D’inverno, verso le sei di sera, era già buio. Nella strada estramurale passavano lunghe file di carri, con grandi ruote, tirati da muli. Sotto al carro, seguito da un piccolo, cane pendeva traballante una lampada ad olio ad illuminare la via. I contadini tornavano a casa nei “Sassi” uomini e donne, quasi addormentati, stanchi e rassegnati. E così in quelle strade con un forte odore di fieno calava la sera.
Nella parte nuova della città passavano invece le macchine. A volte quando pioveva occorreva scansarsi per non essere investiti da schizzi di fango. Le luci rosse posteriori nel buio e i riflessi allungati sul selciato bagnato dalla pioggia, suggerivano a Mara immagini fantastiche notturne di città lontane, piene di luci al neon, che la facevano sognare.
D’inverno in genere si restava al chiuso. Pochi passeggiavano per il Corso ma se casualmente si attraversava frettolosamente la piazza principale, si potevano notare solo alcuni professionisti che scaldati dai loro discorsi di arte o politica si intrattenevano in giro. Ben presto però anche loro sparivano e si rifugiavano nel caldo del Circolo. Restavano negli angoli della grande piazza solo gruppetti di vecchi contadini, abituati alle intemperie, che fumando le pipe si scaldavano le dita e raccontavano esperienze di vita o di lavoro.
. Il “Circolo Unione” specie d’inverno era perciò molto affollato. Il locale aveva tre grandi saloni.
Nel primo, sulla destra, vi era un piccolo bar con delle poltroncine marrone in pelle. Il secondo era la sala biliardo. Il terzo, misterioso, con. la porta sempre chiusa, vietato ai minori, era pensato come luogo di perdizione. In realtà si giocava solo a carte. Ritornando indietro all’entrata sulla sinistra c’era un grosso appendiabiti in legno scuro, ben intarsiato, che di sera diventava sempre stracolmo. In alto c’erano i cappelli, al centro i cappotti e in basso bastoni ed ombrelli. Il ragioniere frequentava poco quel locale perchè aveva una certa difficoltà a parlare con avvocati e professori. Ma una sera, avendo ritrovato ancora una volta, al posto del suo feltro, un vecchio cappello sgualcito, si fece coraggio e gridò sdegnato e fiero: “ebbene da domani metterò le inizia... tive sul cappello”! Questo errore fece in pochi giorni il giro del paese e lo si raccontava ridendo.
Il periodo che precedeva il Natale era il più bello dell’inverno. Mara frequentava assiduamente la casa di Chiara, un piccolo appartamento abitato da dieci persone, genitori, nonna e sette figli Avevano una stufa a legna che riscaldava e nello stesso tempo dava tanta suggestione all’ambiente. Ogni volta che si entrava si percepiva subito un gradevole odore di legna bruciata ma anche un meraviglioso profumo di arance e mandarini perchè le bucce di questi erano fatte essiccare e bruciare con la legna. Prima di Natale Mara accompagnava la sua amica a raccogliere in campagna del muschio da mettere sul grandissimo presepe che nasceva di giorno in giorno con la collaborazione di tutti. Il tocco finale lo dava sempre la nonna che ci aggiungeva una fontana zampillante e luci colorate. Lo zampillio di quella fontana era restato sempre quasi come un miracolo agli occhi di Mara. A mezzanotte della Vigilia si andava tutti in Chiesa per il rito ma quello era anche un momento per incontrare qualche ragazzo simpatico. Non nevicava mai ma un inverno fece tanta neve che all’uscita dalla chiesa dopo la mezzanotte fu tutta una festa. La si vedeva scender giù, nel buio della notte, a grandi fiocchi come in una danza silenziosa senza musica, si udiva il vociare gioioso della folla mentre i ragazzi la prendevano a piene mani per trasformarla in palle da lanciare. La magica notte si concluse con una passeggiata al Belvedere da cui si godeva la vista dei Sassi. Ricoperto da tutta quella neve sembrava davvero un immenso presepe e le luci delle case dei contadini in quell’ aria fredda e sottile parevano tremare in lontananza come stelle nel cielo.