Il Darro scorreva placido tra le mura di Granada e il sole illuminava svogliatamente la terra senza riuscire a riscaldarla.
Pur essendo una giornata di metà autunno, il freddo aveva già iniziato a pungere la pelle e sulle vette della Sierra Nevada, presto, sarebbe comparsa la neve.
Le strade erano deserte e i rumori erano assorbiti da quell'insolito gelo. Tari tentava di ignorare il freddo e, stando seduto all'interno del caffè, ordinava ora un nuovo bicchiere di whiskey. In quelle giornate il caffè diventava deserto e lui restava solo all'interno di quella piccola stanza. Solo, a leggere il giornale e a commentare le notizie di politica con il proprietario, un piccolo ometto calvo e ben vestito che assecondava tutto ciò che un cliente diceva.
Arrivato il nuovo bicchiere di whiskey, Tari ricominciò a leggere il giornale con sguardo a volte inquieto e a volte sollevato. Beveva a piccoli sorsi regolari senza mai distogliere lo sguardo dal giornale. Ogni sorso era una piccola vampata di calore rigenerante che arrossava il volto e bruciava piacevolmente la gola.
La città era priva di vita, ogni tanto si poteva udire il rombo di una motocicletta in lontananza che invadeva le vie deserte e poi crollava silenzioso in qualche vicolo polveroso.
L'unico suono regolare era il suono delle pagine del giornale che Tari stava sfogliando.
La sua lettura solitaria fu però interrotta improvvisamente da un suono: un battito regolare che proveniva dall'esterno del caffè, un battito molto simile a dei passi di una donna che fieramente cammina sui suoi tacchi. Tari si stupì nell'udire i passi di un'altra forma di vita e osservò incuriosito l'ampia vetrata del caffè, in attesa di vedere la donna.
Apparve con l'impetuosità del fulmine e con la dolcezza delle colline spagnole, rapida e fiera, camminava sui suoi tacchi neri mostrando le sue forme passionali incastonate in un abito nero che difendeva il corpo dal gelo e che contemporaneamente ne esaltava la bellezza divina. Il debole vento proveniente dalla Sierra Nevada danzava invidioso con i suoi lunghi capelli neri che si lasciavano sfiorare da quelle dita d'aria.
Le labbra carnose, desiderabili e imprendibili erano tinte di un rosso acceso dovuto probabilmente al freddo. Tari osservò stupito quel meraviglioso gioco tra il gelo, il vento e la donna che per una frazione di secondo lo fissò con degli occhi neri che ricordavano il manto di un toro assetato di vita durante le feste di paese. Tari la osservò passare e decise, colpito da un ardore giovanile che non sentiva da anni, di seguire quella meraviglia.
Pagò il suo whiskey e aprì la porta del caffè pronto a correre dietro alla donna. Appena la porta fu aperta il gelo penetrò nelle ossa di Tari che prontamente richiuse la porta e ordinò un nuovo bicchiere di whiskey. Era la quarta volta che quella donna passava da lì, nella speranza di farsi seguire da lui, ormai aveva compreso. Tari amava quella donna, era passata per quattro volte davanti al caffè e per quattro volte si era innamorato di lei. Aprì il giornale, sorseggiò il suo nuovo bicchiere di whiskey e sussurrò: <Oggi è troppo freddo, anche per amare.>