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La cucina è sporca
"Ste" nessuna risposta.
"Steeee" niente.
"STE FA NO, questa volta ti uccido" Mariella era imbestialita;
per l'ennesima volta il suo coinquilino, nonché amico di una vita,
aveva lasciato la cucina come se volesse suggellare nella loro
casa il passaggio dell'uragano Katrina. In quella stanza di quasi
quindici metri quadrati, c'erano così tanti suppellettili e utensili
da cucina che lei stessa si meravigliò di quanto stava osservando:
forse Stefano, al posto di organizzare una di quelle cene dove
ognuno avrebbe portato qualcosa da bere, aveva chiesto a tutti i
suoi amici e conoscenti di lasciare una padella sporca in ricordo.
Prima di entrare nel suo appartamento sperava di trovare Ste-
fano in casa; non l'aveva chiamato per comunicargli il suo arrivo
perché immaginava volesse passare la domenica con i suoi amici
a bere birra e guardare le partite di calcio, inoltre, da quando
il suo fidanzato l'aveva mollata per una collega, Stefano aveva
sopportato le sue lacrime fin troppe volte. Anche per quello
aveva deciso di passare il fine settimana appena trascorso nel
suo paese natale: la speranza di partenza era quella di distrarsi
un pò, la verità di fondo era il far sopportare le sue isterie a
persone diverse.
Ora sulla porta della cucina, ancora con il cappotto addos-
so, una profonda malinconia la avvolse, si sentiva come se il
Karma, incazzato e depresso, le avesse tirato un pugno nello
stomaco: l'immagine della mamma che le implorava di rimanere
per riposare qualche altro giorno le si materializzò davanti agli
occhi come un'allucinazione. Voleva nuovamente le coccole di
casa, l'essere viziata dai suoi, il non alzare un dito per i servizi
domestici.
Mentre era assorta nei suoi pensieri Stefano le comparve di-
etro, tuta e maglietta, capelli arruffati e borse, non quelle da
viaggio ma da sonno.
"Perché stai urlando, sembri una vecchia isterica, se non ti
conoscessi ti direi che hai bisogno di scopare" scoppiò a ridere
e corse in bagno.
Mariella sorrise, Stefano aveva quel dono, riusciva a tirarle su il
morale in qualsiasi momento, qualsiasi catastrofe fosse avvenuta.
Si scrollò di dosso quella patina da ipnosi che l'aveva avvolta e
ne approfittò per andare in camera e sistemarsi.
Entrata nella stanza buttò il cappotto sul letto e si lasciò
cadere sul pouf che le aveva regalato Simone per il suo ultimo
compleanno qualche mese prima. Guardava le loro foto, erano
passate solo un paio di settimane ma sapeva che non ci sarebbe
stato modo di tornare insieme a lui, lei era troppo orgogliosa
per farlo, le altre forse lo avrebbero fatto, ma non lei, non nel
suo mondo, Simone ormai era un discorso chiuso.
"Insomma, che hai da sbraitare? Tua mamma non ti ha portato
il caffè a letto stamattina?" Stefano arrivò e, buttato il cappotto
per terra, si lasciò cadere sul letto con la convinzione che non
ci potesse essere un domani, l'alcool non era sicuramente il suo
forte.
"Hai notato la nostra cucina? Sembra tu abbia mangiato insieme
a dei cavalli; la devi smettere di invitare gente a casa per poi
farla andare via senza averti dato una mano nel rimettere a
posto, non capisci che le persone approfittano di te?" Mariella
era molto apprensiva con lui, si conoscevano fin da piccoli e
trattava Stefano come fosse il suo fratello minore.
"Mella, ho mal di testa, se mi vuoi bene risparmia la predica per
domani, ti giuro che mi farò trattare male come se fosse ora".
"Ok, ma entro stasera la cucina deve risplendere, quindi richiama
qualche puttanella delle tue amiche e fatti aiutare a sistemare
quella stalla; anzi fai venire prima qualche scienziato, quello
che c'è nella nostra cucina potrebbe contribuire alla scoperta di
qualche nuova teoria del caos" e detto questo, con uno scatto,
si alzò e cominciò a staccare compulsivamente le sue foto con
Simone dalla parete.
"Ah, che fai? Demolisci il muro del pianto?" con tutte le forze che
gli erano rimaste, Stefano si girò su se stesso e strisciò all'indietro
fino ad appoggiare la testa alla spalliera del letto, mani incroci-
ate sul petto, guardava la sua amica strappare quelle immagini
che tanto le invidiava; lui non riusciva a far durare le sue storie
più di sei mesi.
"Spiritoso. Come mi hai ripetuto in queste due settimane ho
deciso di andare avanti. Claudia mi ha detto che Simone esce
tutte le sere dall'ufficio con la nuova stagista; anche se dovesse
tornare non riuscirei a perdonarlo, anzi non lo voglio nemmeno
più guardare negli occhi".
"Ma non lo hai più sentito?"
"Mi ha chiamato il giorno dopo avermi lasciato, io gli ho detto
di non farsi più sentire, lui ha eseguito alla lettera".
"Corretto" Stefano cominciava a pensare se fosse il caso di accen-
dersi una sigaretta.
"Corretto il cazzo, gliel'ho detto proprio perché volevo che mi
richiamasse".
"Il solito genio, mi meraviglio del perché tu non stia sotto il
CERN alla ricerca del Bosone di Higgs".
"Ah ah ah. Fottiti" le foto erano finite tutte in una busta dentro
il cassetto del comodino.
"Che fai ora? Perché le conservi nel cassetto? Buttale no? Non
voglio sentirti di notte aprire quel cassetto e piangere di nuovo
guardandole".
"Ma mi ascolti quando parlo?! Ti ho detto che è finita. Le butterò
domattina. Promesso. Anzi, puoi già dire ai tuoi amici che sono
di nuovo sul mercato".
"Ei Jennifer Lopez, vedi che per quanto tu possa essere semi figa,
non puoi pretendere che dopo averli maltrattati in tutti i modi
ora comincino a sbavarti dietro per far aumentare nuovamente
la tua autostima".
"Tu diglielo lo stesso; eppoi non mi sbaveranno dietro perché
sono figa, lo faranno semplicemente perché sono maschi" e men-
tre ridevano il suo telefono squillò, lei impallidì "è lui" disse
mentre automaticamente il suo pollice strisciava da sinistra ver-
so destra sullo schermo del suo cellulare.
"E ora che. . . " non ebbe nemmeno il tempo di finire la domanda.
"Pronto?" . . . "Ah sei tu" e fece cenno a Stefano di uscire dalla
stanza.
"Ah sei tu. . . , e chi doveva essere, il suo numero ce l'hai memo-
rizzato" e uscì dalla stanza scimmiottando la faccia di Mariella
che intanto si accendeva una sigaretta.
Nel frattempo Stefano arrivato in cucina, con lo sguardo più
sveglio, si rese effettivamente conto dello stato catastrofico in
cui versava quella stanza e ringraziò in cuor suo la sua amica,
nessuno avrebbe resistito più di un mese insieme a lui e il suo
patologico disordine.
Facendosi largo tra le macerie composte da immondizie varie
e cadaveri di alimenti, arrivò al lavello; si mise a scavare la
montagna di piatti presenti in cerca della moca chiedendosi,
stoviglia dopo stoviglia, come avesse fatto a fare tutto quel casi-
no; dopo averla trovata la caricò con tanto caffè da far risvegliare
un paziente sotto anestesia e la mise sul fuoco. Passato qualche
minuto il tipico suono del caffè in ebollizione lo fece tornare
sulla terra; quello era il suo momento preferito una volta sveglia-
to, ascoltare quel rumore che non poteva essere di nient'altro e
odorare quell'aroma che riempiva la cucina, quello stesso aroma
che purtroppo non riusciva a sentire a causa del tanfo post cena.
Si riempì la tazzina e bevve il primo sorso, accese una Merit e ri-
mase lì a pensare a quanti anni ci volessero per poter risistemare
quella cucina in modo decente.
Prima che potesse finire i suoi calcoli la porta di Mariella si
riaprì, lei uscì raggiante.
"Dove stai andando?" chiese Stefano già conoscendo la risposta.
"A casa di Simone, stasera non torno" e dandogli un sonoro
bacio sulla guancia corse verso la porta che sbatté subito dopo.
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