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Stai zitto
Ho conosciuto una scimmia parlante, di tutte le frasi che le ho sentito dire, credo che quella che maggiormente mi ha colpito fosse:le parole pungono me e io pungo loro.
Vedete di animali parlanti ci siamo belli che frantumati le palle, non stò raccontando la storia di babe maialino coraggioso.
George la mia amica scimmietta aveva un modo tutto suo di porsi.
Anche se amava non diceva mai ti amo, anche se era triste non diceva mai sono triste.
Le parole per lei erano come aghi dolorosi, avevano un potere sconvolgente, ed ogni volta che imparava un vocabolo nuovo lo custodiva nella sua piccola testolina pelosa.
Sapete perchè?
Perchè George pensava a quello che diceva, cercava di farsi aiutare dalle nuove parole, tentava di formulare concetti propri.
George era completamente estranea al mondo dell'uomo. Aveva persino paura di alcune parole, perchè certi suoni erano troppo duri e cupi.
Ovviamente George parlava in italiano, ma solo perchè io sono italiano.
Era il 15 maggio del 95 e nella foresta amazzonica si respirava acqua, l'umiditá era pazzesca e il sole faceva fatica a filtrare tra le foglie degli alberi, era la prima volta per me in un posto del genere, descriverei il tutto come "un verde bagnato".
Mentre tantavo di tenere il passo della mia guida indigena senza spaccarmi l'osso del collo tra le radici giganti, vidi una costruzione in legno e lamiere arrugginite.
In circa tre colpi di machete e parecchie imprecazioni dopo finalmente arrivai all'entrata dello "stadio", perchè si chiamasse cosi non l'ho mai capito.
Fondamentalmente lo stadio era solo una capanna malmessa di circa 70 metri quadri. Non c'era nulla di interessante o doveroso di una descrizione.
Passai innumerevoli giornate a interrogare persone poco credibili e senza denti che dicevano di aver visto una scimmia parlante.
Trascorsi sei mesi allo stadio, sei mesi tra zanzare gigant, i odore di sudore e interviste improbabili.
Sei mesi inconcludenti.
L'ultimo giorno della mia permanenza nella foresta decisi di prendermi una sana sbronza a colpi di tequila e tabasco, shottini, mi ero inventato un giochino che consisteva nello spararsi un bicchierino ogni volta che sentivo le scimmie sugli alberi gridare.
Vi assicuro che era come stare ad ascoltare un orda di vecchie zitelle inacidite alla cassa del supermercato indispettite dalla lentezza della cassiera.
Al ventesimo bicchiere diventò quasi piacevole.
Al bicchiere numero trentacinque tamburellavo le dita sulla mia scrivania tenendo il tempo di una sinfonia di urla che inspiegabilmente avevano un senso.
Dopo due bottiglie di tequila... Beh mi sono ritrovato in piena giungla a vomitare ai piedi di un albero di banane credo, non sono un esperto della flora dell'amazzonia.
Sapete come vanno queste cose, il tempo vola e ci si ritrova con un mal di testa chissá dove.
Ancora oggi non ricordo bene come feci a ritrovarmi a parlare amabilmente con una scimmietta della mia ex ragazza.
Sò solo che tutte quelle persone improbabili dalla dentatura agghiacciante non avevano detto cazzate.
"Sai mi chiamo George" "cos'è un ex ragazza?"
Rimasi un giorno intero a spiegare la storia della mia vita a un primate parlante.
Non mi interessava della pioggia e del buio che stava arrivando.
Era così diverso parlare con George, era come parlare a un neonato.
Ma ascoltava, non mi giudicava, non dava consigli.
"Non mi importava più nulla della mia vita".
Mi interessava solo riempire la testa di George di informazioni, pensieri, parole, barzellette...
Dopo quel giorno non tornai più allo stadio.
Miracolosamente trovai la strada per la più vicina cittá e mi ci fermai per quasi due anni e mezzo.
Ogni giorno prendevo una tazza di caffè(o perlomeno si avvicinava al sapore del caffè) e mi addentravo nella foresta per parlare con George.
E sapete una cosa?
Non sono mai riuscito a convincerlo di nulla.
Era così curioso, sincero.
Ma George aveva un modo tutto suo di porsi.
Non intendeva le parole come noi le intendiamo, si sentiva in dovere di non sprecarle.
Questa storia non porta a nulla, non ha una morale, è solo la vicenda di una scimmietta che parla.
Oggi mi ritrovo a scrivere ciò che mi ricordo di quel tempo, probabilmente ho tratto una lezione importante da questa storia.
Ma proprio non me la ricordo.
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- Ho letto la tua storiella, non m'importa che abbia una morale, si legge anche solo per leggere (l'ho fatto con una certa soddisfazione), infatti non dice molto nè credo ne abbia la pretesa, e tuttavia, per associazione, mi ricorda qualcosa: mi recavo spesso in un ristorante dove c'era un merlo parlante che regolarmente mi salutava "buongiorno o buonasera" quando entravo e uscivo, ma anche questo non vuol dire molto. Complimenti e saluti
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