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Sms
Tutto sembrava ingiusto, si guardava intorno; mesto. Cosa si era costruito? A cosa andava incontro? Non lo sapeva nemmeno lui. Era seduto sul banco da lavoro; sistemato con dizionari e copie di raccolte di poesia impilate. Trascorreva le sue giornate in uno scantinato, un bugigattolo dove le pareti aprivano delle masse di aloni grigio verdi di umidità. Seduto ad una scrivania, o meglio un pianale di lavoro alto preso da un rigattiere, dove trascorreva intere giornate a scrivere poesie, riflessioni e tra una breve pausa l'altra a sfogliare i suoi passi preferiti. La casa era un lusso per chi come lui si trovava sotto il giogo dei figli, nulla tenenti e della moglie, fuoriclasse di infamia.
Non si faceva illusioni sul futuro, seppur breve che gli rimaneva; la famiglia era stata una parentesi breve nella sua esistenza. Si era abituato a questo scorrere lungo una via consolidata, ben conosciuta; fin troppo, che non aveva mai avuto cambi di direzione. Ma nella percentuale di individui che si trovava a dover valutare mestamente; ma anche con un margine di consolazione per sé stesso attraverso un giudizio veritiero; arrivava ad una imparziale ed inequivocabile conclusione che, la realtà difficilmente si poteva cambiare; i casi in cui una persona poteva avere una svolta nella vita erano una rarità.
Si era abbarbicato su una torre solitaria, non chiedendo carità o partecipazione altrui alla disgrazia che gli era piombata addosso. Aveva un dono, però, che aveva reso tutto questo meno gravoso, ed ogni giorno ringraziava il fato che si era potuto servire della materia poetica per giungere alla soluzione di problemi con maggiore giudizio, impeto; e valutare gli insuccessi, come i fatti spiacevoli di un'esistenza grama attraverso la materia letteraria, mediandoli come sua fonte, personale, unica ed intoccabile di ispirazione.
Da ragazzo evitava la vacuità di pensiero, straniarsi divenne un recesso nascosto, da seppellire. Ma la cura al veleno di una intensa lotta quotidiana alla sopravvivenza, doveva reggersi mediante una propensione istintiva, per lui, attraverso un modo d'essere...
Si profilava un cambiamento di un pensiero, covato a lungo, che l'avrebbe forse risvegliato dal torpore metallico che inscenava la tragedia. Aveva riflettuto sull'onestà di cui sarebbe stato rivestito il suo proposito.
Aveva preso un tabulato telefonico ( ne era venuto in possesso all'ufficio centrale di una sede di un importante compagnia telefonica, dove lavorava suo figlio, e gli era venuta la stravagante idea di portarselo a casa di soppiatto).
La vecchia lampada alogena a basso consumo con un'intelaiatura bianca, si incurvava come il becco di un uccello sui suoi quaderni di appunti; ci metteva un po' ad illuminare.
Aprì l'elenco a caso, fece scorrere il dito grinzoso, si fermò, scorse l'indice da sinistra verso destra per non perdere il nome. Ecco il numero; era di una donna, Rebecca, avrebbe scelto solo questa categorie di utenti. Si sarebbe firmato come L'anonimo poeta, per non equivocare, l'avrebbero potuto prendere per un maniaco, e lui era tutto tranne quel tipo di persona. La mattina era ispirato e scrisse un sonetto breve e coinciso:
Da sommesse parole ti vorrei avvolgere
il clima di tensione svanito
in tremiti di passione corallina
mi immolo a te che creatura divina sei
L'anonimo poeta
Certo, ciò che più gli era riuscito nella vita erano componimenti d'amore, che aveva intrappolato in tenere e soffici rimandi di echi lontani. Il testo fortunatamente era leggibile, anche se il cellulare, in seguito ad una caduta, si era spaccato nel mezzo. Lo rilesse con attenzione prima di tirare un respiro profondo e premere il tasto invio. Era agitato, sentiva un fuoco addosso, e se Rachele se la fosse presa, come avrebbe fronteggiato un suo richiamo di indignazione; non lo sapeva, ma forse era proprio questo il brivido da ricercare; avrebbe atteso.
Passò un intera giornata e ancora nulla, il cellulare era muto. Squillò solo per ricordargli di essere un mentecatto nelle mani della moglie. Era nervoso, ma non per la telefonata; irrequieto: "in fondo è meglio se non risponde, forse era proprio questo l'intento; non ha frainteso la natura della mia missiva. Non devo certificare la mia buona fede", pensava tra sé e sé.
Aprì di nuovo il tabulato scorse stavolta poco al di sotto del margine frontale, pochi nomi, comparì Clara, le scrisse la poesia più intensamente di quanto non avesse mai fatto:
Bacio i gomiti, parte flessibile di un corpo leggiadro
da infinite incombenze lo miglioro
lo seguo attraverso piccoli
movimenti di un collo lungo e flessuoso
come quello di giraffe d'Africa
pronte a tutto per la sopravvivenza
L'anonimo poeta
Sentiva un tocco di fugacità nostalgica verso terre lontane, avrebbe fatto sognare l'interlocutrice misteriosa al di là di un etere vasto, sconfinato? Sperava di si.
Lo inviò con cuore leggero rispetto al primo mandato; si era fatto sera, era stanco; andò a sgranchirsi le gambe pesanti. Spense l'interruttore e si buttò in strada per respirare aria fresca.
Era piovuto: sull'asfalto ci si riflettevano sopra le luci artificiali; sulla superficie sgranavano i rossi e i verdi dei semafori che baluginavano sul bagnato, le pozzanghere segnavano il tragitto. Percorse la strada del centro, deserta, appena qualche macchina la vedevi strisciare via, e poi un'altra, ma con lentezza, il fogliame sopra di lui si muoveva a sprazzi: rinsecchite, le foglie, vibravano forti nelle folate che le investivano, e poi di nuovo pace e i semafori rossi e verdi che si accendono e si spengono e le luci dei lampioni che procedono sul rettilineo che si fa stretto in lontananza, piccolo, lungo le vie di fuga.
Entrò in chiesa, la pace lo assaliva come un mantello di lana pesante sulle sue spalle incurvate. Si accoccolava sulle panche, laccate in legno e rifletteva.
Una donna percorre la navata, lui si volta: "Buonasera", la donna di rimando "Buonasera a lei", la vede mentre accende un lume, si spegnerà in poco più di un quarto d'ora. Lo fissa, il bagliore, la luce si annida sui gradini dell'altare, li ammanta di calore. Era lì su quell'altare che si era sposato, un matrimonio voluto e consumato in poco più di due anni.
Tutto era svanito, come rotto, imbarbarito, quando già avevano messo al mondo due figli. Pelandroni senza futuro. In casa regnava la confusione, modi inzaccherati da una dialettica scarna che non conosceva altra via che il risentimento, l'arroganza.
"Buonasera Mario, come te la passi?, È da tanto che non ci si vede!", si voltò " Oh ciao, rispose lui di rimando, roteando con il collo - ma chi era, pensava di rimanere solo, cos'era quell'intrusione - " ti ho disturbato..", " no, non ti preoccupare". Era rimasto impalato, Mario si vergognò del trattamento, era diventato una bestia, non riusciva da tempo ad avere un dialogo che non fosse nella sua mente un'introspezione personale. Si parava di fronte un uomo sui quaranta di bell'aspetto, sicuro di sé, di fatto lo conosceva appena, qualche incontro fortuito c'era stato alle riunioni di poeti, a cui Mario fino a qualche anno fa faceva parte. Lo aveva riconosciuto solo ora, "allora Mario come te la passi?, "tutto bene..", senza colpo ferire si accostò a Mario con impudenza, " ma come mai non ti sei fatto più vedere al circolo dei poeti?"- disse ad alta voce, "zitto fai girare tutti!! ho avuto da fare...", riprese a parlare come se avesse un filo diretto con la mente e la bocca, ammiccava cogli occhi, come se ne sapesse una più del diavolo, a quel punto Mario si era già pentito di essere stato cortese, " ne ho approfittato per fare una pausa, non che mi interessi pregare, beh, tu si che sei fortunato, senza moglie né figli a cui badare, bella rottura!, tra l'altro le mogli sono dei bei rompi capi, dubitano sempre, per partito preso, della buona fede dei mariti" si avvicinò alla faccia di Mario, e lui se ne allontanò, " anche mia moglie, beh!, non può certo pretendere che un uomo rimanga fedele al giuramento di matrimonio, diamine!, non fraintendermi, ma lei non fa che mettermi alla prova!", parlava impassibile " ma che stai dicendo se sono questioni intime non voglio saperne ", si fece in là per tentare di uscire fuori dalla situazione, strattonandolo sulle ginocchia, " ma dai siamo abbastanza adulti!, spalancando le braccia, lo bloccò - siediti dai", Mario era snervato ma per educazione stette lì, ", le mogli si tradiscono é nella natura dell'uomo, e poi amano essere provocanti e noi le assecondiamo tutto qui!, e alla fine, santo Dio, abbiamo i nostri istinti da soddisfare, e se per di più si tratta di una ragazza più giovane tanto meglio. Eh sì é durata per diversi mesi, troppo, nei quali mia moglie si fece sempre più sospettosa.. mi capisci, vero..", " senti capisco, che adesso voglio andarmene! sono affari tuoi, sbrigatela da solo! addio", lo seguì dando nell'occhio. "Ma tu che sei un poeta potresti darmi una poesia ed io in cambio ti presento qualche bella signora, dai non dirmi che non ti manca..", "tu sei davvero pazzo se pensi che basti una poesia per sistemare il danno fatto e poi non mi interessano le tue proposte!" mentre Mario si sbrigava a raggiungere il portone, per uscire fuori dalla chiesa, non prima di incrociare gli occhi della donna del cero, che bassi percorrevano a ritroso la navata; sentiva quell'individuo alle spalle che non lo lasciava in pace, "santo Dio, te ne vuoi andare, sono stato fin troppo calmo!", e mentre diceva l'ultima parola, il quasi sconosciuto stava per allontanarsi " sei davvero un cretino, ci credo che sei sempre solo!" Mario si voltò lo vide impettito andare via, non l'aveva mai sofferto nei modi, era arrogante e presuntuoso.
Era talmente ficcanaso, il quasi sconosciuto, che fece dietro front per seguire Mario; era come una biscia: strisciava tra le ombre, si appostava dietro un albero continuando a pedinarlo. Si trovò nella zona più degradante del quartiere. Mario entrò in casa chiuse la porta dietro di sé, non dando nemmeno le mandate, era una portaccia scrostata in legno, Mario il poeta abitava in un sottoscala che tristezza pensò l'importunatore, che disgraziato!
D'un tratto sentì uno squillo forte, arrivare dalla porta. Chi poteva essere a quell'ora, si accostò per origliare.
" pronto, si sono io", "ma no, sono solo un libero pensatore, scrivo poesie per donarle a chi come te le vuole cogliere con semplicità, lo faccio per pura passione, perché ho sempre amato la scrittura come forma alta di espressione personale..", "non ti volevo infastidire", "allora capisci le mie intenzioni erano delle più nobili, potrò ancora scriverti se vorrai", " grazie allora, si, ci potremmo anche risentire, notte Rebecca".
Mario si era svegliato tardi aveva scritto un'altra poesia a Rebecca:
Rimango vigile, nell'autunno che si immola
occhi gialli, bruno verdi, mutano colore
come foglie caduche,
precedono l'inverno, guardando al futuro
Come resti nella memoria
L'anonimo poeta
Si era dato una sciacquata ed era stato tutto il giorno ricurvo sul piano da lavoro, era come se lo sentisse un dovere; mettersi a frugare nella volontà di grattare via l'ossidazione di una ruggine che lo spaventava; quindi leggere insistentemente e scrivere compulsivamente. Sentiva che gli anni avevano la meglio su di lui, sulla memoria nei confronti della quale aveva un debito, il debito di non dimenticare chi era adesso, chi era stato, così come l'aveva scritto nella poesia; vacillava, però, la memoria, e tutto questo lo annichiliva. Ma non voleva cedere all'oblio, combattere quanto più gli riusciva l'avanzare di un degrado mentale; quell'autunno che passava di anno in anno e si riproponeva, doveva avere una continuità, una congiunzione col passato. Non si poteva fermare il moto circolare di stagioni allo stesso modo di come lui non poteva scostarsi dall'essere, dal principio che fu, che si era disteso nel corso di decenni fino ad arrivare al presente, a quell'esatta posizione che viveva personalmente, individualmente, geloso di un apparente niente che era destinato a lui solo, che non avrebbe avuto un seguito dopo la sua morte, ma che lo accresceva sempre di più nell'intelligenza di una coscienza angosciata e resa ostile alla massa. Si era negato agli occhi di chi al contrario di lui viveva di reciprocità.
Molto spesso la mano sinistra gli tremava, iniziava a
correre, "per andare dove, dove vuoi andare!!" Diceva e la fermava con la mano destra; la bloccava repentinamente.
Si permetteva raramente di fare un pasto decente. Una volta al mese, tirando il più possibile la cinghia. Si recava alla trattoria sotto casa. Si concedeva un primo piatto, con un secondo solitamente di carne e un buon bicchiere di vino che il proprietario metteva da parte da bottiglie rimaste ai clienti: un Chianti o un Montepulciano.
Si sistemava un bavero intorno il collo: un fazzoletto di un tessuto molto somigliante alla seta di un colore turchese con dei rombi piccoli violetto che lo decoravano. Si sedeva comodamente al tavolo posto all'angolo, portava un libro, gli dava sicurezza, quasi uno status da rimarcare: una spruzzata di piscio di cane che indicava la sua forza. Ma più di tutto scrutava i comportamenti di gente in modo discreto, ma diciamo pure che spesso e volentieri avrebbe potuto pure poggiare la testa sul braccio incardinato al tavolo col gomito e fissare ininterrottamente qualcuno; nessuno lo avrebbe notato, perché nessuno era interessato ad un vecchio solo.
Fece la passeggiata serale, preferiva sempre quell'ora per evitare la luce del sole, come un nottambulo, ma gli serviva per mantenere in attività il fisico: " mente sano in corpo sano" diceva sempre a sé stesso. Si teneva allenato per così dire, anche se capitavano le giornate nere, dove annullava qualsiasi tipo di attività. Si affossava nel letto e non usciva. Molto spesso saltava il pasto, doveva sbaragliare lo spauracchio di un'apatia trascendentale che lo faceva regredire a un insetto attaccato alla sua tana, diventava misero. Ma ciò che più lo spaventava era la totale indifferenza su cui infliggeva delle pene al suo corpo e alla sua mente; erano delle ricadute che non riusciva ad eludere, la volontà ne veniva sopraffatta e il senso di impotenza aveva la meglio.
Rientrò a casa, si accorse che la porta era stata forzata; non sembrava ci fosse nulla fuori posto, controllò se mancavano i soldi: c'erano; oggetti preziosi non ve ne erano, forse un ninnolo di sua nonna, era avvolto in un fazzoletto di stoffa nell'ultimo cassetto: c'era anche quello.
Si sedette tirando un sospiro di sollievo, lo sguardo andò sul ripiano, non vedette il tabulato, si girò di scatto per vedere se gli avesse cambiato posto: mancava, anche per l'agenda stessa sorte; andò a frugare sotto le coperte, che l'avesse accidentalmente messe la sera prima lì; niente da fare, e in ultimo il suo cellulare; " dov'è finito.." In preda all'agitazione, sudava freddo, "... Le mie poesie!!", dove sono, ero sicuro stavano qui, me l'hanno prese, mi hanno preso tutto, tutto, maledetti!" La mente gli si offuscò e cadde svenuto.
La signora Maria del piano superiore, si accostò alla porta semichiusa, era timorosa, a piccoli passi si avvicinò e la spalancò, in ultimo, di colpo. " Mario, Mario cosa ti è successo, rispondi!" agitò il corpo immobile, " Mario, o dio sarà morto!, aiuto, aiuto qualcuno venga!!", Mario spalancò gli occhi, " Maria calma, sono, sono... Sto bene", si sentiva stordito, aveva preso una botta secca in testa durante lo svenimento, se la tastò: ne era uscito fuori un bel bernoccolo. " ah per fortuna Mario, ma che t'é successo! Hai avuto un malore". Mario a quel punto ricordò tutto, non ce la faceva ad alzarsi aveva la schiena indolenzita, si drizzò a fatica con l'aiuto di Maria, stava ricurvo con le gambe spalancate, ripiegate ai due lati, " Maria mi hanno preso tutto, tutta la mia vita!", iniziò a disperarsi, " cosa faccio adesso, come vado avanti!" , " non ti preoccupare ti aiuto io, tutti ti aiutano, chiederò a ogni condomino di fare una colletta, non ti preoccupare", " no Maria non sono i soldi, quello che manca appartiene al risultato di un'intera vita, le mie poesie, me l'hanno prese!!", " calmati adesso per prima cosa andiamo al pronto soccorso per farti vedere la testa, poi penseremo al resto".
Mario aveva lasciato fare, si sentiva inerme, e seriamente provato dall'accaduto. All'ospedale dissero che era tutto apposto, la caduta che aveva provocato il bernoccolo era solo un ascesso superficiale, si sarebbe assorbito da solo; i medici erano più preoccupati per il trauma che aveva riportato, dissero che Mario trovandosi in un evidente stato di shock sarebbe dovuto stare in un luogo chiuso e rassicurante per evitare uno stress ulteriore.
Maria decise che poteva stare da lui, lo conosceva abbastanza da potersi fidare, non volle sentire rimbrotti, doveva essere così.
" Bruno che fai, scendi a mangiare?", " si un momento e arrivo". Scorreva col cursore in basso per leggere le ultime poesie inviate da Mario. Era un occasione da non lasciarsela sfuggire. Bruno aveva continuamente tradito la moglie, ma non era semplice conoscere ragazze disponibili, adesso con quello stratagemma si sarebbe facilmente infilato nel letto delle lettrici di poesie. Doveva solo fingere di essere l'anonimo poeta. In fondo gli stava bene a quell'imbecille, l'aveva snobbato fin dal primo momento, anche quando andava al circolo dei poeti fasulli per farsi un whisky al bancone. Ecco come era ridotto a vivere poi, meglio spacciarsi per un poeta con un mucchio di soldi pensava tra sé e sé, che essere un morto di fame che scrive poesie che forse fanno presa solo sull'immaginario di una donna, che si concretizza in atto fisico solo col fascino dei soldi e la giovinezza che oramai Mario non possedeva più.
Ciò che non gli mancava a Bruno, infatti, era il denaro. Aveva studiato come avvocato, ne era uscito col massimo dei voti. Adesso rivestiva un ruolo di fondamentale importanza all'interno di un ufficio prestigioso. Le donne non si invaghiscono di un disgraziato, e romantico mentecatto, ma di un ricco e sensibile poeta con una carriera brillante alle spalle. Mario per quanto lo riguardava l'aveva voluta lui, e poi erano solo delle insulsaggini quelle quattro poesiacce; non servivano a nulla se non a far cadere ai suoi piedi delle donne consenzienti. Ne aveva lette alcune, per molte faceva difficoltà a capire la grafia, stava analizzando alcune lettere che messe insieme erano difficili da decifrare. Avrebbe tessuto la tela a Rebecca per cominciare poi con quei tabulati telefonici, avrebbe potuto mietere le sue vittime." Si, ho detto che arrivo!! Non mi seccare!"
Mario guardava fuori dalla sua nuova stanza. Aveva di fronte una fermata dell'autobus: emetteva un forte rumore con uno sbuffo finale quando si arrestava, ma lui quasi non se ne accorgeva, e per di più guardava le persone con totale indifferenza, come se fossero degli oggetti in movimento. Quel torpore che tanto lo spaventava aveva trovato un modo per occupare comodamente la sua mente. Aveva subito un vilipendio senza che ce ne fosse un apparente motivo. Era distratto, non scriveva più poesie; da un'intera settimana non metteva mano alla penna, aveva iniziato ad avere paura, il suo subconscio era alla deriva. Maria era in pena, era una donna sola, le faceva bene dare una mano a Mario, molte volte sentiva anche lei nella solitudine un vuoto incolmabile. Quel sentimento di appagamento nel prendersi cura di lui, però in virtù di una disgrazia, le pareva ignobile. Nella vita molto spesso nella perdita di un qualcosa che pareva irrimediabile poteva nascere un nuovo giorno, per una persona, che sarebbe stata portatrice di un nuovo messaggio.
Passarono le settimane...
Bruno stava in ufficio a sbrigare le pratiche, sentì il telefono suonare. "pronto Rebecca, ciao, si se vuoi ci possiamo vedere stasera, alla stessa ora, si il solito posto, "si certo stasera ti scriverò una nuova poesia, ,
"non puoi pretendere che lo faccia ogni giorno", "ok a stasera".
Stava durando anche troppo, erano già diverse settimane che si vedevano, e stava finendo anche la scorta di poesie. "Mi sono stufato di queste richieste, mi sembro un juke box, stasera la mollo, non prima di un ultima notte di sesso".
Aveva contattato senza successo altre due donne, di cui una era un vecchia di oltre 70 anni, che l'aveva preso a parolacce, una volgarotta paesana con un accento marcato. Poi era arrivata quella giusta si chiamava Eleonora, era una vera bomba sexy con un grande carisma, si sarebbe divertito con lei, era una donna emancipata e sicura di sé, una giornalista per giunta, avrebbe visto l'evolversi della situazione.
Maria voleva trovare una soluzione, confortarlo e dargli una nuova opportunità di vita. Era sempre stata una donna caparbia, che se mossa dalla verità avrebbe potuto scalare una montagna. Aveva iniziato a chiedere se qualcuno del palazzo aveva visto qualcosa di sospetto la sera della rapina, anche solo un particolare insignificante che poteva smascherare il ladro di poesie. Fin dal primo momento era convinta che fosse qualcuno vicino a Mario, ma non sapeva come e in che misura, per il momento aveva lasciato fuori dalla questione Mario, a suo tempo aveva pensato. Forse si trattava di un ammiratore, voleva rubare le sue poesie per pubblicarle, farci del profitto o, semplicemente un dispetto che lo voleva colpire nel più profondo. Se fosse stato così, il ladro, aveva colpito nel segno.
Tutti i condomini dissero la stessa cosa; non avevano visto nulla, sentito nulla. Fin quando non giunse quel piccolo indizio. Il ragazzo, del terzo piano, si ricordò che di ritorno dalla partita di calcio, aveva visto, ma senza prestare troppa attenzione, qualche giorno prima il furto, un tizio che si aggirava per la palazzina; ma era stato un breve incontro, non si ricordava se era la figura misteriosa ad essersi dileguata per prima per non farsi vedere o forse e era lui stesso che andava di fretta. Fatto é che non si ricordava nessun particolare che potesse aiutare Maria in una sorta di identikit. "Ma dai sforzati ci deve essere qualcosa che hai notato, una banalissima cosa, concentrati dai..", "no, davvero, era buio, praticamente ho visto un'ombra!" Ci rifletté un minimo "no davvero proprio niente.." . Nulla, infatti, pareva si fosse registrato nella sua memoria, eppure un particolare venne a galla qualche giorno più tardi. "Ciao Maria, senti forse qualcosa mi è venuto alla mente, forse non é molto. Sai mi è sembrato strano, come era vestito, non che l'abbia visto attentamente quel tizio" non precisando come, "in che senso cerca di fare uno sforzo in più per farmi capire", " era, sembrava..., ecco.., vestito, non so.., diverso!", "ma diverso in che modo scusa?", " da noi, da quelli come noi, che vivono qui", " ma da cosa lo deduci, scusa!", "aveva una giacca che ricadeva dritta, un cappotto che quasi si univa ai pantaloni, poteva sembrare elegante, ecco, si elegante, ho trovato forse la parola giusta", " ok, va bene grazie per lo sforzo, Sebastian", " di niente..". A Maria non parve molto attendibile era evidente che la voleva aiutare, ma ciò che aveva visto era un'ombra niente di più, peccato pensò.
Bruno e Eleonora si vedevano da una settimana. Si dettero l'appuntamento al solito posto. Mangiavano nel salone di un albergo, nella zona più remota di un quartiere di cui nessuno dei due aveva delle conoscenze, per mantenere l'anonimato; poi si trasferivano nella stanza, all'ultimo piano, un super attico. Eleonora sapeva che lui era sposato, non che questo la riguardasse, aveva detto a Bruno di non fare delle sceneggiate, che lei era abbastanza adulta per assumersi le sue responsabilità, stessa cosa pretendeva da lui; ma solo questo nient'altro. Non cercava una relazione duratura e questo Bruno lo trovava allettante, solitamente le donne andavano sempre troppo oltre, lei invece aveva avuto il buon senso di essere chiara fin dall'inizio.
Volevano entrambi la stessa cosa, e non vi era niente di più perfetto che potesse funzionare nel modo migliore attraverso la semplicità di una complicità ragionevole. Aveva trovato un'amante che tutti sognano, la avrebbe tenuta fin quando non si fosse stufato, ma credeva che sarebbe potuta continuare per molti mesi. Era appagato sia sessualmente che mentalmente. Eleonora non tentava di fare passi falsi, o di farlo cadere in fallo con sciocchi sentimenti di rivalsa nei suoi confronti. Si capivano perfettamente.
Una sera per gioco Eleonora, disse a Bruno che non sembrava affatto una persona sensibile. L'aveva sorpreso soprattutto quando le aveva inviato una poesia di una commozione struggente.
Bruno di tanto in tanto per giocherellare con lei, infatti, gliele inviava, di sua iniziativa; era diventato un vezzo, capillarmente le selezionava e a piccole dosi le maneggiava.
"ma allora dimmi cos'è che ti ha ispirato questa poesia, e la lesse..
In tasca briciole di te: spargerò come semi
su colline della mia infanzia da cui nasceranno
fragranze sconosciute,
ma aromi di una terra sconsacrata
diverranno; in rose sanguigne si ridesteranno
per risvegliarmi di soprassalto
carico del tuo odore suadente,
che miete ancora nel tempo vittime ignare.
"é naturale me l'hai ispirata tu!", "non, non credo non è possibile, dietro a questa poesia c'è un'esperienza traumatica, di ferocia subita, che non si è saputa discostare..."
Bruno rise, una risata sonora, e non disse più nulla, ma la interruppe. Pensava che Eleonora fosse una donna davvero intelligente. Era difficile da ammettere per uno come lui che era stato fin da sempre misogino. Non era mai stato un adulatore del gentil sesso. Le donne le aveva sempre usate per un suo tornaconto personale: il sesso. Ma doveva ammettere che lei aveva un fascino particolare, per le sue doti l'avrebbe potuta accomunare stranamente ad un uomo, per assurdo naturalmente perché aveva tutti gli attributi al posto giusto. Aveva una mente che non si lasciava compromettere, e aveva un discernimento a cui aveva visto a pochi altri. La sera che aveva dubitato della paternità della poesia, non c'era bisogno di dire altro, si sarebbe rovinato con le sue mani, non che non avesse potuto mentire, l'avrebbe fatto senza problemi, non aveva detto nulla a sua discolpa perché Eleonora si sarebbe accorta della bugia; ma tutto questo lo trovava motivante. Bruno non pensava altro tutta la settimana, voleva stare addosso a quella donna che pareva un suo riflesso nello specchio, era davvero una sua proiezione, non gli era mai capitato di trovarsi a dover sentire l'esigenza di vedere una persona, il suo ego era grande, pachidermico; non che provava amore, il suo era un imprinting con un'anima gemella affine al suo carattere, che poteva sottomettere in qualsiasi momento.
Bruno si era dato appuntamento con Eleonora alla sua villa al mare, alla moglie aveva detto che aveva un caso urgente da discutere e che si doveva allontanare per qualche giorno.
La mattinata era sbocciata in fretta, un cielo terso si stendeva a perdita d'occhio.
Avrebbero passato tre lunghi giorni in compagnia l'uno dell'altro.
Eleonora per il canto suo era eccitata, sapeva che non si sarebbe mai potuta innamorare di un uomo cinico come lo era Bruno, ma provava una profonda attrazione fisica mista ad un fascino particolare. Sapeva già da tempo che lui non scriveva poesie, non né era capace, era uno sporco arrivista; che niente aveva a che fare con l'umanità dello scavare in zone private dell'essere. Se l'avesse davvero scritte lui, non le avrebbe buttate come coriandoli in aria, senza un minimo di soggezione per ciò che ammetteva di avere scritto, spudoratamente. Era semplicemente perché non le capiva lui stesso, si soffermava solo su particolari sessuali, che pensava potessero impressionare Eleonora. Infatti l'avevano impressionate, si, ma non nel modo che intendeva Bruno.
Era sempre stata una lettrice attenta, amante della poesia e della letteratura in generale. Si era laureata in lettere antiche per poi specializzarsi in giornalismo. Le erano piaciute da sempre le indagini, andare a spulciare ovunque anche per le inchieste più banali, le piaceva ricomporre i puzzle per puro diletto a volte. Era un'attività che si prestava alla sua mente logica.
Adesso ne era convinta, erano di uno sconosciuto. Aveva fatto una ricerca su Google, ma non ne era venuto fuori nulla.
All'inizio Bruno cercava di non far emergere del tutto la sua natura cinica, fingeva molto spesso, questo infastidiva Eleonora, ma nell'intimità prolungata era difficile nascondere la vera identità, adesso che sapeva che non era lui l'artefice degli scritti, si chiedeva a chi appartenessero.
"allora tutto bene il viaggio?, hai avuto difficoltà a trovare la strada?", "ma che domande mi fai, c'è il navigatore sai quell'affare elettronico che prende il segnale dal satellite, dai adesso, devo spiegarti cos'è un satellite non mi dire!! ", "ma che spiritosa, un humor quasi demenziale", "eh si sono un asso con le battute in stile english!".
"che meraviglia!" disse con stupore Eleonora. La casa si apriva sulla spiaggia: era una villa a pianta rettangolare, che si stendeva su un unico piano. "E'stata progettata da un architetto moderno" - Bruno si voleva dare un tono -, un tale di cui Eleonora ne ignorava l'esistenza. Entrarono le mura consistevano in finestre scorrevoli che formavano il perimetro della villa, che dava allo spazio una continuità con l'esterno, arredata con minimalismo, predominava il bianco e il grigio chiaro della pavimentazione, che spalancate le tende, riflettevano nell'abitazione un argento delle più incredibili sfaccettature di tonalità della sabbia, come se ci fosse un continuo tra il dentro e il fuori, "ma sono granelli di sabbia!!, il pavimento é, ma come hai fatto!!, l'avrai pagata una tombola. È una casa davvero stupenda, complimenti!", "si non ti abituare però!", " ci mancherebbe, un giorno ti farò vedere qual'é lo stile per una casa dove dedicarmi completamente a me stessa, e anche se questa è davvero bella, non si avvicina minimamente al mio ideale- e con fare scostante - senza offesa naturalmente". Si tolse le scarpe e andò dritta in spiaggia. Era il mese di maggio, il sole era allo zenit, non era ancora arrivata la stagione balneare; quello spazio per chilometri e chilometri era deserto, dei giunchi spuntavano più avanti per dare un tocco di natura incontaminata, e steli di bambù ricoprivano la spiaggia a ridosso del mare qualche metro più in là. Eleonora era rimasta in mutande e si era buttata come una sirena in mare, nuotava sott'acqua a largo. Bruno da vero gentiluomo le andò incontro con l'accappatoio, "ma che fai non ti butti!", "no preferisco restare all'asciutto..", Eleonora non insistette, uscì dall'acqua come una Venere, aveva un corpo longilineo, un seno non troppo grande ma ben fatto, quello che più piaceva a Bruno era il fondo schiena, né troppo piccolo, né troppo grande, della misura giusta, la coprì e rientrarono in casa. Lì non ci furono più freni e inaugurarono la vacanza nel migliore dei modi.
Bruno aveva portato il suo p. c., doveva tenersi aggiornato col lavoro, stessa cosa Eleonora, doveva completare alcuni articoli.
Bruno aveva portato anche le poesie dietro, non poteva lasciarle a casa, non si fidava, erano riposte sul fondo della valigia in una cartellina in cuoio. Se ne sarebbe sbarazzato prima o poi degli originali, ma c'erano alcuni passaggi che ancora doveva capire, e poi tutte le volte che se ne era servito le aveva riportate su un foglio di carta che aveva stracciato subito dopo. Doveva cercare di trasferirle tutte sul suo computer appena avrebbe avuto del tempo a disposizione. Per il momento per toglierle di mezzo, le voleva nascondere in un posto sicuro. Ce ne era uno che solo lui conosceva, era una vecchia casa arroccata, che distava qualche metro dalla sua villa. Una solo volta c'era entrato, preso da un momento di libidine con una sua vecchia fiamma, una volta finito l'amplesso, iniziò a sbirciare. Era una costruzione abbandonata, non c'era più nulla dentro, aveva visto un'apertura praticata sulla parete di fronte quella che era stato un piano cottura. Le avrebbe messe lì.
Eleonora doveva andare nella cittadina per fare delle compere, Bruno decise di approfittarne..
"Ciao allora, io vado", Bruno era rimasto disteso nel letto ancora per altri venti minuti, gli piaceva gustarsi qualche minuto in solitudine, occupava tutta la piazza del letto. Si alzò di scatto, adesso, doveva sbrigarsi.
Aveva aspettato che si fosse allontanata, nel caso si fosse dimenticata qualcosa, aveva lasciato il tempo necessario per farla ritornare indietro, a quanto pare aveva preso tutto. Si vestì velocemente, si mise dei pantaloni di una tuta e la maglietta del giorno prima, prese la cartellina e la mise in uno zaino, in quel modo sembrava stesse facendo un'escursione, non voleva essere sospetto, anche se non stava facendo niente di così illecito in fondo. Era guardingo di carattere. Camminò per trecento metri costeggiando il mare, stava coi piedi in acqua, avrebbe marciato più rapidamente che sul terreno irregolare della spiaggia. C'erano una serie di colline sabbiose con delle piante di cicuta che emanavano una fragranza forte a seconda del vento dove tirava, sovrastavano la strada che in alcuni punti lo rendeva visibile.
Nell'ultimo tratto si era inerpicato su un montarozzo ricoperto con radici di piante che sbucavano mantenendo intatte le dune di sabbia chiara. La casetta era sempre lì dove l'aveva lasciata l'ultima volta. Aprì la porta, sentì un cigolio; c'era una finestrella che faceva filtrare un minimo di luce all'interno, era tutto come se lo ricordava. La camminata gli aveva messo sete, prese una boccetta dallo zaino, e bevve. C'era una panca in legno fissata alla parete, ci si sedette. Stava osservando la cavità nel muro, una volta infilata la cartellina doveva coprire l'entrata; si era portato della paglia e della carta da imballaggio; la stessa che usava la moglie per chiudere i pacchi; e una mistura grigia, somigliante al colore della calce. Si mise all'opera, sistemò la cartellina, accartocciò meticolosamente la carta col fieno, e la infilò nel pertugio, fino al piano della parete. Per la chiusura si servì dell'unico pezzo di carta restante, la fissò con della colla stick ed infine mise una passata della pasta grigia, si sarebbe asciugata in pochi minuti. Poteva essere soddisfatto, riprese lo zaino in spalla e si diresse a casa, non aveva più niente da nascondere, poteva camminare in tutta tranquillità.
Accidentalmente per Bruno, Eleonora si era dimenticata la busta da imbucare al suo agente per una serie di articoli sui diari di viaggio che doveva spedire con raccomandata di andata e di ritorno. Se ne accorse quando già aveva imboccato la strada per oltre quindici chilometri, tornò indietro e fu in quel momento che vide Bruno zaino in spalla. "dove sta andando, in tutta fretta!", nascose la macchina sul lato opposto della carreggiata, e lo vide poco più in là entrare nella casetta, lo trovò strano, ci rimase un buon quarto d'ora, ma che stava facendo, lo voleva scoprire...
Mario si era rinsavito un poco, Maria in quelle settimane di assistenza ininterrotta, stava sempre o quasi sempre con lui. Si allontanava di rado, per andare a fare la spesa, o per andare da sua figlia.
Una mattina, quando vide Mario più sereno del solito lo volle interrogare.
"ciao Mario come ti senti oggi", "un po' meglio, a proposito, grazie per tutto quello che stai facendo sei impagabile", guardava giù in strada con fare distratto, "Mario voglio che tu reagisca, magari le poesie non si ritroveranno più o forse si, ma devi tentare di uscire dalla paura che ti ha assalito, lo so come ti senti, sei distrutto, la vita ti ha levato anche quel briciolo di passione che hai coltivato per un'intera vita, ma non devi mollare, mai", Mario guardava Maria senza pronunciare una sola parola, era esausto, non faceva ruotare i meccanismi interni del suo cervello che si era appiattito, "Mario, voglio che fai uno sforzo, dico sul serio, chi può aver voluto questo, qualche persona invidiosa, qualche strana compagnia, non lo so, sforzati diamine!", non lo sapeva, era talmente sconvolto che aveva rimosso l'accaduto, il trauma era stato una sorta di shock regressivo, non ricordava più nulla.
Quel pomeriggio Maria si mise a stirare, aveva la finestra spalancata e una leggera brezza entrava dentro casa smorzando il calore del ferro da stiro, volute di vapore fuoriuscivano dai fori, mentre il programma sul canale sei la intratteneva. Iniziò a pensare senza dargli troppo peso a quello che il ragazzo aveva detto. Un uomo elegante, e se non si sbagliava e la valutazione per quanto assurda poteva avere una verità nascosta, perché scartare subito quella pista, magari con l'aiuto di Mario ne avrebbe ricavato qualcosa.
Mario era disteso supino, "Mario conosci qualcuno distinto, che non sia di questa zona?", non pensò nemmeno come formulare la domanda, Mario non capì di primo impatto, "cosa, hai detto qualcosa Maria?". Gli si avvicinò, "Mario hai qualche amico, conoscente che ha un tenore di vita alto, o che abbia un certo riguardo nel vestirsi", "non capisco cosa vuoi dire", Maria voleva evitare di fargli ripercorrere con la mente i momenti precedenti lo shock, ma a quel punto decise di infrangere le regole. "Mario, qualche sera precedente al furto in casa, si era aggirato una persona sconosciuta, a quanto pare vestiva elegante, aveva un giaccone che ricadeva dritto e un paio di pantaloni, magari scuri di un taglio elegante?", Mario fece uno sforzo, ma era difficile nelle condizioni in cui versava, Maria pensò che ci voleva ancora del tempo, avrebbe aspettato.
Eleonora aveva notato che Bruno non era propriamente un mattiniero, se poteva dormire, prolungava il sonno fino a metà mattinata. Così decise di andare a sbirciare nella casetta. Le piaceva fare Jogging, uscì facendo il minimo rumore possibile. Il vento quella mattina era forte, refoli improvvisi vorticavano sul suo corpo, abbassava la testa chiudendo gli occhi per evitare che i granelli gli finissero dentro. Si era guardata dietro nel caso Bruno si fosse svegliato, magari la seguiva con lo sguardo, voleva evitare di infastidirlo. In fondo non erano affari suoi, stava andando a ficcanasare, ma tutto sommato era il suo mestiere. Fece delle ampie falcate con le gambe agili, che la allontanavano a dismisura dalla villa, si era fermata e con fare circospetto guardava su ogni lato, continuando a correre sul posto. Era da sola, poteva proseguire, si era portata il cellulare nel caso fosse stata chiamata da Bruno, ma aveva deciso lei stessa una volta fatto il sopralluogo di chiamarlo per informarsi su un suo eventuale spostamento; mai lasciare nulla al caso. Un ultimo scatto e si era trovata di fronte la casetta. Dal di fuori sembrava fosse abbandonata, si affacciò alla finestra, con la mani convesse per coprire il riflesso; non c'era niente dentro. Entrò e richiuse la porta alle spalle, era un vecchio rifugio, magari di un pescatore, ormai inutilizzato. Era stato tolto tutto, c'era un incastro per quello che doveva essere stato un piccolo piano cottura; si notava l'ombratura dove era poggiato, di un colore più candido, rispetto alla parete.
Si sedette sulla panca, non notava nulla che potesse saltare agli occhi. Sembrava tutto in ordine, ma perché Bruno era stato lì per quel lasso di tempo; ci doveva essere qualcosa, guardò gli angoli, ogni spigolo; all'apparenza non vi era nulla di significativo, magari si sarà semplicemente fermato per riposarsi; era stanco e si era sdraiato sulla panca. Possibile che si era sbagliata, un ultimo sguardo e uscì fuori. Ma poco dopo nella memoria, un lampo improvviso. " un odore, un odore di vernice, possibile una casa così vecchia abbandonata con un odore di vernice così forte!"; rientrò dentro, osservò per qualche secondo la parete, stavolta vide la macchia di intonaco fresco. C'era qualcosa al di là della parete. Tastò appena, era morbido sarebbe potuta venire via facilmente, non volle toccare nulla per il momento; rientrò a casa, non prima di aver sentito Bruno, che stava ancora sonnecchiando ignaro dell'accaduto.
La vacanza era terminata, stavano entrambi per partire, Eleonora era uscita più di una volta dalla macchina "voglio essere sicura di avere preso tutto, Bruno tu vai, non ti preoccupare..", "no, dai ti aspetto", "ma no, devo fare anche benzina", "ok, allora vado". L'aveva visto mentre imboccava la strada, lei fece il gesto di entrare in macchina e accenderla, lo vide allontanarsi; aspettò qualche minuto..
Ci volle poco a scoperchiare la parete, fece una leggera pressione con una penna, levò tutta la carta e estrasse la cartellina di cuoio. La aprì, dentro c'era un tabulato telefonico, un vecchio cellulare scassato e dulcis in fundo le poesie! Erano scritte in una grafia diversa da quella di Bruno, gli era saltato subito all'occhio. Molto spesso gliele aveva riportate su un pezzo di carta. Erano firmate col nome "Bruno Fase.. ldi, Faselli, ", non riusciva a comprendere la grafia, alcune erano scritte frettolosamente, degli scarabocchi ne cancellavano una parte, e l'eventuale modifica o correzione. Accese anche il cellulare. Lì trovò il nome completo, adesso ne era sicura l'anonimo poeta si chiamava Bruno Fastelli. Adesso l'avrebbe trovato.
Bruno aveva recuperato la lucidità mentale, anche se preferiva non parlare dell'episodio in questione, intorno al quale c'era ancora un buco nero. Ma aveva imparato di nuovo a camminare sulle sue gambe. Maria l'aveva incoraggiato. Adesso pranzava e cenava dei pasti di tutto rispetto assieme a lei, l'aiutava nelle preparazioni, era partecipe, Maria lo coinvolgeva il più possibile nelle faccende di casa: "dai Mario taglia quella cipolla più sottile, che oggi ti faccio mangiare un pollo come non lo hai mai mangiato". Era tutto in movimento intorno a lui, Maria lo rallegrava, si era trovato ad apprezzare anche il lato quotidiano della vita; si sentiva diverso, avrebbe sicuramente ripreso a scrivere nuove poesie, con un nuovo spirito, ne era sicuro. Adesso però, si gustava quello che non aveva mai avuto, una famiglia, una persona che si prendesse cura di lui; se l'avesse incontrata prima. Maria non era solo una grande cuoca e sostenitrice segreta di uno stile di vita sano. In tutti quegli anni gli era capitato spesso di vederla, la salutava a mezza bocca, ma la osservava spesso, di nascosto, era sempre indaffarata. Sposata fino a qualche anno fa: il marito era mancato per una malattia dura e sofferta. Mario però, non l'aveva mai vista abbattersi, andava e veniva in continuazione dalla palazzina; dalla mattina alla sera per curare il marito che aveva bisogno di continua assistenza.
Ma lui non si curava delle persone in senso stretto, si sentiva un vero imbecille per non avere tentato almeno una volta di rendersi utile; ma il senso di oppressione l'aveva reso una vittima di una società che l'aveva messo all'angolo; e così era. Ma una persona che non si cura di altri esseri se non nei recessi di una mente sopraffatta, non può pretendere di avere altrettanto fortuna coi rapporti umani; che Mario pensava non gli servissero più, e nell'egoismo si era dimenticato di un'umanità spicciola che l'aveva abbandonato.
Maria delle volte si era avvicinata con l'intento di dirgli qualcosa, ma lui non glielo aveva permesso. Una sola volta l'aveva convinto a venire ad una cena in famiglia, ma lui si sentiva talmente inadeguato che rincasò per l'imbarazzo che aveva nello stare in compagnia di persone per bene.
Maria da quel momento l'aveva lasciato andare, ma poi era arrivato il giorno del ribaltamento delle necessità, in cui Mario era crollato, come un muro sgretolato, che per troppo tempo è stato trascurato e da una violenta scossa di terremoto viene giù tutto insieme. Ne era venuta fuori una bella amicizia, solidale, matura come lo erano i loro corpi.
"allora oggi andiamo a farci una bella passeggiata al parco, guarda che giornatina che ne è venuta fuori Mario!". Mario guardò dalla finestra il cielo era limpido ed il sole era mite, non scottava, gli uccelli cinguettavano in gruppi, e le strade quella mattina sembravano più desolate di macchine e piene invece di risa e voci che si disperdevano allegramente, "si andiamo, oggi mi sento in gran forma!"
Drin, drin, "vai tu ad aprire Mario", "si vado io".
"prego desidera?", "Salve, mi presento, il mio nome é Eleonora, parlo con l'anonimo poeta?".
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1 recensioni:
Paola il 09/05/2014 18:20
Ah non l'avevo capito. Scusa se ci ho messo tanto q riaponderti ma stavo fuori Roma!! Grazie ancora, a risentirci!
Anonimo il 04/05/2014 18:36
Paola, forse ti è sfuggita la nota: l'anonimo sono sempre io, Vera Lezzi. Meglio sempre firmarsi, con queste macchine che non funzionano!
Paola il 04/05/2014 16:07
A Vera Lezzi: grazie mille per il commento e i complimenti, aiutano ad andare avanti nella scrittura, appena ho un attimo di tempo... Vado a leggere anche i tuoi! 😉😉
Paola il 04/05/2014 16:04
Ad Anonimo: grazie mille, fin troppo generosa, ma fa bene non sai quanto un apprezzamento fatto di buon cuore e con sincerità!! Non sai quanto... mi ha fatto un enorme piacere leggere il tuo commento! Ancora grazie 😃😃
Anonimo il 04/05/2014 09:42
Quanto insegna questo Brano! Passione per lo scrivere -per il <viversi>- ed amore altrui, generoso e sensibile, possono far risorgere perfino una Vita, apparentemente finita!
Anonimo il 04/05/2014 09:35
Il commento del 04/05/2014, ore 09. 32 è di Vera Lezzi.
Anonimo il 04/05/2014 09:34
Il commento del 04/05/2014, ore 09. 32 è di Vera Lezzi.
Anonimo il 04/05/2014 09:34
Il commento del 04/05/2014, ore 09. 32 è di Vera Lezzi.
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