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Carissimo figlio

Carissimo figlio,

lo so che non ami leggere, e che risolvendomi a parlarti attraverso la carta ti costringo a contravvenire alla tua natura, la quale ti tiene lontano dai libri come da pericolosi custodi d'insensatezze e illusioni. Di questo non ti faccio colpa, in special modo se mi soffermo col pensiero a ciò che sono io, a causa del mio smodato amore per loro. Ma, vi sono parole che bisogna assolutamente dire, perché hanno un senso, o forse perché non ne hanno, perché premono con forza alle porte del silenzio e, se non trovano da sole la via, va a finire che cascano su un pezzo di carta, e vi restano impresse, incancellabili, finché altri occhi e un altro cuore non le accoglieranno. E'quello che è successo a queste parole, che sono qui dove non dovrebbero essere, a testimoniare una volta di più la nostra totale incapacità di preveggenza, riguardo le cose, finanche le più stupide. E non solo il luogo è inopportuno, quanto anche il momento. Anzi, a pensarci bene, non poteva essere più sconveniente, e quasi imbarazzante. Oggi è Natale, e di solito sono i figli a ficcare letterine fitte di promesse sotto i piatti dei genitori. Nemmeno tu sei potuto sfuggire, se ben ricordi, al doveroso testamento spirituale dell'infanzia, che giura esser possibilissimo un futuro a braccia conserte e bocca chiusa. Nessuno ci crede, soprattutto il figlio, che una volta ottenuto tutto il ricavabile da quelle sue innocenti farneticazioni, ritiene giunto il momento di farla finita, e ricomincia con raddoppiato vigore a recitar la sua parte, quella di figlio. Che gusto ci sarebbe ad esser figli assennati come genitori, o ad esser genitori dissennati come figli? Sarebbe interessante, ma un po' innaturale. Questo puoi giudicarlo da solo, ché mi pare proprio questo esser stato il nostro caso. Ciò è provato dal fatto che, oggi, sei tu a trovar la lettera sotto il piatto e, non possono esser stati altri che i tuoi genitori. Non ridere. Non è un'altra delle baggianate di tua madre. O, almeno, non è solo quello. È qualcosa di peggio, qualcosa che confermerà i tuoi sospetti circa la presenza o l'assenza del buonsenso nella tua famiglia. Quella che ti hanno assegnato alla nascita e che, con tutte le sue stoltezze, ti apparterrà a vita. Non affannarti a legger queste righe di traverso e in un sol colpo, per vedere se, casomai, vi stanno nascoste promesse e sorprese. Le promesse le fanno i marinai, e le sorprese sono nell'uovo di Pasqua. Come ben sai, noi non siamo né l'uno né l'altra. Siamo solo due genitori come tanti, o come pochi, non so. Onestamente, propenderei per il pochi. Poi, decidi tu. Se ti può consolare, appartenere alle minoranze è pur sempre un segno di distinzione.
Bene, ora se tutto questo ti sembra abbastanza poetico da giustificare il tutto e classificarlo come un ulteriore tentativo mammesco per ottenere dal figlio la comparsa di una solinga lacrimuccia, o instillargli la convinzione che a una mamma letterata si può condonare ogni cosa, ti dimostrerò che ti sbagli. Non avevo intenzione di farti incappare in una strenna per topi di biblioteca, primo per non affliggerti con tentativi di istigazione alla lettura, secondo perché se proprio avessi voluto farlo, avrei optato per qualcosa di ben diverso, scegliendo, dopo una mezza giornata passata tra le scartoffie, uno dei titoli più alla moda, di quelli che ognuno legge o afferma di leggere. Ma c'è un problema, ed è il seguente: assai difficilmente sarei riuscita a scovare un centinaio di pagine che racchiudessero il mio pensiero, quello che volevo dirti. E chi avrebbe potuto ficcarcelo? Un altro nella mia situazione, nel mio stato di cose e del tuo? E, se pur così fosse, se si riuscisse a scovare i nostri duplicati, è possibile che costui fosse uno scrittore, e anche dei più quotati, tanto da trovarlo in vetrina? e che gli fosse balzato in capo di fare una letterina di Natale al proprio figlio? Troppi indefiniti... troppi sospesi. Rimaneva la possibilità che io stessa prendessi in mano la penna, ma non quella che il risultato si fosse rivelato di tuo gradimento. Tuttavia, non avevo scelta, perciò, partii all'attacco. Senza esitazioni. In primo luogo, non avevo ancora trovato un valore all'incognita del regalo di Natale, secondo, m'era venuta da dirti una cosa, anzi più cose frammentate nel tempo che rischiavano seriamente l'oblìo, terzo, ma non ultimo, mi avevi ultimamente e ulteriormente ricordato il mio proverbiale, irreversibile, rincretinire. Ebbene, ragazzo, hai siglato la fine del tuo patto di non belligeranza con le scartoffie. Almeno per stasera. Sai, i genitori possono fare a meno di tutto. Possono restarsene sulle loro per anni, e cercare di convincersi che il figlio ha cambiato voce basandosi sulle tre parole di cui egli fa loro dono nell'arco della giornata. Ora, poiché si tratta per lo più di monosillabi, i genitori particolarmente distratti rischiano di non riconoscere la propria prole al solo richiamo, ma è necessario che si soffermino sulla presenza della barba, di un incipiente pancetta o di un diradamento di capelli, perché si rammentino che quell'uomo lì, proprio quello, è colui che ha soppiantato d'un tratto il loro innocente piccino. Questo è dovuto alla natura estremamente romantica dei genitori, qualunque sia la loro indole, il loro umore e la loro condizione. Mi pare di poter affermare che l'umanità è divisa in genitori e non genitori. Questo è un forte segno di discriminazione, e anche un poderoso segno di predestinazione. Ebbene, che ti piaccia o no, noi eravamo destinati a te, e tu a noi. Siamo i tuoi genitori, vale a dire quelli attraverso la cui disponibilità sei entrato in questo mondo. Abbiamo consentito a una possibilità di sfruttamento alla natura, la quale conosce e contempla una sola legge: la continuità della vita. Ora, non so dove diavolo saresti e come passeresti il Natale, in caso di un nostro diniego, ma la cosa non ci interessa molto. Ora, è pur vero che ti è toccato un padre sognatore, il quale non ha altra colpa se non il suo stesso sogno, che tormenta e rincorre, e ne è inseguito a sua volta. Il suo solo contatto con la realtà sei tu. È per te che tuo padre accetta l'inaccettabile, non per me, né per se stesso. Seguitando a sognare il suo sogno, coltiva il tuo. Tua madre, invece, non ha pregi, se si escludono gli occhi verdi e i capelli lisci, che tu avresti voluto e che lei non ti ha saputo dare, come tante altre cose. In fondo, non era in suo potere. Nulla è in suo potere, se non una straordinaria attitudine all'inadeguatezza e alla sconfitta. Ma questo, non giustifica nulla e nessuno, né noi, per le manchevolezze materiali nei tuoi confronti, né te. Sappi che non siamo nati genitori, e chi lo è? Siamo nati figli, come te, e quindi ragazzi, e quindi giovani, come te. Sappiamo tutto quello che si può presumere di sapere, alla tua età, abbiamo sperimentato i tuoi crucci, i tuoi malumori, e anche di più. Perciò fatti forza, ragazzo, sei solo passato dal mondo dell'infanzia - dove i genitori sono una sorta di semidei- a quello della gioventù - dove i medesimi genitori vengono improvvisamente e irrimediabilmente lasciati indietro. È come attraversare le fasce di Van Allen, e ritrovarsi dall'altra parte del tempo. Di là, l'asilo per l'infanzia, di qua l'avamposto della vita e della modernità. Due mondi diversi. Non vorrei ripetermi, ma ricordati, che io, in più, ho visto il piede dell'uomo sulla Luna. E ho solo vent'anni più di te, non duecento, come credi tu. Allora, perché non ti capisco? mi dirai. Ti capisco, invece, ti capisco così tanto che vorrei che al posto di queste righe abbastanza insulse da finire al fuoco, tu trovassi le cose che davvero desideri. Preferirei che ad ogni svoltar di pagina venisse fuori un dono diverso, le chiavi di una macchina, e quelle di una moto, e una stanza tutta per te. Vorrei, dico, perché per tali premi non basta né il pensiero, né i buoni propositi. Esse si muoveranno dai loro insediamenti solo se il mio nemico giurato la pianterà d'esser tale. ( è il denaro, ragazzo, lo sai che non andiamo d'accordo!) comunque sia, non avertene a male per l'ennesima che è andata buca. Verranno tempi migliori, per te. Ci stai dando sotto, figliolo, alla grande. Di questo devo darti atto. E poi, le cose materiali, gli oggetti che tanto ci ammaliano (affascinano pure noi) nel tempo, perdono il loro valore, perché non ne avevano, glielo abbiamo dato noi. Mentre, due genitori come noi, restano. Due genitori come pochi.

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2 commenti     3 recensioni    

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3 recensioni:

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  • Anonimo il 25/09/2013 16:52
    In certe cose, ogni parola potrebbe esser di troppo, per cui mi sono limitato a leggere.
  • Raffaele Arena il 17/09/2013 21:04
    Una lettera a cuore aperto che sinceramente non mi sarei mai permesso di pubblicare, in quanto intima, privata, solo Vostra. Ma a parte questa mia visione, un accorato appello al ruolo di chi, in generale, oggi, da figlio può trasformarsi in qualsiasi caso. E non è questo il caso. Qui tu rappresenti una situazione di crisi passeggera, dove il tuo amore e la tua "strategia" di politica familiare, difficilissima, il tuo sentire son messe in chiaro. Poi c'è un fondo di disperazione dovuta a la distanza tra il desiderio e l'ottenere l'oggetto, comune a moltissimi "consumatori" di questa società assurda. E il principio fondamentale che è la ricchezza delle esperienze positive, umane, che sono tutto, il resto è spazzatura (o quasi).
  • Rocco Michele LETTINI il 17/09/2013 18:42
    Una dedica e un riflessivo da farne tesoro... MIRABILE SEQUELA...

2 commenti:

  • Caterina Russotti il 17/09/2013 22:07
    Bella questa lettera aperta... Un figlio sarà certamente orgoglioso di leggerla...è rileggerla... È rileggerla... Ogni qual volta ne sentirà il bisogno.
  • loretta margherita citarei il 17/09/2013 18:30
    bella dedica, piaciuto

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