'alba. Perché rappresenta la tragedia umana del giusto che paga per il peccatore. Sempre la stessa da sempre "
" Ma tu che ne sai scusa? "
" Se mi presti ascolto, te lo racconto "
" Sono tutta orecchi, ora mi hai davvero incuriosita " fece Claudia guardando la madre
" Quando cominciai a frequentare la scuola media, ebbi come insegnante di lettere una ragazza al suo primo incarico annuale di supplenza. Era alta, con i capelli sempre sciolti e vagamente arruffati. Vestiva in modo che a noi sembrava trasandato. Grossi maglioni e lunghe gonne a fiori. Aveva un viso dai caratteri minuti e un sorriso franco e gentile. Ci piacque subito. Si chiamava Maria Mantoni. Veniva da una grande città e sembrava non capacitarsi, di quale realtà ci fosse nel nostro paese. A quell'epoca i mezzi di trasporto non erano come oggi. Cinquanta chilometri di distanza da una grande città era come tornare indietro di cinquant'anni.
Quello che mi colpì di quell'insegnante fu la capacità di interagire con noi alunni ma soprattutto con noi alunne. Riuscì ad ispirarmi più fiducia lei di mia madre.
Tu sai che la mia era una famiglia umile. Mio padre bracciante a giornata e mia madre, che andava a servizio presso la famiglia del barone Rosolino. Io ero l'ultima di cinque figli e sono nata che mio fratello più piccolo aveva quasi dieci anni. Mia madre mi teneva sempre con sé e io crebbi in casa dei baroni. Questi ci trattavano come servi, soprattutto a mia madre, che era una donnetta dimessa, sciatta e pure un po' stupida.
Il figlio dei baroni al tempo che io frequentavo le scuole medie aveva già compiuto trent'anni. Era un ragazzo capriccioso e viziato. Sua madre e le sue zie: Matilde, Clara e Porfiria si facevano in quattro per accontentarlo.
A quel tempo avrò avuto dodici anni, il mio corpo subì una trasformazione. Mi crebbero i seni, che diventarono due piccole colline morbide e turgide al tempo stesso, che svettavano sfacciate dai miei vestiti ancora da bambina. Mi si arrotondarono i fianchi e, mio malgrado, oscillavano dolcemente quando camminavo. Per farla breve, io non me ne accorsi, ma al baronetto Paolino, così si chiamava, avevo stuzzicato la fantasia erotica con il mio corpo. Me lo ritrovavo sempre intorno. I suoi occhi sembravano insinuarsi tra le mie vesti e mi procurava disagio. Poi un giorno che mia madre era indaffarata dietro la zia Clara, acida e dispotica, mi sentii afferrare dai fianchi: " Zitta, lo so che ti piace, pensi che non vedo come mi sbatti questo corpo sotto il naso " ero terrorizzata. Non mi uscì neppure una sillaba, mentre lui si affrettava ad infilare la sua lingua nella mia bocca. Roteavo gli occhi intorno ma non ero sicura di poter contare su un aiuto.
Si staccò lui sentendo la voce della zia Matilde.
Fuggii spaventata. La sera provai a parlarne con mia madre. Fu inutile. Le donne del tempo avevano un senso di protezione per gli uomini più sviluppato che ora. Per mia madre era colpa mia. Ero io che con il mio aspetto, provocavo il baronetto. Il suo sguardo cattivo fu forse quello che più mi condannò tra le braccia del barone.
Nonostante mi inventassi balle per non seguirla, spesso mi ritrovavo in quel palazzo. Un giorno mentre studiavo, mi trovai di fronte Paolino, trasalii. Non era di aspetto sgradevole tutt'altro. Era alto, educato, i capelli mori e i lineamenti del viso pronunciati ma ben proporzionati alla sua persona. " Allora bambolina l'altro giorno la zia Matilde ci ha interrotto " che cosa ha interrotto, pensavo tra me. Lo seppi di lì a poco.
Claudia a tutt'oggi non mi so spiegare perché mi piegai al suo volere; perché pur con una sgradevole sensazione di fastidio mi concedessi senza fiatare.
La storia si ripeteva con frequenza e per me era diventato un diversivo. Questo è stato il motivo per il quale non ho mai raccontato nulla a mia madre... poi... conoscendola.
La Professoressa Maria invece scoprì che nascondevo qualcosa da quello che raccontavo sui temi. Si incuriosì e cominciò ad indagare, senza peraltro che me ne accorgessi. Era abile a tessere ragnatele fittissime e io riuscii finalmente a raccontare. Piansi tanto sul suo grembo, mentre mi accarezzava amorevolmente la testa.
Ricordo quando ne parlò ai miei genitori. I loro occhi, le loro espressioni, il loro sgomento, tutto vidi passare su quei volti.
Ricordo gli schiaffi di mio padre e l'indifferenza di mia madre.
Ricordo la stazione dei carabinieri; la faccia del maresciallo quando Maria gli inveì: " Ma insomma chi ruba per fame, lo punite. Chi ruba l'innocenza di una bambina, la passa liscia. Ammettetelo pure voi che credete sia sempre colpa delle donne se succedono certe cose. Gli uomini sono santi? "
Ricordo il parroco d'allora. Il volto bianco, emaciato e triste che non emise alcuna parola, solo mesti sorrisi. " Claudia guardava sua madre e d'istinto l'abbracciò sussurrando:
" Mamma, che storia e come è andata a finire? "
" È finita che alla professoressa Mantoni le hanno fatto un provvedimento disciplinare, dimostrando che il suo attaccamento alle ragazze era morboso e pure pericoloso "
" Ma è assurdo!!! "
" Aveva provato a denunciare il baronetto. Tutti sapevano che cosa succedeva in quel palazzo. Non ero la prima e non sarò stata l'ultima! "
" Che vergogna mamma! "
" Se pensi che ancora oggi stiamo in queste condizioni. Nella nostra nazione cambiano gli usi e i costumi ma la testa nostra fatica a cambiare.
Vedi quel quadro, ci sono andati tutti ad accompagnare Maria alla stazione. Il maresciallo e il suo vice, il baronetto con la faccia strafottente del vincitore, sua madre e le sue zie, che tanto avevo brigato per allontanare Maria da quel paese. Solo il prete porge alla povera insegnante un piccolo mazzolino di fiori di campo. Io piangevo in un angolo, perché capii fin da allora che la mia salvezza, fu la sua rovina "
Non aveva finito di pronunciare le ultime parole, che il parroco apparve sulla soglia e distolse la loro attenzione dal quadro e dalla sua storia.
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