Fhati, 20 anni, tunisino, non smette di piangere mentre al poliambulatorio di Lampedusa cercano di curarlo per alcune ferite e per le ustioni provocate dalle meduse mentre era in balia del mare. Dopo avere pagato gli scafisti, s'era imbarcato a Mahfas, un paese vicino Sfax, diretto a Lampedusa. In cerca d'una vita migliore..
Erano arrivati a sera tarda sul molo, lei lo aveva accompagnato superando molti pericoli. Si commosse guardando il viso teso del suo unico figlio, ancora adolescente dal suo punto di vista, solo per lei, nonostante i vent'anni. Lo fissò a lungo.. ma.. all'improvviso, lo sguardo divenne lontano, come se volesse imprimere quell'immagine nella memoria e quando s'avvinse che il ricordo sarebbe stato indelebile, lo abbracciò e lo strinse forte al petto. Si coprì subito il volto con un fazzoletto, per non mostrare le lacrime. Partiva. . si sarebbe imbarcato su una carretta del mare, assieme a tutte quelle ombre che sostavano sul molo, in attesa, scure in volto come la notte. Tutti, come lui, avevano pagato una somma ingente, raggranellata con sacrificio da tutta la famiglia e se fosse arrivato in Italia avrebbe lavorato per sfamare famiglia e parentado. . Aveva sentito dire che in Italia: " È primavera tutto l'anno e i fiumi sono limpidi più del mare". Si udì un leggero fischio e le ombre si mossero fino a sparire sul molo. Era buio pesto. Il barcone prese il largo in un silenzio irreale. Non si udivano neppure i respiri trattenuti a forza nella gabbia toracica.. Un viaggio che aveva l'incertezza dell'approdo. Fhati osservò per l'ultima volta la città che ora appariva avvolta da un indecifrabile mistero. Il mare era cupo ed iroso come una belva feroce, non era più il mare della sua fanciullezza cosi azzurro e carezzevole. Anche il suo cuore era stretto in una morsa di dolore che divenne paura quando il barcone iniziò a scricchiolare come se stesse per andare via in mille pezzi, mentre s'innalzava e s'inabissava nelle acque scure di quella notte nera. Le onde si schiantavano sulla fiancata con un rumore così duro da sembrare uno schiaffo dato con forza sulla guancia.. La paura, il freddo, gli facevano battere i denti e la mente non riusciva a pensare sospesa in uno spazio senza tempo. All'improvviso si ritrovò bagnato come se qualcuno gli avesse versato addosso un fiume d'acqua. Il mare con i suoi potenti getti ondosi sembrava risucchiarlo... Si tenne stretto a dei maniglioni che nel buio, tentando d'ancorarsi al sedile, si ritrovò miracolosamente tra le mani. Pregò il suo Dio perché calmasse il vento e placasse il mare, con il pensiero.. perché le labbra erano sigillate e le braccia intorpidite. Se qualcuno lo avesse toccato con un dito sarebbe caduto in acqua come un sasso. Si sentiva solo, lontano da tutto e da tutti, se fosse caduto in mare, sarebbe morto all'istante. lui che aveva sognato una sepoltura all'ombra degli aspri susini accanto alla tomba del padre. Qualcuno dall'angolo più buio del barcone recitò ad alta voce alcuni versi di un poeta : " Prendi la tua anfora azzurra fratello e bevi , perché domani finiranno i tuoi giorni" . Sembrava una beffa del destino.. quei versi risuonavano come un inno di morte. Erano passate molte ore, non avrebbe saputo dire quante.. finché l'alba gli permise di vedere gli occhi dei suoi compagni, che brillavano nella tenue luce del giorno. Erano occhi enormi, sgranati, alla ricerca di qualcosa che non arrivava, che ancora non s'intravedeva.. quel lembo di terra tanto agognata, desiderata.. Dopo tante ore di silenzio s'udì il primo vociare, mentre il mare sembrava che dormisse tanto era diventato calmo. Venne fatta passare una notizia angosciante, due ragazzi erano caduti in acqua e scomparsi tra i flutti senza che nessuno avesse udito le loro grida d'aiuto. Tutto era avvenuto al buio, in quella tempesta. Il buio si sa divora tutto... Con meraviglia udì il pianto di un bambino, chiedeva acqua.. chissà se anche lui aveva avuto paura.. e quando in lontananza apparve il primo lembo di terra, un forte boato misto ad una forza incredibile lo catapultò in acqua. Urla e disperazione mentre il barcone s'era inclinato e pareva volesse schiacciarlo. Sentì la pelle bruciare, quando due forti braccia lo sollevarono e lo ricoprirono con una calda coperta. Era il capitano del porto. La salvezza dopo l'urto sullo scoglio. Ora riusciva di nuovo a pensare e la vide sorridente mentre le diceva : "Mamma mi sono salvato!".