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Eleman (Capitolo 4: Eleman e la notte)
A pochi giorni dal ventunesimo compleanno di Alessandro, lui ed Eleman si videro per la seconda volta. Incontro che ancora una volta avvenne in quel di Milano.
Eleman sembrava davvero un piccolo camaleonte che in base a come cambiavano le condizioni a lui circostanti cambiava colore, pelle.
Era in ritardo Eleman, non era ancora arrivato. E nell'attesa, mentre gironzolava attorno all'enorme e avveniristica costruzione che è la stazione di Milano centrale, Alessandro venne importunato da un uomo, straniero, forse albanese, non certo, almeno nell'aspetto, un riccone, e non di certo giovanissimo. L'uomo si mise proprio a inseguirlo, procurando al giovane un assurdo e drammatico stato d'eccitazione da stupro più che imminente.
Inffatti lo straniero a un certo punto riuscì a costringere il giovane ragazzo in un angolo discosto all'interno della stazione. Alessandro messo alle strette gli diede il suo numero di telefono, e, stupidamente gli diede il numero vero e non uno inventato.
Il treno di Eleman aveva ben due ore di ritardo. Ma finalmente all'alba delle tredici il treno giunse alla sua destinazione. Come un camerata qualsiasi Eleman salutò l'amico con un'incredibile pacca sulle spalle.
Il pomeriggio lo passarono a fare assurdi giri dell'oca per la metropoli meneghina. Con Alessandro più preso nei suoi trip mentali che nel viaggio reale con l'amico. Alessandro sapeva che con le sue storie sulla storia finita con quello che il ragazzo definiva il suo "principe azzurro", e che non ci aveva messo tanto ad abbandonarlo a se stesso senza nemmeno lasciargli un cavallo bianco con cui consolarsi, annoiava il suo interlocutore ma Alessandro proprio non riusciva a fare a meno di "vomitar fuori" il suo scontento.
Eleman in tanto girovagare fisico e mentale tra il labirinto di parole costruito ad arte dall'amico sofferente, se ne uscì fuori con la proposta di poter chiamare i suoi amici gay bresciani, quelli della grigliata, quelli che una volta avevano coinvolto il giovanissimo Eleman in un triangolo quanto mai hot. E invece i due per finire nel tardo pomeriggio andarono al Mondadori Center di Piazza Duomo. Eleman voleva passare una giornata "vagabonda" come quella del suo amico, seguendolo con un misto di ammirazione e scetticismo. Ma forse Eleman che nel giro di un minuto aveva cambiato idea ben tre volte su cosa ordinare, a parte un muffin che lasciò lì sul bancone dell'aria ristoro del megastore della Mondadori, pressoché intatto, passando da un cappuccio, a una cioccolata bianca, ordinando di fatto una cioccolata classica, non sembrava essere portato per quella vita così oscillante tra "luminosità" e ombra.
Vagando e vagando nella sera brumosa e invernale i due dopo essere stati alla "fossa di Cadorna" luogo molto amato da Alessandro in cui uomini diversi per etnia, età, estrazione sociale, si ritrovavano all'aria aperta per sopperire a "esigenze d'amore in mezzo alle gambe" e a più o meno impliciti problemi di solitudine, mentre diventava sempre più buio, i due si trovavano casualmente a vagare senza meta in quel di Porta Venezia, dove , come si mise a dire Alessandro, molte marchette amavano andare a prostituirsi e a quel punto Eleman tra il rapito e il preoccupato si mise a dire all'amico: " Ti stancherei presto di questa vita. Anche perché rischi di ritrovarti a cinquant'anni solo che torni a casa dai tuoi gatti dopo una giornata di cazzi e culi..."
Alessandro non glielo disse ma, lui non trovava certo quella prospettiva così male. Lui era convinto che la vera perversione consistesse nel vivere in una società che, di fatto, ti considerava solo per quello che facevi, e quindi per quello che producevi, e mai per quello che eri, ma al più, se ti andava proprio di culo, per quel che apparivi.
Per la serata, dopo la loro frugale cena fatta a base di Pringles alla paprika e caramelle alla coca-cola -quelle che hanno proprio la forma della bottiglietta - nella piazza adiacente alla stazione Centrale, Alessandro tra tutte le opzioni a sua disposizione scelse di ricorrere a Clemente.
Clemente chissà perché tra tutte le sue conoscenze gaymaschilidimilano gli sembrava il più innocuo e adatto per farsi scarrozzare, lui e l'amico, in giro per Milano per quel sabato sera. In cuor suo Alessandro sperava che l'amico Clemente li portasse al "Binario 1". Al "Binario1" avrebbe dovuto esserci il ragazzo che a quel tempo piaceva ad Alessandro, e che lui chiamava il "droghino" dopo quella volta che questo gli aveva fatto "assaggiare" un po' di bamba.
Oltre a Clemente venne pure Luca, l'inseparabile, migliore amico di Clemente. E i quattro si diedero appuntamento all'"After-line" di via Sammartini. Il disco-pub in questione era piuttosto frequentato, anche se non era più nel suo "periodo d'oro" come un tempo. Mentre Clemente e Luca andarono al bancone per le ordinazioni. Alessandro invece si buttò in pista. Eleman faceva un po' lo schifiltoso; si lagnava perché tutti ci provavano con lui. E la cosa dava fastidio pure a Clemente.
I quattro ripartirono. Appena scesero dall'auto di Clemente e Alessandro posò un suo piede, accorgendosi che quello non era il parcheggio del "Binario 1", ma a quello del "Flexo", iniziò a strillare: " Clemente che ti possa venire una meningite fulminante!" E non a caso visto che in quel periodo l'Hinterland di Milano era stato colpito da piccoli focolai di quella malattia; gettendo nello sconcerto il resto della compagnia che a quel punto non seppe più se ridere o piangere, di quella "scheccata" di Alessandro.
Penetrarono, nonostante questo, all'interno del "Flexo". Eleman sembrava un graziosissimo pesce fuor d'acqua, per questo Alessandro paternalmente intimò all'amico di liberarsi di quella ridicola maglia della salute che indossava sotto il dolcevita, manco a dirlo, di color nero, lì al guardaroba del locale.
Una volta sbrigate le "faccende da guardaroba", i quattro salirono al piano superiore, dove stavano le darkroom. Alessandro perse subito di vista gli altri. Un tizio approfittando dell'oscurità imperante lo sodomizzò. Ma Alessandro non si fece "distrarre" troppo, si ricompose velocemente e andò alla caccia del suo amico Eleman.
Era preoccupato Alessandro, preoccupato che i suoi due amici Eleman e Clemente rimanessero soli. Non voleva che andasse così. Nel suo piano originario Clemente doveva "fungere" solo da autista, perché, benché molto più innocuo di tanti uomini che Alessandro conosceva, lo considerava lo stesso "pericoloso". S'immaginava il piccolo Eleman in una cabina a subire le attenzioni di quel viscido trentacinquenne. Non riuscendoli a trovare da nessuna parte iniziò a temere per il peggio. Riusciva persino a immaginarseli, i due, chiusi in una cabina a far porcate, e una fitta che non sapeva spiegarsi lo colpì nel profondo. Non era gelosia -opzione che comunque orgogliosamente non prese nemmeno in considerazione- ma un senso di protezione paterna che si vedeva sgretolare tra le mani. A quel punto, disposto a tutto, Alessandro, nonostante la batteria quasi del tutto scarica, cercò di chiamare con il telefonino Clemente, ma lo stronzo non gli rispose. Incrociandolo casualmente, chiese informazioni, che sembravano di più una richiesta d'aiuto, a Luca, ma non ne cavò nulla.
Non gli restò altro da fare che andare a "rifugiarsi" al bar della struttura dove in un angolo poco illuminato al bancone poteva crogiolarsi in pace nei suoi laceranti sensi di colpa. Ma siccome le disgrazie si accompagnano sempre tutte assieme, a un certo punto gli si fece incontro una sua vecchia conoscenza, risalente ai mesi estivi dell'anno passato, Luigi. Luigi sembrava la versione "vecchia" di Raf dei mitici anni '80. Con calma e serenità si sedette accanto al giovane. Più per cortesia che per altro gli chiese come andava, con i suoi, in particolare. Poi iniziò, incalzando, a chiedergli: " Ti andrebbe di venire a dormire da me?" Era da tempo che quell'omino strano glielo chiedeva e sempre, per un motivo o per un altro, Alessandro gli rispondeva picche. E lo fece anche in quella situazione, dicendogli: " Mi dispiace stasera non posso... sono qui con degli amici!"
Luigi con un sorriso e tono beffardo gli rispose: " Eh certo! La diva e la sua vita mondana del cazzo!" E a quel grido comparvero Clemente e il piccolo Eleman.
Il primo aveva stampato in faccia uno stupido sorriso da beota, e il secondo sembrava così strafottente che Alessandro l'avrebbe preso più che volentieri a sberle.
Di nuovo in macchina. Eleman faceva il vago e si divertiva sadicamente a eludere le domande di Alessandro. Clemente faceva il galletto. Intanto la celebre nebbia, mista a smog, milanese si nutriva piano piano e inesorabile dell'enorme città.
Alessandro per niente stanco e deciso più che mai a svolgere il suo ruolo di "traghettatore infernale", anche perché a quel punto aveva solo voglia di svagarsi un po' anche lui, chiese a Clemente di portarli alla "Royal Hammam".
Clemente si limitò ad accompagnare i due giovani sulla soglia della sauna gay di Lambrate e a dare un "gustoso" bacio lingua in gola ad Eleman, non facendo altrettanto con il povero Alessandro. Per ironia della sorte Alessandro non poteva fare a meno di pensare che quella sauna che tutti spacciavano per essere super lussuosa, e che in realtà era l'habitat naturale di piattole e scarafaggi, era vicina, anzi vicinissima al "Binario1", quindi non poteva far altro che sperare che il droghino del suo cuore finita la serata in disco, avrebbe potuto pensare bene di "concludere in bellezza" all'attigua "Royal" come del resto facevano tantissimi gay il sabato sera a Milano.
Ma ben presto Alessandro non pensò più nemmeno a quello. Era troppo impegnato, infatti, a osservare un fenomeno alquanto cuorioso, e che a dirla tutta lo infastidiva alquanto. Quando Alessandro si calò dopo l'amico nella vasca idromassaggio, scendendo dalla scaletta, si accorse che Eleman lo fissava fin troppo insistentemente e proprio lì. Gli stava divorando il pisello, di dimensioni notevoli pure a riposo, con il solo sguardo.
Ma Alessandro non era interessato da quel punto di vista all'amico, manco per sbaglio!
Lui voleva solo e assolutamente un'amicizia da poter essere definita a scanso di equivoci un'amicizia disinteressata, e questo in quel preciso istante gli fu più chiaro che in passato. Inoltre sapeva che bastava un solo suo insignificante segnale e quell'altro gli si sarebbe fiondato in mezzo alle gambe e questo lo avvertiva come un sintomo pericoloso. Eleman era allo sbando, più totale. Ormai vulnerabile a qualsiasi cattiva influenza compresa quella, (in)volontaria dell'amico, e sensibile ad ogni cazzo grosso e ritto in libera circolazione, Eleman sballottava di qua e di là come una ballerina impazzita.
E infatti Alessandro non fece in tempo a perderlo di vista che Eleman sparì tra le sottili pareti di una cabina, da dove Alessandro, di nuovo alla ricerca dell'amico, riuscì ad afferrarne i farneticanti discorsi fatti ad uno sconosciuto "a cuore aperto".
Le confessioni erano le classiche di un post-scopata. E una volta finito tutto e usciti dalla cabina, lui e il quarantenne pelato e non certo magrissimo, al quale il giovane aveva affidato le sue ingenue confessioni, ingenue confessioni che il quarantenne-pelato-panzone aveva sorbito con enorme spirito di sopportazione per giungere alla domanda che più gli stava a cuore: "E quando ripassi a Milano?" , andarono ad adagiarsi su un divanetto sul quale entrambi si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altro.
Alessandro a quella vista, inutile nasconderlo, gli si strinse il cuore, ma senza farne tante, si limitò a svegliare "il bell'addormentato nell'hamam" perché ormai si era fatto troppo tardi.
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1 recensioni:
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- bel racconto, si può essere e sentirsi soli anche avendo accanto gli amici, bravo

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