Cosa ci parla delle nostre origini? La famiglia, la carta di identità, usi, abitudini, costumi o qualcosa che è dentro di noi per cui ci identifichiamo col territorio, con i visi, con i sentimenti della gente…?
A volte cose non dette ma percepite fanno sentire vicini. Una sorta di empatia alla quale non si riesce a dare un nome. Ma è là, nelle emozioni che ci accorgiamo di condividere con qualcuno o anche soltanto con i panorami, con i giochi di luce ed ombre che ci circondano, con i profumi ed i suoni, che riconosciamo essere nostri, che scopriamo di appartenere a qualcosa di antico che è dentro di noi.
È una sensazione misteriosa che però non ci sgomenta ma ci appaga, ci dà sicurezza senza che se ne sappia il motivo, che si arrivi a coglierne l’essenza.
Trent’otto anni suddivisi tra nord, centro, estero, eppure mi identifico davvero solo con quello spazio vissuto prima, con quel territorio che abbraccia la Puglia e la Basilicata.
Solo con queste terre identifico il mio spirito.
In questi luoghi la luce è particolare, sembra irradiarsi ovunque con stupefacente splendore.
Il mese che meglio li definisce è l’estate. Tutto qui è fatto di luce. Quando non viene dal cielo questa sembra salire dalla terra, dai colori che trasmettono tutte le loro fibre pregne di essa.
Anche le case bianche se la trasmettono di muro in muro. Di strada in strada essa scorre come fosse un flusso di acque bianche che scivolano non per rinfrescare ma per trasportare una ricchezza nascosta: energia.