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Silenzio ad oriente - capitolo II
Il giorno dopo Ascanio era ancora lì, immerso nei suoi più reconditi pensieri, a titubare. Se si fosse immerso nell'avventura allo stesso modo, tutte le ragazze dei suoi sogni sarebbero rimaste colpite da lui come da Giordano. Ma non aveva tanto tempo, doveva andare a lavorare. E così prese svogliatamente lo zaino e si incamminò verso la bottega del padre falegname, sebbene trascinasse a fatica le gambe ancora indolenzite dalla notte. Per strada salutò tutti alzando una mano, e l'unica occasione in cui aprì la bocca fu per sbadigliare. Appena arrivato alla bottega, il vecchio padre Girolamo lo accolse con un sorriso benevolo.
"Ben alzato, figliolo. Ho una sorpresa per te. Guarda chi c'è", esclamò Girolamo raggiante.
In un primo momento Ascanio, per colpa degli occhi ancora parzialmente chiusi, non vide nessuno. Solo un attimo dopo riconobbe l'amico Giordano, che lo abbracciò calorosamente.
"Che ci fai tu qui?" disse Ascanio stupito.
"Ti aspettavo. Ho incontrato tuo padre per strada e gli ho chiesto se per caso tu avessi potuto accompagnarmi. E mi ha detto di sì"
"frena, frena un attimo. Accompagnarti? Dove? Quando? E papà, tu gli hai detto di sì?"
"si, figlio mio. Me la caverò da solo per oggi. Tu vai e pensa solo a divertirti", rispose Girolamo, raggiante.
Girolamo voleva bene ad Ascanio, e non perché fosse il suo primo ed unico figlio. Era un ragazzo d'oro, in fondo, anche al di là delle mille insicurezze. Lo aiutava sempre nel lavoro, ed era sempre disponibile per una chiacchierata, nonostante la differenza di età fosse enorme. Ed ecco perché quando parlava di lui rinasceva, e dimenticava tutti gli acciacchi senili che lo stavano lentamente consumando.
Ascanio però non sembrava molto convinto.
"papà tu non lo conosci. Non sai in che razza di posti è capace di portarmi. No, non si fa niente. Rimango a lavorare con te, abbiamo un sacco di lavoro da sbrigare."
"dai, Ascanio, te lo prometto. Non ci succederà niente", ribatté prontamente Giordano. "Guardami. Lo prometto davanti a tuo padre, e sai quanto io lo rispetti. Non ci cacceremo nei guai". il tono si era fatto più solenne, quasi come in un giuramento militare. "non ci allontaneremo dalla piattaforma"
Dopo mille insistenze e altrettanti rifiuti, alla fine Ascanio si decise ad andare, anche se a fatica. Giordano aveva vinto ancora. Tenendo il broncio per tutta la strada, Ascanio cercava di immaginare quali diavolerie Giordano avesse in serbo per lui. L'ultima volta che gli aveva dato corda erano stati inseguiti da un branco di cani randagi.
"Non andremo tanto lontano, vero?" chiese preoccupato Ascanio, guardandosi la cicatrice che uno di quei cani gli aveva lasciato sul polso. "Te la ricordi questa? Beh, non voglio che si ripeta, chiaro?".
"Quella è stata una bravata. Eravamo ancora piccoli, ora siamo più maturi", rispose Giordano con quel suo solito pizzico di baldanza.
"è successo l'anno scorso". Ascanio rispose prontamente.
"L'anno scorso? Ricordavo diversamente".
"Sì, esatto. Un anno fa".
"Non importa. Non finiremo in mezzo ai randagi questa volta, fidati di me"
Un cenno poco convinto di Ascanio, e i due si incamminarono. Presero la via principale del villaggio, e si allontanarono dal centro abitato. La piattaforma era molto vasta, ma Ascanio aveva la sensazione che si stessero spingendo troppo oltre. Tuttavia, stette zitto e seguì Giordano. Ad un certo punto i due scorsero un palazzo, e alzando lo sguardo rimasero a bocca aperta nel vedere che superava, in altezza, anche le nuvole.
"Giordano, cos'è?", chiese Ascanio stupito.
"Non ne ho la minima idea, credimi", rispose Giordano.
Ascanio, in altre situazioni, ad una risposta simile avrebbe preso Giordano per i capelli e lo avrebbe sbattuto a terra. Questa volta, però, era diverso. Non riuscì a rispondere, e forse perché non aveva nemmeno sentito quello che Giordano gli aveva appena detto. Era una cosa nuova, per tutti e due. Rimasero li, fissi a contemplare le nuvole, quando una voce li interruppe.
"Ehi, giovani, cosa guardate?"
I due ragazzi abbassarono di colpo lo sguardo, e proprio davanti a loro intravidero un piccolo uomo. Un tipo curioso, ben vestito, con una folta barba e occhiali da sole, stava davanti all'ingresso del palazzo.
"Dice a noi?", domandò Giordano, balbettando leggermente.
"Vedi qualcun altro?", rispose l'omino con tono ironico.
A questo punto Ascanio prese in mano la situazione e si avvicinò all'uomo. "Resta qui", disse a Giordano, poggiando per un attimo la mano sulla sua spalla. "Torno tra un secondo".
Giordano annuì, quasi lobotomizzato dall'inquietante presenza. Lo fissava continuamente, domandandosi come si potesse costruire un palazzo così alto. Avrebbe dovuto vederlo, pensava, per quanto fosse lontano dal villaggio. Intanto Ascanio si diresse spavaldo verso l'omino, senza esitazioni, per la prima volta nella sua vita. Lo guardava dritto in volto, quel volto apparentemente simpatico e bonario che però a lui non piaceva. C'era qualcosa di strano in quel tipo, anche se non sembrava. Ascanio ripeteva nella sua mente di stare calmo, e a giudicare dalla sua andatura, pareva riuscirci. Passo dopo passo, se lo ritrovò davanti. Stava per fare una domanda, ma non ci riuscì. Ancora una volta l'omino lo interruppe.
"Hai paura, figliolo?"
Ascanio rimase totalmente spiazzato. Come faceva a saperlo, come aveva intuito che dietro quel passo fermo in realtà si nascondeva la paura?
"Cosa?"
"hai capito benissimo. Ti ho chiesto se hai paura di me", disse l'uomo con il solito tono.
"No, direi di no. Cioè, più che altro è rispetto", disse Ascanio.
"Allora ti ringrazio, caro. Dimmi, c'è qualcosa che vuoi chiedermi?", esclamò il tipo con cordialità.
"Ehm... s-s-sì. Sì, c'è qualcosa". Le difese di Ascanio cominciavano a vacillare, ma non poteva farci niente. Mille domande lo assillavano: chi era quell'uomo? Cosa faceva davanti all'ingresso di quell'enorme palazzo? E perché non aveva mai visto quel palazzo prima d'ora?
Ascanio rimase completamente immobile per qualche secondo. Non riusciva a parlare, non riusciva a pensare. Poi però l'uomo mosse la sua mano davanti ai suoi occhi, e Ascanio ritornò alla realtà.
"Cosa vuoi chiedermi, giovanotto?", disse l'omino.
"M-m-mi scusi tanto, signore. Ero distratto", ribatté Ascanio muovendo la testa a destra e a sinistra.
"Volevo chiederle, per favore..."
Ascanio si interruppe di nuovo.
"Cosa?", rispose l'omino.
"V-volevo chiederle cosa c'è nel palazzo. Ci vive qualcuno? Voglio dire, è come un enorme condominio?"
L'omino sorrise, rimanendo fermo.
"Uffici"
"U-u-uffici di che genere?"
"Finanza. Alta finanza. Meglio che non vi immischiate troppo, lo dico per voi. Non fanno entrare neanche me. Eppure lavoro per loro da vent'anni"
"Ok, ci scusi tanto. Arrivederci." Ascanio si girò e corse affannosamente verso Giordano, che tremava letteralmente dalla curiosità.
"A presto", rispose l'omino facendo un inchino e sistemandosi il papillon.
"Cosa ti ha detto? Avanti, devi dirmi tutto", sussurrò Giordano ad Ascanio, mentre si allontanavano di corsa.
"Uffici amministrativi. Alta finanza, o roba del genere. Mi ha detto che è meglio non tornare", disse Ascanio ansimando. Il cuore batteva a mille e le gambe tremavano ancora, mentre raccontava tutto al suo migliore amico.
"E lui chi è?", chiese Giordano.
"Non chiedermelo. So solo che lavora per loro da vent'anni, e che non è mai entrato", replicò Ascanio, con voce sicura.
"Aspetta un secondo. Non è mai entrato?", chiese Giordano, perplesso.
"No, e a me pare strano. Voglio dire, sono vent'anni".
"La faccenda mi puzza", esclamò sospettoso Giordano. "Ma è meglio rimanerne fuori, che ne dici?"
"Una volta ogni tanto ragioni, mi fa piacere", rispose Ascanio, fermandosi finalmente dopo una lunga corsa. Erano sulle gambe, e si sedettero su un marciapiede. Erano arrivati, e non erano mai stati più contenti di essere a casa. Si guardarono per un istante, e le parole non servirono. Entrambi avevano capito che quella storia avrebbe dovuto rimanere segreta, che non avrebbero mai dovuto parlarne con nessuno. Con un piccolo accenno si promisero a vicenda il silenzio, e ognuno se ne tornò a casa. Il padre di Ascanio era lì ad aspettarlo davanti all'uscio, e appena lo vide arrivare lo abbracciò forte.
"sei sudato, figliolo. Cosa avete fatto? Non vi avranno rincorso un'altra volta quei cani, vero?", disse Girolamo affettuosamente.
"No, no, niente cani affamati. Abbiamo solo corso", rispose Ascanio.
"E da quando in qua voi "correte"?", domandò Girolamo.
"in effetti oggi è stata la prima volta. Però lo rifaremo, ci siamo divertiti", sorrise Ascanio guardando il padre.
"Sono contento. Un po' di svago ogni tanto fa bene, siete ragazzi. Ti ricordi cosa ti diceva il nonno, quando eri piccolo? Sol lavoro e niente svago..."
"Non mi rendono mai pago. Si, me lo ricordo", disse Ascanio.
"Bravo! E adesso corri a lavarti le mani, che la cena è pronta"
"Perfetto, avevo giusto un po' di fame." Ascanio sfrecciò su per le scale, suscitando le risa di Girolamo.
"Ragazzi, ragazzi. A volte si dimenticano di esserlo", mormorò Girolamo tra sé e sé, appoggiando le vecchie membra al muro e trascinandosi fino in cucina. Aveva preparato del pollo con patate, il piatto preferito del figlio, e sorrideva, pensando al calore delle braccia di Ascanio che, ancora una volta, avrebbero rischiarato la sua sera.
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