Feci conoscenza con la città eterna all'età di dieci anni.
Erano le prime ore del mattino e Roma stava già affaccendata nel suo traffico scuro di metropoli che non dorme mai. Mi colpirono i sampietrini, levigati da anni e anni di piogge e pneumatici.
Mia zia abitava al Portuense, in una bella casa immersa nel verde, tra la Magliana e il San Camillo.
I miei cuginetti, Michelangelo e Mariarosa, erano di qualche anno più grandi. Simpatici ed estroversi, mi organizzarono un improvvisato tunnel degli orrori nella loro stanzetta, iperrealistico con tanto di mostri, streghe, fantasmi e ragnatele.
Mi dissero che c'era un posto (si chiamava EUR) dove esisteva un luna park incredibile con un tunnel degli orrori spaventosissimo, al quale loro si erano ispirati.
Da quel momento, cominciai a desiderare con tutto me stesso di farmi portare in quel luogo, ma invano. Tutte le mie suppliche e tutto il mio frignare si risolsero in un buco nell'acqua.
Dopo molti anni, quando ero già uno studente universitario, mi ritrovai nella città più bella del mondo. I miei cugini erano un carabiniere e un'infermiera del San Camillo. Chissà per quale assurdo motivo, mi portarono a visitare il luna park all'EUR. C'era tutto: il tunnel degli orrori, le montagne russe, il far west... ma in quel momento avrei voluto essere altrove, magari a Fontana di Trevi o in qualche museo.
Poi compresi. La vita stava esaudendo uno dei miei più grandi desideri di bambino, solo con qualche decennio di ritardo. E io mi misi a ridere come un cretino e proposi ai miei intraprendenti cugini di fare un bel salto nel tunnel degli orrori, almeno per ricordare i vecchi tempi.