C'è una morte che ha effetti superiori, e ben più tragici di quelli che libera il morire del corpo, perché questa morte costringe a morire anche l'intelligenza individuale, abituata a formulare ipotesi attorno alle ragioni che motivano l'esistenza. La morte che accomuna tutti premendone il futuro contro lo stesso destino, invece, lascia viva l'intelligenza usuale, la quale non cambia se non nella consapevolezza dell'avvenuta morte del corpo fisico. Quella che tutti attende non è una morte chiacchierona, lo sa che non potrebbe convincere sulle verità che le intelligenze non hanno avuto, nemmeno in mezzo alle turbolenze della vita, la capacità di comprendere.
L'intelligenza individuale è costretta a morire per il suo aver cambiato il piano di realtà, che da individuale è divenuto universale. L'intelligenza universale non formula più ipotesi, non ha più idee che le appartengano, e non inventa la verità perché essa "vede" direttamente la verità senza la mediazione della mente e del pensiero analitico, attraverso l'identificazione e l'assimilazione in una sovrapposizione interiore che annulla la distanza che separa il conoscente dalla realtà conosciuta. Chi è morto da vivo è ancora in un corpo vivo, ma la sua esistenza, sempre che lo voglia, non sarà più la stessa di prima, perché chi vede la Verità nella Certezza assoluta ne conosce i princìpi in modo assoluto. Questa morte è chiamata "Opera al nero" dagli alchimisti, è la morte iniziatica, ed è la vera morte per la quale all'egoismo cominciano a tremare le ginocchia.