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Acqua ferma
La nebbia sale dal lago...
Quell'umido polline del fior dell'acqua, che germoglia semi di malinconia.
Che mette radici scure e cresce contorto,
scavandosi sentieri che scendono profondi nel cuore sino all'anima,
e che ti segnano la vita.
Niente è come in altri luoghi.
È il graffio del lago che ti marchia,
che incide il suo solco.
Più del mare e più del deserto,
più della montagna.
Non si sfugge all'odore del lago.
Se lo respiri nei primi giorni di vita non hai più scampo.
Scordati lo sguardo folle del marinaio.
Dimenticati del sorriso sul volto del contadino che ara il suo campo,
e del passo deciso e cupo del montanaro.
Non avrai mai l'incedere spedito e nervoso del cittadino,
né la risoluta tranquillità del cammelliere.
Nulla di tutto questo sarà mai tuo.
Avrai per sempre solo quello sguardo perso,
di chi cerca un orizzonte che non vede,
di chi non ha neppure il miraggio di una speranza da inseguire,
ma solo la rabbia e la malinconia dell'acqua ferma, che ristagna e marcisce senza morire mai.
Mesto, come l'onda bassa che sbatte sugli argini di sasso.
Inquieto, come i ruscelli che di malavoglia portano la loro acqua a quella trappola liquida,
scendendo ripidi da gole scure di foglie morte e di salamandre.
Andar via?... E da che?
Non si può sfuggire all'acqua ferma.
Nessuno può sfuggire a se stesso.
L'alito ghiaccio delle valli scure, scende a spazzare il cielo e...
ora... se ancora speri di poter non credere in Dio,
ecco l'immane spettacolo celeste che ti si sbatte in faccia,
a non far restare altro davanti ai tuoi occhi,
che non sia lo sgomento di una obbligatoria rassegnazione.
Stelle, stelle e ancora stelle si specchiano nell'acqua.
Ombre riflesse di montagne nere s'increspano dinanzi alla barca.
Il senso del freddo che sale dal basso mi avvolge silenzioso, eppure mi parla.
Qualcosa si cela là sotto.
Lo sento... l'ho sempre sentito.
È l'acqua del tempo passato, quella che non se n'è mai andata, che non scorre.
L'acqua che non è mai riuscita a giungere al mare e che,
da milioni di anni, è restata imprigionata là in fondo,
ad un livello più basso del colmo dell'alveo.
Impossibile, dite voi?
Eppure io so che è così.
Io so che l'acqua che all'inizio del tempo ha riempito il bacino,
ha troppo a lungo aspettato che quel lago divenisse un mare e, in quella speranza,
ha lasciato che il tempo passasse, per non far la fatica di correre a valle.
Quell'acqua non ha osato affrontare l'avventura e, ora,
giace là sotto, compressa da milioni di metri cubi di se stessa,
incapace di rimescolarsi e di ricominciare a vivere.
Quell'acqua avrebbe potuto salirsene in cielo,
e divenire pioggia,
per poi ricadere, e godere dell'ebbrezza di lavare il mondo.
Sarebbe potuta diventare nebbia e compiacersi del leggero senso del volo.
Forse avrebbe potuto farsi rugiada,
e si sarebbe commossa nel pianto al risveglio dei fiori al mattino,
oppure avrebbe potuto trasformarsi in neve,
e riscaldarsi al sole delle montagne sul tetto del mondo,
per poi sciogliersi a primavera,
e riprendere a scorrere sulla pelle rocciosa della terra,
verso un'altra vita, verso un'altra se stessa.
Ora, invece, attraverso la trasparenza dell'altra acqua sopra di se,
osserva il mondo che vede distorto, e che più non sa se disprezzare o agognare.
Così, s'imputridisce là sotto,
nell'inutile attesa...
In quel limbo marcescente fatto di fango e di detriti,
immaginandosi soltanto ciò che poteva essere e non è stato.
Conosco... Conosciamo tutti questo rimpianto, non è vero?
Io perlomeno sì,
me lo porto dentro, insieme alle paure che hanno costruito i miei rimorsi,
e che non sono mai riuscito a scacciare da me.
Eppure continua a piovere sull'acqua ferma.
Piovono gocce di nuova vita...
a migliaia.
Le vedo arrivare e tuffarsi in quella illusoria quiete liquida...
bearsi di quella paciosa mollezza.
Ingozzarsi dell'acqua dolce, e del facile vivere, sino ad appesantirsi...
sino a sprofondare.
Dapprima appena appena sotto il pelo dell'acqua...
quel tanto che basta per non essere agitati, turbati dal vento che soffia, dal sole che fa socchiudere gli occhi, dall'onda che smuove e rimescola.
Poi sempre più giù...
sempre più in basso, dove l'acqua perde il suo senso...
dove non può ne bagnare, ne irrigare...
dove non c'è nulla da rinfrescare, nessuno da dissetare...
dove non può travolgere... ne riempire.
Altra acqua sprecata...
altra acqua ferma sul fondo del lago, che passerà il tempo che resta, a vivere in quel mondo di cristallo liquido, in cui l'unica cosa che si può vedere, è il viso deformato dalla rifrazione di un'altra angoscia simile alla tua.
Acqua nuova...
lasciati scorrere, non aver paura delle rapide e delle cascate, travolgi la vita trascinandola sino al mare.
Diventa pioggia e neve, nebbia e rugiada.
Percorri pure tutto il ciclo dell'acqua e, come l'acqua che dall'inizio del tempo è rimasta se stessa senza fermarsi mai, scorrendo impetuosa, portando vita al mondo e rinnovandosi dal mare... come quell'acqua, miracolosa e benedetta, non invecchierai mai.
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1 recensioni:
- Un bel brano che riconcilia con la voglia di leggere.
Oissela
- Un racconto che è vera poesia... immagini meravigliose che escono leggendo... la vita vista come acqua... chi non si è mai sentito come quell'acqua profonda e oscura e timorosa nel vivere... e forse per questo alle nuove gocce si chiede di essere coraggiose perchè l'abisso lo si conosce... Piaciuto moltissimo
- grazie a tutti per l'apprezzamento...
per Gianni:
hai perfettamente ragione... una poesia doveva essere, ma poi avevo troppe cose da dire. inoltre quello di mettere anche troppa "poesia" nei miei scritti è un difetto che non riesco a correggere e... tutto sommato a me va bene così. grazie ancora
- aggiungo un altro commento... e' talmente bello il tuo "racconto" che l'ho scambiato per una poesia!
- molto apprezzata complimenti
- lunghissima ma... semplicemente meravigliosa!
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