Quando la solitudine diveniva così lancinante da fendere corpo e mente, saliva le scale a chiocciola lentamente, ma con perseveranza. Arrivata al piano superiore, si accomodava sulla sedia dinanzi a quel tavolo in legno scuro. Allora, ritrovava la compagnia che aveva perso: doveva solo scegliere quale. Ogni giorno osservava foto dissimili: lei accomodata al bar, lei in pigiama, lei da bambina, lei con il vestito preferito, lei in un campo di girasoli, lei con una tazza di tè ed un libro, lei sovente sorridente. Ogni figura aveva un insolito modo di intrattenerla. Tutte chiacchieravano di memorie a breve e lungo termine: sordi ricordi appesi in soffitta. L'aria acquisiva un senso profondo poiché le foto scandivano il tempo di cui la solitudine spesso si ciba. Il sol particolare che le accomunava era un nome: Melanie.
A Melanie piaceva che le sue compagne si chiamassero come lei e percepiva quel primitivo cordone ombelicale fatto di arcaici respiri condivisi. Proprio quel nome le ricordava il sostantivo "melodia": la stessa che immaginò di ascoltare mentre cacciava perdute emozioni galleggianti.
In quei secondi percepì la rinascita nel passato.
Quando le Memorie le ricordarono, come sempre, perché fosse Lei, perché non dovesse arrendersi dinanzi ai volti della solitudine, fece il percorso a ritroso: si alzò dalla sedia, si allontanò dal tavolo senza mai voltargli le spalle, con perseveranza scese i gradini e si stanziò al piano inferiore dove alloggiava la vita reale. Quindi, riprese il suo cammino, sola tra mille volti.