racconti » Racconti sull'amicizia » Leo
Leo
L'ultima cucciolata Lilli l'aveva partorita dentro un tronco cavo di un ulivo saraceno, dimora principesca per lei e soprattutto sicuro come un bunker antiaereo, difficile vederli, difficile per alcuno poterli toccare. Lui dopo una settimana si decise ad aprire gli occhi e si scoprì in una cuccia calda assieme a tanti altri suoi fratelli, non sapeva contare, sapeva che erano molti e comprese in pieno il vecchio detto: "Lu Signuri binidiciu centu mani chi manciavanu; ma no tutti 'nta un piattu" solevano ripetere con arguzia i vecchi. Comprese subito che per vivere doveva succhiare più latte degli altri, stare attaccato alle mammelle della madre allontanando anche bruscamente i concorrenti e divenne bravo! Poco alla volta i cuccioli più deboli cominciarono a fermarsi, sparivano portati via da mani misericordiose. Lui rimase, forte e candido, per cui si meritò il nome "Leone" che tutti decisero di ridurre a "Leo". Leo è un meticcio maremmano, da piccolo era bellissimo, un batuffolo di lana bianca, arruffata e calda che tra le dita suscitava emozionanti sensazioni invernali. Poi crescendo cominciarono a comparire alcune macchie che testimoniarono senza ombre di dubbio che non fu un accoppiamento in purezza (ahimè, noi sapevamo il triste imbroglio e siamo stati silenti -abbiamo taciuto sperando che tutta la storia potesse passare in silenzio- colpevoli per amore), e poi ha cominciato a crescere; uno spilungone, anche su questo ha tradito l'armoniosa robustezza del suo avo. Ad ogni buon conto io e Simona gli abbiamo perdonato tutto; avevamo già perdonato la Ss. ma Memoria di sua madre, lo abbiamo fatto anche con lui, questo è amore in seno ad una grande famiglia, come si dice oggi: "allargata"! Leo è cresciuto bene, nei momenti in cui tornavamo in campagna a trovarlo lo abbiamo viziato un po', Simona perfino di più. Ogni tanto mi accorgevo che il sacchetto dei miei biscotti calava paurosamente, così il formaggio che neanche avevo il tempo di assaporarlo che ritrovavo la crosta. Allora facevo finta di arrabbiarmi e provvedevo a rimpinguare le scorte. Leo è diventato ancora più affettuoso della madre. Il suo unico viaggio in città lo ha compiuto all'età di tre mesi, si è acciambellato sulle mie gambe, felice e curioso del paesaggio che gli veniva incontro, alle prime curve mi vomitò addosso in ricco pasto che aveva consumato poco prima della partenza. Dal veterinario la solita trafila noiosa; nome, razza, peso, controllo del peso, degli insetti, risultato? Sano come un pesce e pulito come un bimbo, Lilli era proprio una grande madre! Alla Nivina è cresciuto bene (a seconda dei punti di vista), una frana come cane da guardia, gli uomini che ancora oggi arrivano sul posto lo accarezzano, gli portano del cibo, sin da allora si fece la convinzione che fossero tutti amici. Vive ancora oggi in mezzo ai gatti senza problemi. Merlino, il tigrato scuro, classe 2010, linea armoniosa e slanciata, è stato il suo compagno di giochi, hanno condiviso il cibo nella stessa ciotola almeno fino a quando non scomparve, forse ucciso o avvelenato. I gatti liberi pagano a caro prezzo la loro libertà, specie quando d'inverno scarseggia il cibo e loro sono costretti ad avventurarsi "in territorio nemico".
Leo è un cane felice! È libero di muoversi come meglio gli piace, ha amici in molti posti, ma essendo maschio e non castrato qualche volta torna a casa ciunnatu comu 'n guvitu di Gesù Cristu, ma essere libero comporta anche qualche sacrificio, un prezzo da pagare.
Ogni volta che dalla campagna scendo in paese si presenta il solito problema; se scendo in macchina tutto si risolve con una corsa dietro la macchina ma, quando vado a piedi il problema cambia aspetto, deve per forza accompagnarmi e non c'è verso di farlo desistere. A niente valgono le minacce, il far finta di volerlo picchiare, lui ti guarda con l'aria innocente, a volte fa finta di fermarsi per poi ritrovarmelo dietro dopo qualche minuto. Ancora oggi capita che scendiamo in paese assieme, camminando per le strade è molto accorto, si mette dietro di me e non si sposta di un millimetro neanche se le macchine dovessero strusciarlo. L'altro giorno ha scritto una vera pagina del libro Cuore. Mi ha seguito in paese fino a casa di mia madre, si è accucciato davanti la porta e ha detto: "Cu la minchia chi ju di ccà mi movu senza di tia". Io l'ho guardato un po' preoccupato ma mi sono illuso che come le altre volte sarebbe ritornato alla sua cuccia in campagna. Mi sbagliavo! Dopo un ora sono salito in macchina con mia sorella, destinazione visita parenti. Leo dietro a trotterellare. L'ho pregata di accelerare nella speranza di fare perdere le nostre tracce al nostro amico a quattro zampe, fatica inutile. Ci ha persi e ritrovati, all'uscita della visita Leo era accucciato accanto alla macchina, appena ci ha visto è saltato in piedi e a cominciato a saltarci addosso leccandoci; una festa del diavolo. Mi sono rassegnato. Ho preso lo zaino, salutato i miei e via alla fermata dell'autobus, Leo accanto a me, ragionavo con lui ed ad un occhio esterno qualcuno avrebbe detto che mi rispondeva (ma non era vero, lo giuro). Ci siamo fermati davanti alla fermata, io seduto sulla panchina, Leo per terra a guardarmi anche quando io non lo guardavo. Cominciavo a sentirmi a disagio; l'amante che sta per abbandonare il suo amore. Arrivò l'autobus, io sono salito per fare il biglietto, quando mi sono guardato attorno lui era la davanti che mi guardava; ancora non saliva ma non voleva andarsene. Ho avuto per un attimo l'impulso di scendere per abbracciarlo ma, lo sportello mi si chiuse davanti ed il mezzo si mise in moto. Con la coda dell'occhio vide Leo che si mise al galoppo dietro il bus, per un attimo ebbi il terrore che l'amico non desistesse dal seguirmi e si perdesse lungo il tragitto per Palermo Quando la corriera si mise in moto. Leo si mise ad inseguirla, ma fini per desistere. La sera, quando chiamai al telefono mia madre non mi fece aprire bocca.
-Sapissi chi successi doppu chi tu partisti".
-Chi successi, quarchi cosa di gravìi 'n famiglia?".
-No! Stai tranquillu, tuttu beni 'nfamiglia. Sai chi fici Leu doppu chi partisti?
-No! Dimmi forsi chi si 'ntisi mali, si firiu"?
- Nenti di tuttu chistu. Doppu chi partisti Leu vinni ca, si jiccau 'nerra pi mortu e nun si cataminau cchiùi, ci dettimu a manciari e nun vosi manciari, si vippi un pocu d'acqua e poi basta. Si nni stava cu lu mussu 'nterra e l'occhi tristi, Gesù, paria quasi chi vulia chianciri, era dispiratu pi la tò partenza, Doppu quarchi ura vistu chi stava ancora dda fermu, tò soru si lu misi 'ncoddo, lu fici trasiri supra la machina e lu purtau a la Nivina.
Leo soffriva l'assenza dei suoi amici a due zampe. Tutte le mattine lasciava la sua casa e scendeva in paese; poche centinaia di metri, girava pi li strati, naschiava pi capiri dunni putia truvari di manciari, facia la spisa e riturnava a la casa. Ogni tantu 'ncucciava 'na fimmina chi ci la dava (e 'ncucciava pi veru)!
Il Sig. Conigliaro era un vecchio commerciante di Palermo, aveva un negozio di ferramenta in un bel quartiere della città, buoni clienti e pochi problemi con la delinquenza, la mafia il pizzo. Non si era sposato, viveva con la sorella anche lei "signurina". Avevano raggiunto un discreto benessere tanto che avevano cominciato a pensare a vendere il negozio e cercarsi un angolo di paradiso dove trascorrere gli ultimi anni della loro vita. Casualmente, lo trovarono. Invitati a fare una gita, arrivarono a Sambuca di Sicilia girarono per il paese, salutarono quarchi paisanu, è fu amuri a prima vista, chiassai, fu fucu chi abbruscia e che conquista. In pochi mesi liquidarono le loro pendenze palermitane e si trasferirono in paese. Acquistarono una casa poco fuori il centro abitato che divenne il loro paradiso in terra. Durò poco, la sorella si ammalò di un male incurabile ed in breve tempo il poveruomo rimase solo. Invecchiò precocemente, su consiglio di un amico si affittò una casa in paese per avere qualcuno vicino in caso di bisogno, ma la mattina alle prime luci del giorno ritornava alla sua amata casa di campagna. La mattina andava e il tardo pomeriggio ritornava tutti i santi giorni dell'anno festivi e Natale compreso. Leo notò quell'insolito andirivieni del vecchio, si incuriosì e non avendo molto da fare in quel periodo decise di seguirlo. Si accorse presto che il vecchio Conigliaro era molto generoso con gli animali, ed anche lui finì per essere invitato al banchetto dentro l'Arca di Noè." Puntualmente tutte la mattine Leo si faceva trovare davanti la porta di casa, Conigliaro scendeva, gli dava un biscotto e si avviava con il cane che lo seguiva, fianco a fianco, il vecchio gli parlava come un vecchio amico, a detta di qualcuno Leo gli rispondeva, molti altri in verità non ne erano conviti, convenivano piuttosto sul fatto che ogni tanto l'animale guaisse avvicinandogli il muso alla mano perché questa si allungasse per fargli una carezza; era ghiotto di carezza il buon Leo, non era mai soddisfatto.
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
1 recensioni:
- Un racconto che mi accomjna nel senso di una amicizia con il mio fedelissomo cane morto tre anni fa e che lo rivedo tra le riche del tuo racconto.. grazie per averle donate a noi per leggerle
- Capisco il tuo pensiero cara Asia, ma inserire il dialetto è un mio peccato, consapevole di farlo e piacevolmente disposto a sopportarne la pena...
- Già il cane resta sempre il miglior amico che si possa avere. Mi commuovono sempre questo tipo di storie :'). Se posso darti un consiglio però limita l'uso del dialetto. In molti possono non capirlo. Per il resto bel lavoro
- stupendo questo tuo racconto, quasi mi ha commosso... il vero amico dell'uomo resta credo sempre il cane... davvero bravo
- Grazie a voi Chira e Michele, unici indefessi miei supporter, una buona domenica
Chira il 13/10/2013 07:28
Ero molto piccola ma una foto mi ritrae col "mio" Leo, figlio di Alba... cani da caccia di mio padre. Più bello per me è stato leggerti per questa coincidenza di nomi. C'è amore a pieni mani, dato e riavuto, LIBERTà e quel periodare ogni tanto in vernacolo rende il tutto più vero e prezioso. Bellissimo narrare, sentito con tanta tenerezza.
Chira
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0