Una volta, tanto tempo fa, c'era un bravo muratore, da tutti, chiamato Mastro Scialanca. Per dirla tutta e per raccontarvela in breve, senza annoiarvi, vado subito al sodo. Bravo nella costruzione dei forni e nel bere vino, curava con passione la sua arte. Sappiate, cari amici, che codesta arte non era cosa da poco, anzi, oserei dire arte difficile, quasi... quanto governare una nazione come la nostra. Nella valle del Garigliano c'erano tante masserie ed ognuna di esse aveva il suo bravo forno. I comignoli fumavano e le massaie, dopo aver impastato e fatto lievitare la farina, la ponevano, sotto forma di pani, sul letto di mattoni arroventati. Il buon odore del pane induceva al sorriso. Durante le feste comandate, biscotti, panettoni, pastiere e pizze dolci risarcivano dalle angustie del duro lavoro e dalla mancanza di una equilibrata e sana alimentazione. Profumi di odori e sapori che quelle ardenti miniere sapevano regalarci. Tempi belli, cari lettori, anche se eravamo tutti poveri. Non proprio tutti, ma quasi. Si scassavano carri e carretti, ma i forni costruiti da Mastro Scialanca resistevano ai venti impetuosi ed anche agli eventi estremi, tipo terremoti.. Il segreto del suo successo era dovuto, semplicemente, alla sua abilità nel coordinare i rossi mattoncini dall'interno del forno e una volta rimasto il pertugio per saltare fuori, chiuderlo dall'esterno. Più facile a dire che a farsi, ma proprio per questo, a lui non mancava mai lavoro. I suoi forni, veri igloo d'argilla, ancora oggi, costituiscono meraviglia delle meraviglie. Per ogni nuovo forno inaugurato, la sera, si solea far festa e al suono di pentole e grancasse, schiamazzavamo e giù pacche sulle spalle, anche, tra creditori e debitori. Danzando, le donne, mostravano le caviglie e in tali gesti, tutto un mondo nascosto. Quello che si faceva la notte, non lo diciamo, ma la mattina non si vedevano musi lunghi in giro. Lavorava bene, Mastro Scialanca, ed aspettava il momento giusto per essere pagato, senza angosciare i suoi committenti. A volte lo pagavano con il grano e a volte con gli agnelli, in qualche circostanza con le castagne o con qualche maialetto, ma a lui stava tutto bene. Mai proteste o solleciti per il dovutogli. Che dicevi, Costanza? Ah, sì... che un uomo di tal fatta era un santo? Assolutamente no, era... bah, continua a sentire e poi mi farai sapere. Donna Eleonora, padrona del più bel cascinale del vicinato, lo chiamò per farsi costruire un forno a regola d'arte. Va da sé, che Mastro Scialanca accettò e va da sé che di buon mattino si mise all'opera. Sistemò la base, il boccaglio e la prima fila circolare dei mattoni refrattari. Dall'interno, alzò i tre quarti della cupola e... e bevve, complice la sete, qualche bicchiere di troppo. Il pertugio era piccolo e non gli dava la possibilità di balzare all'esterno. Come un politico navigato, a mali estremi, estremi rimedi."Donna Eleonora, io ho quasi finito, datemi subito il compenso pattuito.""Eh, quanta fretta, prima di andar via, vi darò il dovuto.""No, no, voglio subito i soldi, altrimenti scasso tutto.""Va bene, vado su a prenderli, cinque minuti.""Donna Eleonora, adesso, oppure scasso.""Ma non ce li ho in tasca." Mastro Scialanca si alzò in piedi, distruggendo il capolavoro mancato. Non vorrei che l'arte della politica imitasse l'arte del costruttore di forni.