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La chiave sotto lo zerbino
Avevamo impiegato diversi mesi prima di trovare quella casa, il nostro rifugio, il nostro nido, il luogo che ci avrebbe visti finalmente felici ed appagati.
Non importava dove essa fosse dislocata, in quale paese, città o nazione, ciò che doveva avere erano solo tre piccole cose: essere sul mare, avere una grande veranda e un'unica grande stanza nella quale vi fosse tutto quello che ci sarebbe servito.
Così mentre lui cercava di convincere il mondo che non stava facendo una pazzia, io la cercavo ovunque.
Ricordo ancora la gioia quando sul sito internet di un'agenzia immobiliare la vidi. Lo chiamai subito, gridando come un pazza. Dopo soli pochi giorni, avevamo le valigie pronte per partire.
Io non lasciavo nulla e nessuno, mentre per lui era diverso, cosi ci accordammo di vederci direttamente all'aeroporto. Non gli ho mai chiesto come quell'addio fosse andato e cosa gli avessero detto, capii solo che stava male, mi guardò, sorrise e partimmo.
La casa era sulle coste del nord della Francia, isolata dal resto della città. Non era di nuova costruzione, veniva usata da una coppia di estrosi pittori, i quali non trovando più in quei luoghi la loro ispirazione la lasciarono senza però mai venderla.
Per arrivarvi bastava fiancheggiare una strada costiera, poi occorreva lasciare l'auto e scendere per una piccola gradinata fino alla spiaggia. Noi due vi arrivammo in taxi e trovammo sul selciato l'agente immobiliare al quale avevamo fatto una sola piccola ma forse anche strana richiesta, quella di non accompagnarci al suo interno, ma di lasciare la chiave d'ingresso sotto lo zerbino.
Ho sempre pensato che visto i proprietari un poco strani, incontrare degli inquilini con idee altrettante insolite, non lo avesse poi così tanto sorpreso.
Noi due, la nostra casa, il mare e la nostra voglia di vivere e di provare ad essere noi stessi.
La casa era in legno bianco, come quelle viste alle volte nei film americani, una veranda grande che comprendeva buona parte dell'esterno. Pochi gradini ed ecco lo zerbino e lì sotto, la chiave.
Aprimmo la porta insieme, mi prese in braccio, dicendo che era tradizione e voleva fare le cose per bene. Il suo interno era qualcosa di sublime un'unica grande sala, con la cucina, un tavolo circolare una coppia di divani in pelle nera che davano sull'ampia vetrata con vista sul mare ed al centro un letto circolare. Una sola grande stanza, luminosa, spaziosa, essenziale.
Alle pareti diversi quadri, probabilmente opere degli stessi proprietari. Quasi tutte immagini di donne in sottoveste nelle diverse ore della giornata, solo uno ritraeva anche la sagoma di un uomo, il quale però appariva privo di volto e nudo.
La prima cosa che facemmo fu quella di andare sul mare. Era fresco e un vento frizzantino ci faceva rabbrividire, camminammo a lungo e ci baciammo più volte senza mai dire nulla. Quello era il nostro sogno, quello per cui avevamo lottato e lasciato tutto e tutti.
I giorni a seguire furono decisamente i più divertenti. Sistemare le cose, io che mettevo in un modo e lui che per praticità diceva in un altro. La cucina era il suo regno, io ero una frana a cucinare, ma come donna volevo mettere il mio tocco. Il mio angolo erano i libri che avevo disposto nelle mensole nella zona dei divani, perché mentre lui aveva riempito le valigie di vestiti, io l'avevo riempita di libri.
Le nostre giornate divennero molto semplici. Si mangiava, passeggiava, scriveva, e al sopraggiungere della sera, dopo avere cenato si andava sul davanzale, e coperti fino alle orecchie io leggevo a voce alta il libro di turno, e lui col suo sguardo perso nell'infinito mi ascoltava. Poi la notte arrivava e quel letto diventava il luogo del nostro tutto.
In quel letto vi abbiamo parlato fino al mattino, continuato a leggere un racconto per la gioia di conoscerne il finale, litigato, fantasticato, dormito e vi abbiamo fatto l'amore. Quello vero, quello che prende tutti i sensi dell'essere, coinvolgendo l'anima a tal punto da non sapere più dove sia il tuo o il suo piacere.
Ogni sogno però ha un suo inizio ed una sua fine. Arrivammo in quel luogo in autunno e nella primavera successiva mi svegliai e lo vidi in piedi sulla vetrata, le braccia lungo i fianchi e il viso appoggiato al vetro.
Capii allora che quello era il mio sogno e non ero riuscita a farlo diventare anche il suo. Non eravamo riusciti ad essere quello che avremmo voluto e le sue parole furono lapidarie: "La vita prende alle volte strade imprevedibili, inaspettate, inattese. Sei una donna eccezionale, meriti tutto il bene di questo mondo e sono certo che lo avrai".
Quello fu il giorno più lungo della mia vita. Vederlo fare le valigie nel suo totale silenzio, io a cucinare spaghetti e lui a ridere nel vedermi ai fornelli. Pranzammo e poi mi informò che alle 16, 00 sarebbe arrivato il taxi. Potevo restare fino a quanto volevo l'affitto era pagato per un anno intero.
Non si dissero molte parole, io non feci nulla per convincerlo a restare e non pretesi altre spiegazioni. Lui per la prima volta restò muto, mi consegnò una lettere dopo avermi abbracciata a lungo. La presi ed andai verso il mare, non volevo vederlo andare via e senza neppure salutare io uscii.
Credo che stetti sul mare per parecchio tempo, mi venne un gran freddo ed al sopraggiungere della sera, mi avviai verso casa.
Ora quel luogo non era più un nido, un rifugio ma una vera gabbia della tortura. Entrai e tutto era così diverso. Appariva tutto più spento e come privo di vita, nulla aveva più un senso di essere, tutto vi stonava.
Era l'ora della nostra lettura e così presi la lettera e senza leggerla, mi misi sotto il nostro davanzale, coperta fino alle orecchie e restai a guardare l'arrivo della notte.
Restai in quella casa per tutta l'estate, facendo le solite cose banali. Svegliarmi, mangiare, leggere, scrivere, passeggiare e cercare di dormire. Le settimane si susseguirono con una rapidità tale che, quando ricevetti la visita dell'agente immobiliare, mi sorpresi nel constatare che ormai l'anno fosse passato.
Mancavano poche settimane e avrei dovuto lasciare quella casa senza sapere bene dove sarei andata. Di certo sapevo, che non sarei tornata indietro al mio passato. Iniziai a fare le valigie, o meglio a decidere cosa portare con me. Non volevo privare quella casa della traccia di noi due e di me. Conclusi preparando una sacca con i pochi abiti, mentre i libri, gli oggetti acquistati insieme, sarebbero restati in quel luogo.
Ho sempre pensato, credo in fondo al mio cuore, che un giorno lui sarebbe tornato, forse per quello ero restata.
Pochi giorni prima della mia partenza, arrivò un fattorino a consegnarmi un piccolo pacco.
Non era arrivato lui ma era arrivato il suo sogno.
Sapevo cosa quel pacco conteneva. Lo aprii con cura ed ecco la copertina, lucida di cartone rigido ed in alto il titolo "Si torna sempre dove si è amati", ed una stupenda fotografia della nostra casa, del nostro rifugio, del suo sogno.
Sul retro il solito trafiletto dell'editore: "Dopo anni di silenzio ecco l'atteso ed intenso romanzo di Luca Trito. La passionale storia di un amore contrastato, tra due pittori che per riscoprire sé stessi si rifugiano in una casa, che diverrà il luogo della loro riscoperta".
C'era riuscito. Prima di partire erano mesi e mesi che non gli uscivano parole, era bloccato e non scriveva nulla. L'editore che lo spronava a concludere in fretta, per non correre il rischio di essere dimenticato dai lettori. Gli ammiratori che disperati, continuavamo a scrivergli, preoccupati nel non vedere nulla di suo sugli scaffali nelle librerie.
Il suo mondo era la scrittura, come il mio mondo era la lettura.
Nel pacco un'altra lettera e questa volta dovevo leggerla. Corsi tra la libreria, nelle pagine di Cime tempestose trovai quella che lui mi aveva lasciato mesi prima.
Col nodo in gola iniziai:
"Mia dolcissima Giulia, sono certo che il mio libro non ti sorprenderà e ti troverà ancora nella nostra casa.
Penso che tu non sia mai partita e sono certo che tu non abbia mai letto la lettera che ti lasciai, per cui adesso voglio che tu la apra. Fallo adesso aspetto. . . .
Sorpresa!!!!! Non vi avevo scritto nulla, sapevo che non l'avresti mai letta. La conferma l'ho avuta nel non ricevere nessuna notizia di te in questi mesi, perché la Giulia che io amo non avrebbe mai accettato una lettera bianca, ma avrebbe di certo accettato di non aprirla per paura del suo contenuto.
Tornato in Italia, ho ripreso gli appunti scritti lì insieme a te e tutto è uscito con una tale fluidità come da tempo non accadeva. Tutto questo grazie a te, alla nostra casa, al tempo passato insieme.
Giulia so che non riesci a capirlo ma il mio amore per te è così profondo da quasi spaventarmi, come se solo accanto a te io riesca a fare le cose, come se io fossi me stesso solo se con te. Questo mi fa paura, e mi ha portato lontano.
No, anzi tu mi capisci, altrimenti, tu che non stai mia zitta, che vuoi sempre capire, che magari resti in silenzio per qualche ora elaborando e poi sbotti urlando tutto quello che senti, non saresti mai stata in silenzio il giorno in cui io sono partito.
Adesso che farai? Che faremo di noi due? Immagino che tu stia preparando le valigie, anzi sicuramente non porterai via nulla di nostro da quella casa, e soprattutto sono certo che non tornerai qui.
Scrivo romanzi d'amore ma sono del tutto incapace di scrivere una lettera che ti possa convincere a tornare da me.
Giulia io sono qui e non mi muovo di un passo, il mio cuore è tuo e non avrà altri ospiti al suo interno.
Ti aspetto."
Non mi sorpresero quelle parole. Serrai le finestre, presi il mio borsone e lasciai quelle lettere sul tavolo, prendendo solo il romanzo.
Chiusi la porta e guardai per l'ultima volta quel mare, la lunga spiaggia, alzai lo zerbino e vi riposi la chiave. Adesso sapevo dove andare e quella casa non serviva più né a me né a lui
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6 recensioni:
- Prosa eccellente e squarci lirici assai belli.
Si ritorna sempre dove si è amati?
Non sempre.
Abbiamo in comune un certo amore nei confronti della Francia e
penso anche della cultura di questo paese.
Ciao. Alessio
- Ops, forse ci sono arrivato: lì erano solo in affitto, me n'ero scordato. Strano comportamento lo stesso, però, chiderle di ragigungerlo dopo averla lasciata sola per mesi, a illudersi in un suo ritorno, senza spiegazioni.
- Un bel racconto efficace, ben scritto e altrettanto ben condotto, che si fa leggere con piacere fino alla fine senza stancare.
Però fatico francamente a capire il modo di comportarsi dell'uomo, che, dopo mesi apaprentemente felici, prima abbandona lei nella casa nuova e poi le scrive parlando di amore ma non offrendosi di tornare, come mi sarebbe sembrato logico, ma pretendendo che lei lasci la casa nuova per andare a raggiungerlo. Boh?
Anonimo il 25/09/2013 08:52
Mi ci sono immedesimata nel tuo racconto, letto tutto d'un fiato.
Complimenti Stella, molto bello.
Anonimo il 21/09/2013 22:33
Piacevole tocco per descrivere la monotonia che anima la storia.
- Nessun dubbio. Brava
- te l'ho già detto... è bellisssimo!
- grazie a tutti per avermi letta... non scrivo racconti molto spesso ma a questo sono molto legata...
Anonimo il 20/09/2013 17:29
L'ho letto senza distrarmi, praticamente tutto d'un fiato. Scritto molto bene; complimenti!
- Molto bello Stella... di piacevole lettura...
Chira il 20/09/2013 10:10
Mi è sembrato di vedere un bellissimo film... Amore sognato e vissuto con intensit, la stessa dell'attesa per scoprire un'intesa di anime perfetta e che la vera casa è dove "c'è Amore". Per me "chicca" la citazione del libro "cime tempestose".
Bellissimo leggere Stella!
- È bello questo racconto, bello nella sua narrazione, nella correttezza letteraria. Scivola via che è un piacere.
È un sogno... perfettamente realizzato, proprio perchè è un sogno.
Anonimo il 20/09/2013 07:10
Ciao recensione mia, Antonio.
Anonimo il 20/09/2013 07:10
Ciao recensione mia, Antonio.
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