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Tieni la mano sul petto ed inspira profondamente

Avevo provato ad essere costantemente felice, come se fosse possibile. L'uomo è un animale dipendente dalle tragedie. Le abbiamo sempre amate, persino l'amarezza di ritrovarsi soli, dopo il tramonto, può essere una droga per noi. Noi romantici quasi del tutto estinti, noi dai destini intrecciati con le sofferenze più delicate. Avevo tramutato le ore in piacevoli e altrettanto sfuggenti secondi, interpretando quel cambiamento come una promessa, un patto solenne con l'anima del mondo. Ma il mondo, troppo spesso, delude le nostre aspettative. Ci lascia abbandonati sulla spiaggia, sporchi di sabbia e pece. Certo, era comunque meraviglioso contemplare l'Oceano delle memorie, era comunque dolce e lo sarebbe stato fino alla nostra morte. Persino l'affaccendarsi dei doveri poteva essere una valida distrazione. Ma prima o poi riesci a portare a termine il lavoro. Spegni il computer, la luce della lampada sulla scrivania, chiudi la porta dell'ufficio e torni a casa. Quando sei lì, tra le mura domestiche, con le voci dei tuoi familiari a tenerti compagnia, puoi fingere di aver lasciato il passato alle spalle. Puoi fingere, ma la verità è sempre più forte e crudele. Ti segue fino al letto, sotto le lenzuola, sopra al cuscino. Chiudere gli occhi è peggio, tutto saetta in un continuo vorticare di ricordi. Si fondono alle visioni, agli incubi, anche e persino al sonno senza sogni. E il mattino dopo ti da il buongiorno, appena apri gli occhi. Ci sarebbe da chiedere: c'è una cura? Un trattamento farmacologico? Beh, si. Ma il trucco più semplice è fare in modo da conviverci fino a farla scomparire tra le docce e i cassetti pieni di calzini spaiati. Far si che quella verità, quell'amarezza, quel continuo scrosciare di immagini sulla tua testa diventi un canto passato. Una melodia che può solo farti sorridere quando l'ascolti. In fondo è tutto lì: accettare che la sofferenza è propria dell'uomo che sa vivere e non solo esistere.

 

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8 commenti     2 recensioni    

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2 recensioni:

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  • Anonimo il 25/08/2013 13:23
    Bella riflessione... non ho capito bene l'ultima frase, e comunque sia è stata certamente mal elaborata. Peccato... un piccolissimo vulnus, magari da correggere.
    Vediamo se cambiando l'ordine degli addendi il risultato cambia... a volte i matematici sbagliano:
    Accettare che la sofferenza, oltre che esistere, è propria dell'uomo che vive.
    Un saluto
  • vincent corbo il 25/08/2013 06:46
    Accettare la sofferenza e riuscire a trasformarla in malinconia e poi dalla malinconia uscirsene in un sano cinismo... chissà, forse potrebbe essere una sorta di cura. Uno scritto scorrevole, sincero.

8 commenti:

  • Anonimo il 26/08/2013 17:17
    Sì... approvata... molto meglio, anzi ineccepibile. Un saluto.
  • Musa Alienata Inquietante il 26/08/2013 16:58
    frase modificata, spero vada meglio. grazie a tutti per i commenti, siete straordinari a darmi il vostro tempo, per un po'.
  • Moment il 25/08/2013 21:42
    Scrivi divinamente. Come Charles, qua sotto, faccio notare che l'ultima frase va sistemata. È un piacere averti letto.
  • stella luce il 25/08/2013 21:37
    Il titolo lo trovo pieno del tutto... nel senso che nelle tue parole leggo come un incubo fatto di ricordi, di errori, di dolori che arrivano e ci turbano... ed allora ti fermi respiri ed appunto certi di vedere quelle cose per ciò che sono, parte di un passato, e che si vive anche con quei dolori quei ricordi... un'emozioni che credo in tanti passiomo aver vissuto...
  • Anonimo il 25/08/2013 18:49
    Caspita, ho faticato a capirlo anche adesso che l'hai spiegato... comunque ora posso dire sì, sono d'accordo... ma sulla forma della frase non è ottimale, credimi.
    bene, mi faccio da me un ripasso mentale:
    Dobbiamo accettare( se non scrivi dobbiamo il periodo è ospeso... in poesia ci sono le licenze, in prosa un po' meno) che la sofferenza è propria dell'uomo che non solo esiste, ma vive.
    Beh, mi rendo conto che si poteva capire... un saluto.
  • Musa Alienata Inquietante il 25/08/2013 17:35
    veramente era un'osservazione sul fatto che l'uomo che sa vivere, oltre che ad esistere, soffre immancabilmente. non vedo dove sia l'errore.
  • augusta il 25/08/2013 08:47
    la chiusa.. dice tutto... 1 beso
  • Caterina Russotti il 24/08/2013 22:50
    Chi è che non ha vissuto tragedie personali e di famiglia.. credo fanno parte del genere umano.. Proprio come dici tu. Ma forse siamo noi che a volte ci creiamo delle aspettative che non si avverano. Ed allora ci chiudiamo nei nostri ricordi e continuiamo il nostro cammino giorno per giorno. È un bel racconto, che fa riflettere. Grazie



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