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White-Out
"Il modo di manifestarsi dell'essere è simile al modo di manifestarsi della luce (pháos), che non manifesta se stessa, ma le cose che sottrae all'oscurità per portarle, appunto, alla luce. L'essere (phýsis), come la luce (pháos), è ciò che porta alla presenza l'ente, ciò che, dimorando presso l'ente (pres-ente), lo fa essere e apparire" [Umberto Galimberti: Il tramonto dell'Occidente - Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano 2005 - pag. 101]
"È di questa luce che si prende cura la filosofia quando si realizza in quell'operazione filosofica fondamentale che consiste nel retrocedere dall'oggettivo all'inoggettivo..." [Umberto Galimberti: Il tramonto dell'Occidente - Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano 2005 - pag. 84]
Alla Heidegger: come una caverna platonica, il mondo è una sorta di cinema sul cui schermo si proiettano gli enti, compresi quegli enti che noi stessi siamo; quando la "proiezione" ontica si interrompe, sullo schermo gli enti spariscono e si vede solo più il nulla ontologico dell'essere-senza-ente: il ni-ente; questo nulla ontologico è l'oscurità che mette in luce gli enti.
Dunque, in caso di blackout...
DIALOGO fra ME e un PRETE
- Sono un prete.
- Ah, piacere, io sono un insegnante.
- Volevo dirti che anche tu hai paura del buio, dal momento che hai evitato il buio in sala.
- Già. Innanzitutto vorrei dirle che sono un gran sostenitore del lei, ma che mi adeguo alla moda imperante oggi, anche se non lo faccio volentieri. Però a un lettore prete do subito del lei, guardi, e glielo dimostro subito. Quindi le chiedo: lei pensa che sia più nobile il buio in sala del buio fuori? Per nobile intendo un buio più degno di essere sopportato.
- No. Il buio è buio. Ma tu, anzi lei - guarda che puoi anche darmi del lei, anche se sono prete - comunque, tu, lei, insomma, tu hai abbandonato la sala, ti sei escluso dal consesso umano, hai lasciato i tuoi fratelli in difficoltà, quando potevi aiutarli a trovare una di quelle uscite che sei tanto bravo a trovare.
- Lei lo sa benissimo che ai miei fratelli non interressa quel genere di uscite. E per questo non li considero fratelli. Neanche a lei interessa un'uscita del genere, lo ammetta...
- Certo che no. Il film va visto tutto, fino in fondo, anche se ci si annoia. Non tutti sono ancora arrivati ad amare la luce del mondo.
- Vuol dire Gesù Cristo?
- Ma sì, lo chiami pure Gesù Cristo...
- Lei crede veramente che questo povero Cristo impedirebbe a chicchessia di cercare un'uscita di sicurezza?
- Ma, mi scusi, se ho capito bene, questa uscita di sicurezza, come la chiama lei, sarebbe un'uscita dalla vita...
- Dall'essere...
- E quindi anche dall'essere in vita, no?
- Certo.
- E allora no: solo l'autore della vita può decidere quando possiamo uscirvi.
- Vede? Lei mette in bocca a Gesù Cristo la solita solfa del dono della vita. Guardi, io glielo dico subito: un dono di questo tipo non mi interessa; non mi interessa perché non mi piace.
- Ma perché?
- È proprio quello che mi chiedo: perché certa gente, come lei, continua a vedere bello un regalo così brutto!
- Lei pretende di non portare la croce?
- Prima di nascere, nessuno mi ha mai detto che avrei dovuto portare la croce; se me l'avessero detto non sarei uscito dalla pancia di mia madre. Avrei piuttosto continuato a vedere quel film muto che si gira nel grembo materno. E infatti volevo restare a vedere quel film, ma una forza più forte di me mi ha sbattuto fuori, fuori da quella sala, la prima sala cinematografica nella quale entriamo da che siamo concepiti. A lei non piaceva, quel film?
- Sì, no, non lo so... Ma, è immaturo, da parte sua, desiderare di non venire alla luce...
- Quale luce? Quella dell'altra sala cinematografica? Di questa sala?
- Ne parla come se l'essere fosse una multisala.
- Lo è, a quanto pare. Ma non cambi discorso, e mi risponda: lei preferisce la luce che ha visto quando è venuto alla luce, la preferisce al buio che vedeva prima di venire alla luce? Sia sincero.
- Ma non è questione... Non si può non venire alla luce.
- Infatti, è proprio questo che non fa della vita un dono. Un dono, a quel che ne so, non si impone: è gratuito e libero per definizione. Il cosiddetto dono della vita mi sembra tanto una proiezione - e adesso lo dico in senso psicanalitico - del buio placentare. Solo chi proietta il buio prenatale dopo la nascita può vederlo come luce, ma è una proiezione a rovescio.
- Lei dunque preferisce le tenebre alla luce?
- Preferisco non essere che essere in questa luce; e mi chiedo se non essere è essere nel buio. Che ne dice, lei? Logicamente, se essere è essere nella luce, non essere dovrebbe essere stare al buio, non le pare?
- Non lo so. È che continuo a non capire perché lei ce l'abbia tanto con la vita.
- La vita mette in luce delle cose che è meglio non vedere. Il buio è più compassionevole, lui, almeno, non fa luce su certe cose.
- Va bene, il buio non lascia vedere le cose brutte, ma impedisce anche di vedere le cose belle...
- Si ricorda quel bel film, Schindler's List? Si ricorda di quella frase: chi salva una vita salva il mondo intero? Ebbene, io credo, che, al contrario, chi perde una vita perde il mondo intero. Sempre che perdere sia il contrario di salvare. Voglio dire, non vedo perché questa frase debba valere solo in senso positivo. E mi spiego. Se è vero che una sola cosa bella vale la vita intera, dev'essere anche vero che una sola cosa brutta vale a...
- Perché si interrompe, continui, professore, che mi interessa...
- Ma come faccio a continuare, reverendo, non sente?
(Si sente pianto e stridor di denti)
- Sì, adesso che me lo dice, sento...
- Poveretti! Non sente un po' di compassione, proprio lei che è un cristiano, un sacerdote...
- Il black-out li ha terrorizzati. Cosa possiamo fare? È soltanto mancata la luce!
- Lei dice? E comunque non possiamo fare più niente, niente.
- Come, niente?
- Niente, se non spiegargli che non si tratta di un black-out ma di un black-in.
- Ma cosa dice? Le sembra il momento di giocare con le parole?
- Non è un gioco di parole, e dovrebbe saperlo bene, lei, che ha passato tutta la vita a predicare il white in.
- White in? Ma se nemmeno so cos'è!
- Sì, che lo sa... white-in è la rappresentazione del bianco (white) in (in) sala: lei, e tutte le sue pecorelle, sono rimaste chiuse dentro l'ovile, e adesso, al buio, non la riconoscono più come pastore perché non vedono più quella luce che lei predicava. Lei infatti non potrà mai andare a liberarle, perché lei è dentro, come loro, dentro a quella sala dove il bianco natale della sua luce non si vede più. Quando predicava il white-in, avrebbe dovuto anche mettere in guardia le sue pecorelle dal black-in: chiunque vuole restare nella sala deve sapere, a sua tutela, che può sempre correre il rishio del black-in. Perché, voi preti, non la predicate mai, la cattiva novella del black-in, magari dopo aver predicato la buona novella del white-in? Chi vuole rimanere in sala corre questo rischio, bisogna dirglielo.
- Va bene, ma basta, adesso, smettiamola di parlare: non sente che inferno, là dentro? Se non posso andare io, ci vada lei, a liberarli, vada ad aprire quelle uscite di sicurezza...
- Non posso.
- E perché mai?
- Perché l'uscita di sicurezza si apre solo dall'interno, non da fuori, e io sono fuori, out, capisce? Fuori, in quel buio che lei ha sempre aborrito come l'anti-Cristo e che adesso mi salva ben più della luce, spenta, che come black-in fa lentamente morire le sue pecorelle senza ucciderle mai. Lei è un prete, e lo sa che quella è un'agonia nella quale non si muore mai: un inferno, un vero inferno. Lei ha voluto che restassero nell'ovile nonostante sapesse che non avrebbe potuto fare niente, per loro, in caso di black-in, quindi adesso non chieda a me di fare qualcosa: né io né lei possiamo fare niente; in questo siamo uguali, con la differenza che io non sono colpevole di questa tragedia, lei sì.
- Ma che dice? Io? Non ho fatto altro che predicare la buona novella, io...
- Certo, lo so, ma ogni buona novella ha delle cattive notizie delle quali bisogna pur parlare, se non altro per onestà intellettuale. Le sue pecorelle sono rimaste nella chiesa - è vero - sono rimaste nell'ovile di cui lei è il buon pastore, ma proprio per il fatto di essere rimaste dentro, in, alcune di esse hanno trovato la morte eterna, black. Non se lo ricorda il Dies irae? Libera me Domine de morte aeterna, in die illa tremenda...
- Sì...
- Ecco, è il black-in: la condanna che rischia chiunque voglia restare dentro a quella sala in cui non si proietta altro che white-in: vita eterna, luce pura... C'è la vita eterna ma c'è anche la morte eterna, non l'ha spiegato mai ai suoi fedeli? Beh, capisco, per farlo avrebbe dovuto far interrompere la proiezione del film, magari far fare un intervallo, o due, nei quali spiegare gli effetti collaterali di tutta la buona novella. Capisco. Al proiettore c'è uno che non obbedisce a lei, perché è un suo superiore. E poi, la programmazione, il palinsesto... ci sono ragioni più alte. Capisco. E pure, lei avrebbe dovuto, avrebbe dovuto parlarne, del black-in, a costo di distogliere dalla visione del film e disturbare la visione stessa. Sa, non tutti possono godere di questo tipo di visioni, non a tutti è consentita la visione della luce, per cui sarebbe stato onesto, da parte sua, parlare almeno a quelli che su quello schermo non capivano cosa diavolo si stesse proiettando (e mi scusi per il diavolo). Ci sono persone, come me, alle quali non basta vedere la luce, per essere contenti; o che non riescono a vedere la luce, pur volendolo; costoro almeno avrebbero potuto cercare un'uscita di sicurezza, come ho fatto io, e magari avrebbero potuto anche loro essere fuori, out, al buio, black, come me, senza il panico orribile che la claustrofobia fa nascere quando ci si sente in gabbia. In gabbia e al buio: che inferno!
- No, no... senta: non urlano più... sente? Sente anche lei che non urlano più?
- Sì, pare anche a me.
- E guardi: si sono di nuovo seduti; ma sì, guardi: la visione è ripresa; proiettano di nuovo il film! Vede?
- Vedo.
(Gli spettatori si sono seduti, ma non tutti guardano lo schermo)
- Reverendo, si è accorto che non tutti stanno guardando il film?
- Sì. C'è qualcuno che si sta guardando ancora intorno, come se avesse ancora bisogno di uscite di sicurezza... perché? Il pericolo è passato!
- Io, al loro posto, sarei tra quelli che non guardano più il film.
- Ma perché!? Piaceva tanto a tutti, quel film...
- Ho qualche dubbio. Lo guardavano perché non avevano nessun'altra possibilità, nessun'altra speranza di salvezza, come dite voi preti. A pochi viene in mente di uscire, quando si guarda un film come questo. E comunque, adesso, vede, non basta più la luce proiettata sullo schermo a farli stare buoni e attenti, a dare un senso alla proiezione. Mi ascolti, la prego, ascolti quanto le sto per dire. Quel black-in, o black-out, come lo chiama lei, che ha impedito la proiezione del film, ha reso gli spettatori consapevoli di una realtà assai più grande della visione del film stesso: la realtà, atroce, di non avere vie di fuga in caso di black-out, che poi è in, perché avviene in sala. Capisce, reverendo? Questo incidente di percorso è stato una specie di prova generale, di simulazione, sa, di quelle che si fanno, per la sicurezza, anche nelle scuole... insomma: gli spettatori adesso sanno di non avere uscite di sicurezza, sanno che non sono liberi di uscire dalla sala, che non sono liberi. Nessun film, per quanto bello, si può guardare in queste condizioni. Del resto, guardi lei stesso: non vede che adesso tutti quelli che non guardavano più lo schermo si sono alzati? Guardi, guardi lei stesso: non vede che hanno ripreso a cercare le uscite di sicurezza, come quando erano al buio, ed anche più di prima? Non vede?
- Sì, vedo, vedo... ma cosa fanno? Così si ammazzano l'uno con l'altro! No, guardi quel bambino, lo stanno calpestando... ma... hanno perso la testa?
- Sono in un panico ancora più grande di quello di prima, e il suo film non basta più a distrarli.
- No, noo, nooo... fratelli! Cosa fate?
- Fanno l'unica cosa che si può fare in quella situazione: cercano un'uscita di sicurezza; ma è tardi per cercarla. L'uscita va preparata, sennò se ne esce male. E lei lo sa, reverendo.
- Ma, la porta stretta, la porta stretta che ho sempre predicato, loro sanno dov'è...
- Quella porta è già difficile trovarla quando si tratta di entrare, si figuri per uscire, e poi in condizioni come questa... non è una porta antipanico, quella che predicate voi preti.
- Ma così si salveranno in pochi.
- Infatti.
(Adesso tutti sono in piedi e la disperazione prende anche quelli che ancora guardavano il film)
Si dice che, dopo quella tragedia, la chiesa cattolica abbia cominciato a predicare il white-out: una strana salvezza, una salvezza posta fuori, non più dentro. Ma questa è un'altra storia, molto delicata, per cui non posso parlarvene.
State bene.
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Chira il 29/03/2014 13:40
Scritto in modo perfetto. Belle le metafore sulla vita come lo scorre di un film e le altre riflessioni che pacatamente ma fermamente ne derivano.
Chiara
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