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Aspetterò
"Aspetterò ogni istante della mia vita, aspetterò finché arriverai. Qui seduta su questa pietra, sempre fiduciosa di vedere nell'orizzonte la tua sagoma e finalmente capire cosa sei veramente".
Questo era il ritornello che canticchiava Marta quando saliva su in collina accompagnata dal suo fedele amico, il violino.
La collina era un posto poco distante da casa sua, un promontorio dalla quale si poteva vedere un bellissimo tramonto. Da lì lo sguardo si estendeva fino al mare, da lì vedeva la città lontana e questo la rattristava ma poi le regalava un sorriso, in quel posto si sentiva libera. Il cinguettio degli uccelli accompagnava il vibrare delle corde accarezzate dalla bacchetta, mentre il vento sibilava fra i rami di quelle vecchie querce.
Marta ci andava ogni giorno in quel posto, fra se diceva che andare lì la faceva star bene e male allo stesso tempo perché lì poteva confrontarsi con se stessa, parlare con Dio e regalare alla terra una goccia del suo pianto. I ricordi erano ancora vivi, com'era vivo il viso di quel ragazzo conosciuto in città, in quel bar mentre era in pausa caffè. Ricordava ancora il verde dei suoi occhi divenire rosso e la sua gentilezza trasformarsi in rabbia, ricordava se stessa distesa sull'erba di quel parco con poche vesti addosso, i pugni chiusi che stringevano l'erba strappata e l'urlo muto di disperazione per essere stata derubata di un bene prezioso, l'amore.
Quella notte scappo via dalla città, ma non prima di aver denunciato alla polizia locale ed essersi sentita rispondere che già conoscevano quell'individuo e, come a volerla consolare, che lei non era stata la prima; ciò la ferì ulteriormente, la giustizia l'aveva violentata per la seconda volta.
Prese un treno qualsiasi che la portasse in un posto qualsiasi. Le immagini confuse di quella notte sembrarono dissolversi quando il treno fece fermata in una piccolissima stazione. Ad aspettarlo vi erano una giovane ragazza ed un ragazzo con la valigia, il loro saluto fu la spinta a farla scendere, in pochi semplici gesti avevano mostrato sentimenti veri.
Con i pochi soldi che aveva messo da parte si era affittata una casa e trovato un lavoro. Sembrava felice, sembrava appagata. Quel paesino, dove il tempo si era preso una pausa, lì dove la modernità era come un soffio di vento sporadico, gli teneva compagnia, la proteggeva e lei sapeva di essere ormai a casa.
Ormai quel promontorio era diventato l'angolo dove ritrovare se stessa, dove poter suonare liberamente ed incontrare Dio. Spesso lui non le rispondeva ma lei continuava a chiedere cos'era l'amore, cos'era quel sentimento che nel suo cuore adesso era solo per quel paesino, per quel promontorio ma che non poteva essere per nessun uomo.
Era uscita con pochissimi uomini di quel paese, con uno in particolare si era trovata bene ed aveva continuato a vederlo fin quando lui, spinto dalla bellezza di Marta, aveva provato a baciarla, lei con uno schiaffo lo allontanò. Quella ferita era ancora aperta e non accennava a rimarginarsi.
Un giorno mentre il suo violino finì di diffondere melodie, una voce le disse di continuare a suonare. Un uomo dal volto dolce accarezzava un agnellino mentre intorno a lui vi erano circa cinquanta pecore. "È bello sentirti suonare, mi fa stare bene" Marta ebbe un sussulto, il cuore sembrò iniziare a battere sempre più veloce, iniziò a correre. Marta scappò anche se voleva rimanere, ma la paura e la ragione ebbero il sopravvento al cuore. Lui non si mosse, ma sorrise. Il giorno dopo fu lo stesso, senza accorgersene Marta lo ritrovò seduto, un po' più distante ad ascoltare la musica accarezzando sempre il suo agnellino e così fu ancora per diversi giorni.
Una domenica, sulla pietra dov'era solito sedersi, Marta trovò una rosa, al suo stelo vi era una pergamena con scritto: "non cercare altrove perchè altrove non troverai niente e nessuno se prima non capirai quello che c'è dentro di te" quelle parole furono per lei come la luce in fondo al tunnel, la luce da seguire per trovare l'uscita, il ritorno alla vita. Si voltò, lui era seduto lì al solito posto, prese la rosa e si avvicinò, si sedette dinanzi a lui e senza dire nessuna parola iniziò a suonare nuove melodie.
Adesso le note erano diverse così che anche le foglie allegre danzavano e piangevano lieta rugiada.
Marta aveva capito cos'era veramente l'amore, adesso scorgeva all'orizzonte una sagoma, quella di un uomo con il suo agnellino.
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