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Albuminurofobia
Domenica mattina, la meravigliosa domenica mattina in cui un dottore come me dovrebbe prendersi un meritato riposo invece di stare in ufficio. In quel dannato ufficio che puzza di medicina e malattia, due odori che a stento riesco a riconoscere e che alcuni giorni ritengo esattamente uguali.
I malati puzzano di medicine e le medicine puzzano di malattia, credo sia un ciclo ininterrotto riguardante lo star male e il curarsi per lo star male ancora. Io nemmeno lo volevo fare il medico, il mio sogno era quello di studiare criminologia e di combattere il mondo del crimine. Non per qualche spiccato senso di giustizia ma semplicemente per distruggere in modo definitivo quella sciocca routine che è la vita umana.
Comunque, come stavo dicendo, quella domenica mattina l'odore del mio ufficio era insopportabile ed io me ne stavo seduto alla mia scrivania con gli occhi arrossati dalla mancanza di sonno causata dai ripetuti litigi notturni con mia moglie. Controllavo dei documenti che, a mio avviso, avevano solo l'utilità di farmi perdere un mucchio di tempo ed anche un mucchio di soldi. La mia segretaria, la deliziosa Nancy, se ne stava in sala d'attesa pronta a ricevere una qualche chiamata. Era una donnina anziana ed era anche la persona più giovane presente sulla faccia della terra. Scorrazzava tutto il giorno in lungo e in largo per il mio studio, affaccendandosi in cose che non erano nemmeno di sua competenza. "Qualcuno dovrà pur farle", diceva lei con il suo sorriso rugoso e ottimista.
Ora attendeva che qualcuno chiamasse per prendere qualche appuntamento. A dire la verità non ero certo che fosse lì per questo motivo, di domenica mattina nessuno chiama per prendere appuntamenti e a me piaceva pensare che togliesse ore al suo meritato riposo solo e unicamente per portarmi una tacita compagnia durante quelle disgustose mattinate.
La deliziosa Nancy, era il mio angelo custode, qualsiasi cosa venisse fuori dalla mia bocca era prontamente registrato dalla sua mente.
Quella mattina, inaspettatamente, un uomo entrò nella sala d'attesa. Non fui in grado di vederlo, la porta del mio ufficio era chiusa, ma lo sentii parlare agitatamente con Nancy.
Posai rapidamente i documenti in un cassetto e tentai di rendermi presentabile in attesa di un probabile paziente. Nancy aprì la porta con un sorriso un po' più tremolante del solito, mi osservò per qualche secondo nell'attesa che ricambiassi il suo sguardo e annuì con la testa. Ottimo, anche di domenica mattina.
<Fallo pure entrare Nancy, che problema ha?> Sospirai mostrando tutta la mia mancanza di volontà ma trovai subito l'attenzione necessaria per notare un velo di terrore nello sguardo di Nancy.
<Dottore, è armato.> Appena terminò la frase fu colpita dall'uomo che stava alle sue spalle e cadde a terra. Nancy, che donna meravigliosa, nonostante il pericolo non aveva perso il suo luminoso contegno. Urlai spaventato nel vederla cadere a terra priva di sensi e scattai in piedi nel tentativo di soccorrerla ma l'uomo, puntandomi contro la sua pistola, fece irruzione nel mio ufficio.
<Lei è un dottore, vero?> L'uomo mi puntò la pistola alla testa fissandomi attentamente negli occhi.
Era un uomo sulla quarantina con dei capelli castano chiari e degli occhi azzurri. La paura colpì duramente il mio stomaco ma tentai di mantenere un contegno.
<Sì, sono un dottore, cosa desidera?> Un barlume di speranza brillò negli occhi dell'uomo che sembrava privo di qualsiasi controllo. Abbassò rapidamente la pistola e mi porse la mano.
<Piacere di conoscerla, mi serve aiuto.> Mi sorrise amichevolmente e io decisi di stringere la sua mano sudata, evidentemente era agitato anche lui. Con la pistola indicò la mia sedia e capì che voleva che mi sedessi.
Lui si sedette davanti a me e cominciò a osservarmi in attesa di qualcosa.
<Mi dica, qual è il problema?> Balbettai questa frase nella speranza di andare incontro alle sue esigenze e lo vidi sorridere mentre si chinava in mia direzione.
<Vede dottore, il problema, sono le mie reni, c'è qualcosa dentro, lo sento.> L'uomo bisbigliò la frase come una spia che rivela informazioni segrete ad un suo collaboratore.
<Potrebbero essere calcoli renali, dovreb..> L'uomo scattò in piedi puntandomi nuovamente la pistola alla testa.
<Stronzate, i calcoli renali non si muovono, i calcoli renali non parlano, giusto dottore? Giusto?> Il suo urlo disperato mi spaventò ancora di più e mi limitai ad annuire.
<Vede dottore, la gente mi crede pazzo, ma io lo sento chiaramente.> Si chinò nuovamente verso di me per bisbigliare questa frase.
<Lei sente le sue reni?>
<Non sia stupido dottore, le reni non parlano, io sento ciò che c'è dentro.> L'uomo sputò sul pavimento, indietreggiò di qualche passo per poi iniziare un'accurata perlustrazione dello studio.
<Dottore, dov'è il suo stetoscopio?> Mi osservò con uno sguardo incuriosito.
<E'.. è qui, sulla scrivania.> Allungai la mano per afferrarlo ma l'uomo scattò in avanti e lo afferrò prima di me.
<Giusto, la scrivania, non guardo mai le scrivanie. Allora dottore, provi.> Lo osservai senza comprendere la sua richiesta.
<Indossi questo schifo di stetoscopio e ascolti ciò che contengono le mie reni.> Afferrai con mani tremanti lo stetoscopio e provai più volte a "indossarlo" senza però riuscirci a causa della paura.
<Per quale motivo questi posti hanno sempre quest'orribile odore?> L'uomo era tornato nuovamente cordiale e amichevole dandomi la possibilità di "indossare" lo stetoscopio.
<Credo che siano le medicine.>
<No, lei crede sia colpa dei malati.> Lo osservai spaventato dopo essere stato colto in fallo, lui mi sorrise e si voltò togliendosi la maglietta.
<Coraggio, provi.> Mi avvicinai spaventato e cominciai ad ascoltare in silenzio.
<Voglio uscire da qui.> Una voce profonda parlò. Spaventato, mi allontanai dall'uomo che rapidamente si vestì, afferrò la pistola e me la puntò alla testa.
<Cosa era quella voce?> Cominciai a tremare inconsciamente, l'uomo sorrise, abbassò la pistola e si avvicinò.
<Lo sopporto da una vita, ascolto tutto ciò che dice e fa paura. Per il mondo sono un pazzo, non voglio più esserlo, ora, lui, entrerà dentro di lei ed io sarò libero.>
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