Finalmente l'odore dell'erba, nemmeno più ricordavo quanto fosse intenso quando è bagnata e di quanto sia dolce il solleticare degli steli sulla, pelle mi ricordano quando da piccolo correvo felice nelle praterie africane, anzi più che correre rincorrevo mia madre ed i miei cugini, anche loro della mia stessa età. Giocavamo giornate intere ed all'imbrunire andavamo a lavarci al grande specchio d'acqua, per gioco ci spruzzavamo acqua a vicenda, era un modo diverso per lavarsi, il più divertente. La notte dormivo accanto alla mamma, lei mi coccolava, mi faceva sentire un re. Il suo sguardo era dolce, allegro, figlio delle meraviglie della natura.
Un giorno mentre cercavamo l'erba migliore, la più profumata, sentimmo un forte rumore, uno sparo, iniziammo a correre insieme ai miei cugini ed alle proprie mamme incuranti della direzione, un altro sparo sembrò tagliare in due il gruppo. Poco dopo mi accorsi che mia madre non era accanto a me, tornai indietro a cercarla, emisi il mio più grande barrito... Ma lei non rispose. La ritrovai fra l'erba, distesa su un letto di sangue, mi adagiai accanto in cerca dei suoi occhi ma il suo sguardo era assente. Strinsi forte la sua proboscide fin quando degli uomini mi legarono e mi portarono con loro in una gabbia.
Senza cibo, senza acqua per bere o lavarmi e con dei braccialetti ai piedi imparai ad imitare ciò che facevano altri come me, dopo tanto dolore iniziai ad avere un po' di rispetto da quell'essere con due gambe ed un bastone con un chiodo conficcato.
Un giorno dopo essermi addormentato mi risvegliai in una gabbia tutta colorata, un tendone enorme dinanzi a me. Quando entrai era pieno di luci colorate e di gente che applaudiva, erano contenti di vedermi. Le facce dei bambini erano sorridenti, erano quelli dei sorrisi sinceri, sorrisi pagati a che prezzo? E poi erano gli stessi che regalavano ad un uomo vestito in modo buffo e col naso rosso...
Quel forte tuono, forte come lo sparo lì nella prateria, rimembrò in me il volto spento di mia madre, le urla della gente impaurita ed il pianto di alcuni bambini ricordarono il mio barrito senza risposta, così corsi lontano da quel posto, lontano dai quei fari e da quegli uomini che volevano nuovamente catturarmi.
Ancora un forte rumore, forse un tuono o uno sparo, l'erba bagnata ed il suo profumo, era da tanto che non lo sentivo, era dolce e mi ricordava tanto la mia mamma, quel leggero formicolio alla pancia ed il vedere le luci in lontananza sempre più sfocate...
Nulla, nemmeno il sorriso più sincero di un bimbo poteva ripagare la voglia di sentire l'erba sotto i piedi. L'acqua ora scende copiosa sulla mia pelle, forse è la mia mamma che con la sua proboscide grandissima spruzza acqua per lavarmi, forse vuole venire a prendermi a liberarmi da questa tristezza di ferro, da questi occhi sorridenti ed esterrefatti per aver visto un elefante triste e domo dentro un tetto di plastica...
vorrei chiedere loro quale sia il prezzo della loro libertà, che valore abbia per loro la vita, vorrei chiedere loro tantissime cose... ma non potendo dialogarci perché sono considerato, nonostante la mia stazza, un essere inferiore ho preferito pagare il prezzo per risentire l'ultima volta il profumo dell'erba bagnata, ho preferito pagare con la vita il prezzo della mia libertà...